- La vera norma manifesto del ddl è quella che divide i percettori di reddito, quindi i poveri, nelle categorie degli “occupabili” e dei “non occupabili”. Per i primi – è il messaggio – la pacchia è finita.
- Da un lato, l’esigenza di contrarre la spesa pubblica spinge una destra insieme identitaria e mercatista a screditare il ricorso ai sussidi, moralizzando il discorso pubblico sulla povertà.
- Dall’altro lato, la promozione del lavoro, nutrita di richiami alla sua “dignità”, è perseguita attraverso condizionalità così stringenti da rendere obbligate le peggiori occupazioni, le più precarie e meno retribuite.
Il ministro Giancarlo Giorgetti l’ha definito «coraggiosa», ma la legge di Bilancio appare a molti una manovra senza identità, in cui è a stento riconoscibile la veemenza delle posizioni di una destra che è cresciuta soprattutto all’opposizione del governo Draghi. Salvo per un aspetto, in realtà non secondario: il taglio al reddito di cittadinanza. La vera norma manifesto della manovra è quella che divide i percettori di reddito, quindi i poveri, nelle categorie degli “occupabili” e dei “non



