Spero molto nelle prossime regionali, anche se non mi manca qualche preoccupazione. Non so se così tanti progressisti e cittadini per bene – anche di quelli che non vanno più a votare (in Emilia Romagna lo scorso anno la partecipazione non ha superato il 46 per cento) – siano stati richiamati al dovere costituzionale dalla raggiunta “unità” di coalizione attorno ai nomi pilotati da leader dei partiti, intervenuti a richiamare al buon senso candidati che – per carità, capiamo tutti come ci si metta il cuore quando si vorrebbe continuare ad amministrare – dovrebbero imparare dalla destra che fa figure pietose, ma non perde di vista l’osso del potere (conquistato).

Sono cittadini che potrebbero recuperare un po’ di buona volontà di fronte alle minacce di guerra che percorrono ormai la società e contagiano i giovani che, dalla violenza ormai penetrata nei rapporti internazionali, stanno mostrando disponibilità a subire (un brutto verbo) i condizionamenti esterni. A cui non si sottraggono gli adulti, pronti al pessimismo e al “tanto che cosa ci possiamo fare”.

Intanto non prepararsi al peggio: la democrazia non salva gli Stati Uniti d’America che hanno votato –  e a troppi gli piace –  il Trump che impone dazi a destra e a manca per far pagare il debito americano più grande del mondo (37 trilioni di dollari) e per distruggere l’Europa perché non arrivi a creare – come aveva proposto Draghi lo scorso anno –  gli Stati Uniti d’Europa.

Che sono sempre il progetto da realizzare: le Regioni possono avere politica di futuro senza l’Europa. Perché non si approfitta delle elezioni amministrative per proiettare due idee che riguardino le opportunità del domani in tempi così perigliosi mentre si eleggono i responsabili delle Regioni di mezza Italia e si fanno pensare i cittadini che erano più europeisti quando era vivo Altiero Spinelli. Oggi, per quel che si impara a scuola, nome sconosciuto ai giovani. Senza l’Europa le Regioni e i Comuni della “nazione” Italia non vanno da nessuna parte.

Se, come “sinistra”, non se ne continua la nobile storia, succederà ancora di accrescere il numero delle occasioni perdute per mancanza di unità. Schlein proclama finalmente un’unione vincente. Peccato che non faccia nemmeno casuale menzione di Calenda e Renzi. Li diamo alla destra? Non ci piacciono alcune loro posizioni? avresti forse intenzione di definirle fasciste? la tolleranza? Si stanno cancellando i diritti, in Italia la legge “sicurezza” non rassicura nemmeno Taiani: anche i più idealisti sanno di dovere “far politica” e non populismo prima di radicalizzare.

Perché di questi tempi non solo chi fa politica, ma chi ascolta il telegiornale (e poi magari corre su Instagram a perdersi sui social) dovrebbe, senza diventare cinico, sapere come è fatto il mondo e che fino a ieri anche a Gaza c’erano dei gazawi che praticavano il mercato nero. La sinistra fa presto a unirsi il giorno delle elezioni, ma sul “riarmo” si riserva di darsele di santa ragione?

E, dato che si parla di elezioni, che cosa fa il Pd che, mentre la Meloni costruisce abilmente la sua campagna elettorale per il 2027 (che in politica significa “domani”), non dà segnali? Che nomi mette in campo predisponendo una campagna pluralista da condurre sui problemi e, possibilmente, le idee? Oppure, come sarebbe giusto, è la segretaria la prossima presidente del Consiglio?

Nel qual caso si prepari: deve guadagnarsi la stima (pardon, i voti) di M5S, ma guardarsi da “Conte3”, compreso l’azzardo del povero Franceschini che l’ha già sponsorizzato. L’abbiamo visto - e lo vediamo ancora - nella parte di Conte1, contro gli immigrati, i giornalisti, le donne, governare con Salvini; nella parte di Conte2 l’anno dopo, cambiata la compagnia di giro, nella parte del centro-sinistra. Può dare l’impressione che il teatro prevalga, ma non bisogna decidere il copione: la Meloni sarà brutta e cattiva, ma la batti se non ti metti l’uomo qualunque in casa.

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