La vittoria di Salis ha anche il supporto di quella parte dello stato profondo genovese che ben conosce la forza oppositiva della parte antagonista della città, sempre pronta a far sentire la propria voce forte in strada quando l’indigenza delle famiglie e dei singoli raggiunge livelli di guardia
Il colpo mortale di martello della candidata del centro&sinistra Silvia Salis alla fine è atterrato sulla capoccia del candidato opposto, Pietro Piciocchi. Pupillo del governatore della Regione Marco Bucci.
A suo tempo, l’anno scorso, fu in grado di alzare una commozione per l’esposizione in pubblico della malattia che portò alla sua vittoria nel 2024. Unita ai meriti costruttivi e ricostruttivi, quelli ormai mitologici del nuovo Morandi fatto a velocità della luce e oggi quelli della realizzazione di una sofisticata e capziosa regia tecnico-amministrativa messa in piedi a botte di leggi speciali per reggere in tempi impossibili le centinaia di milioni colati su Genova. Che ricordiamo è la città europea che ha di gran lunga ricevuto più fondi “continentali” per la “ricostruzione” post Covid.
Una specie di Piano Marshall per portare al trionfo la città dopo decenni di stato comatoso del quale hanno avuto colpa tutti, oltre che in primis la superbissima oligarchia cupa della città.
Ora: il centro operativo "differenziato” per i gigalavori è stato fatto e imprese di gigacostruzione sono sul campo. Il loro villaggio firmato Edilsider – vicino al gasometro attaccato al Morandi – cresce sul terreno dell’ex Italsider con intensità, in modo esponenziale, generativo, persino allegro.
«Forse l’unica vera parte vitale della citta, per assoluto paradosso, dato il resto. Centri temporanei per la costruzione di infrastrutture che incrociando le dita non si realizzeranno», osserva Federico Rahola, ordinario di Sociologia all’università di Genova.
I grandi lavori sono stati ovviamente al centro della campagna elettorale. Li conosciamo: la Gronda (ovvero la grande bretella stradale che congiungerà il traffico commerciale e/o portuale verso il Nord), la Grande Diga (per le nuove grandi navi; prevista e iniziata di fianco all’aeroporto, un casino senza fine di ampiezza dei bacini), l’Alta Velocità con Milano detta anche il Terzo Valico, o viceversa (prima han trovato l’amianto a fine tunnel, poi comunque manca per paradosso il tratto piatto da Arquata Scrivia a Milano).
Persino ci sono progetti da fantascienza giapponese anni Ottanta come "skytrain” lungo l’alveo del fiume Bisagno o teleferiche infinite per arrivare agli abbandonati grandi forti della città. Follie allo strato brado.
Tutta questa matassa ha enormi problemi di ogni tipo – lasciando perdere per un momento brutture estetiche – e ovviamente presuppone colate di cemento da Cina inizio anni Duemila, molto difficili quindi da contenere dentro un bel fatto e dentro tempi a tavolino.
A queste grandi opere si aggiungono i “piccoli lavori” da isteria generata da troppa liquidità, vedi alcuni marciapiedi che si narrano essere stati rifatti tre volte. Questo è stato il centro del contendere della campagna elettorale. Dai toni veementi, con meme dappertutto sulla vita personale ma poca roba in assoluto. Grande assente: il non fare piuttosto che fare male, la manutenzione di ciò che esiste e cade a pezzi, la conservazione nel senso più progressista del termine.
La nuova sindaca
Salis viene dal Coni, ha 39 anni. Ha portato nella squadra un minestrone, ma con molte donne: Francesca Ghio e Laura Sicignano per esempio.
Ha parlato dei giovani da trattenere in città prima che ne se vadano come hanno fatto tutti (negli ultimi 40 anni), del lavoro che non c’è (da 40 anni, questo forse non lo si sa). Sì, perché è stato allora, all’inizio degli anni 80 che sempre la borghesia cupa decise di tirar via il braccino da qualunque forma di impresa, di intraprendere.
Si potrebbe anche dire che, presa dalla battaglia sui grandi e piccoli lavori, Salis dovrà ancora delineare azioni sui veri grandi temi della città (oltre al lavoro): la popolazione anziana tra le più numerose del mondo (con ricadute sanitarie spaventose, da qui in avanti), la solitudine povera, la denatalità anche qui da record europeo.
Pensate che la città è talmente vuota – perché costruita per una previsione di un milione e mezzo di abitanti e ne ha quasi 500.000 – che è ovviamente diventata preda della creatività milanese informata sui trasporti veloci futuri – deliziata dal metro cubo ancora bassissimo e dalle volumetrie e dagli affreschi – ma anche tedesca, olandese, in piccola parte americana, ma di peso. Tutto questo non è stato sottolineato – perché ancora sommerso, ma per poco – come forma di rigenerazione (qual è, piaccia o no), insieme all’emergere di una classe media trenta-quarantenne certo più aperta e interessante di quella austera, iperconservatrice e largamente psicolabile che tuttora comanda la città.
Speculazioni
Un deep-state di famiglie anche dello stesso Cinquecento di Genova Caput Mundi che certo in parte in moto automatico ha votato a destra. Perché sa che sono proprio il porto e il commercio marittimo ad essere ancora al centro di tutto.
Non tanto e non solo per il possesso/affitto delle banchine, che era l’oggetto del processo di qualche mese finito in sostanza a pane e vino, forse con solo Giovanni Toti come vero perdente. Ma per gli incredibili guadagni dovuti specialmente ai conflitti in Ucraina e Palestina da parte dei grandi broker della città, che da quale anno stanno raddoppiando i ricavi del 100 per cento. Zitti zitti.
La vittoria di Salis ha però anche il supporto, invece, di quella parte dello stato profondo genovese che ben conosce la forza oppositiva della parte antagonista della città, sempre pronta (dal 1960) a far sentire la propria voce forte in strada quando l’indigenza delle famiglie e dei singoli raggiunge (come sta facendo) livelli di guardia. Specie se tanto le commesse della colata d’oro andranno perlopiù a foresti (come si vede nel piccolo dal caso Esselunga, che peraltro occuperà il villaggio Edilsider di cui sopra, a fine lavori, e di molte altre imprese coinvolte; delle Conad a puntate dal mattino alla sera..).
Bene quindi per il risultato. Le forti braccia che hanno retto per anni l’esito delle gare sportive ora dovranno subito essere capaci di imbracciare un martello da Thor in grado di fracassare una volta per tutte la corazza di titanio che impedisce che la bellezza e l’agio segretissimo della vita quotidiana dei pochi illumini un po’ la fatica – spesso disperata – della città dei più.
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