Caro direttore, siamo giunti a un punto in cui bisogna avere il coraggio di saper distinguere fra le istituzioni e chi le rappresenta. Le istituzioni sono sacre, intoccabili, e modificabili solo secondo il dettato costituzionale. Ma chi le rappresenta, nelle democrazie forti, è soggetto a critica.

In Italia vige un “istituzionalmente corretto” che nasce da una concezione della democrazia fragile. È l’idea che chi rappresenta le istituzioni è l’istituzione. Ma non è così.

L'America ci insegna che si può distinguere nettamente le istituzioni dalla rappresentanza delle istituzioni, che è soggetta a critica, indagine, controlli, vigilanza, anche dissacrazioni. Ma le istituzioni hanno la forza di resistere, e di sorreggere un sistema di valori e di principi.

Il Tuo giornale segnala i rischi che corre la democrazia con l’affermarsi della parte bieca e reazionaria della destra, che ha l’egemonia sulla conduzione non solo del governo ma anche delle istituzioni.

Mi hanno turbato due cose, che sottopongo alla Tua attenzione.

Il papa e Mattarella 

La prima. Il discorso di Sergio Mattarella a Bari. In sintonia con il ministro della Difesa Guido Crosetto, stabiliva che l’unità nazionale realizzata la vittoria del 4 novembre, nella Prima Guerra Mondiale, festa delle Forze Armate, è la vera festa nazionale. Se così fosse, sarebbe grave: perché svuoterebbe l’origine resistenziale della Repubblica italiana e della nostra democrazia.

Sembra che Mattarella sia convinto che siamo entrati in una situazione in cui l’Europa sarà teatro di guerra alle sue frontiere per un lungo periodo. Quindi è necessario il riarmo, per difendere frontiere che in questo momento non sono più limiti invalicabili, ma diventano linee mobili, all’Est e nel Sud mediterraneo.

Una situazione di questo genere richiederebbe un grande sforzo per la unificazione politica dell’Europa, per ristabilire confini certi a una realtà europea. 

La seconda cosa che mi ha colpito. Il discorso del papa che, rientrando in areo dal Bahrein, forse per effetto del fuso orario, ha invitato formalmente alla collaborazione le forze di governo e di opposizione sulla questione dei dei salvataggi in mare e dell’accoglienza degli immigrati. Il papa dunque non fa solo “interferenze” umanitarie.

Nel 1990 ero ministro quando scoppiò la vicenda Gladio. Fu allora che posi per la prima volta il tema della intoccabilità del presidente della Repubblica, con il quale pure avevo un amicizia fraterna.

In una democrazia matura, dissi, nessuno può essere non criticabile, anzi le democrazie forti criticano anche la vita personale dei rappresentanti delle istituzioni. Cossiga chiese le mie dimissioni, la crisi fu sanata dal presidente del consiglio Andreotti.

L'invito caldo che faccio a te è di aprire questa riflessione. Andiamo verso un periodo difficile. Ci potremo trovare con una destra, che ha un’ideologia bieca e reazionaria, impiantata nel cuore del sistema politico italiano.

Stabilire il principio che non si possono criticare i rappresentanti delle istituzioni può diventare l’aggravamento dello svuotamento democratico.

Dunque non ci sono intoccabili nella vita democratica del paese. Una cosa è la Banca d’Italia e un’altra il suo governatore, una cosa la presidenza della Repubblica e un’altra il presidente, una cosa è la Chiesa e un’altra il papa. Una la Corte, un’altra il suo presidente.

Non vorrei che il criterio falso dell’istituzionalmente corretto finisca nelle mani della destra reazionaria. Sono i democratici che devono pensarci, subito. Altrimenti tutti, giornali per primi, saranno costretti ad abbassare la voce.

È una partita decisiva, i vertici istituzionali continuano a difendere un istituzionalmente corretto che finirà per diventare il trampolino di lancio della reazione dominante nel paese. Basta vedere quello che avviene nell’immigrazione: siamo arrivati al muro contro i naufraghi, ma un muro con il buco selettivo, nel disprezzo totale dei principi fondamentali della democrazia.

Non ci sono sacrari. La democrazia è un faro che deve illuminare tutto, in primis quelli che hanno la responsabilità di rappresentare le istituzioni.

Fraterni saluti 


La risposta di Stefano Feltri: 

Carissimo Rino Formica, il modo in cui tu poni la questione di principio, cioè se si possa criticare il papa o il presidente della Repubblica senza mettere in discussione l’autorevolezza del papato o della presidenza, ha una risposta ovvia: non soltanto si può, ma si deve. Se però spostiamo l’analisi sulle questioni concrete, cioè quali sono gli atti o le affermazioni che meriterebbero questa critica, le cose si fanno un po’ più complicate.

Ti dico come vedo io questo problema dell’ “istituzionalmente corretto” che tu sollevi. Già in tre occasioni, il governo Meloni ha usato questo scudo per mettersi al riparo da critiche che riguardavano alcuni aspetti specifici e contestabili della sua azione.

Il conflitto di interessi del ministro della Difesa Guido Crosetto, ora decisore sui settori che difenedeva come lobbista, non esiste, altrimenti perché Mattarella avrebbe firmato la sua nomina? Il decreto liberticida anti-rave è perfettamente costituzionale, il Quirinale non lo ha forse avallato? E pure quello su migranti e Ong è in vigore, dunque chi lo critica delegittima Mattarella che lo ha firmato.

In tutte queste occasioni, dal Colle sono arrivate lezioni di diritto costituzionale sublimate in retroscena o messaggi pubblici solo in apparenza generici.

Tipo: se Crosetto rispetta una legge inadeguata, il Quirinale non può opporsi; quanto ai decreti, il Colle agisce con la moral suasion in anticipo, ma respinge solo se c’è manifesta incostituzionalità, non soltanto sospetti (altrimenti a che serve la Corte costituzionale?).

Su tutti questi punti, si può esercitare diritto di critica, senza per questo attentare alla stabilità delle istituzioni.

Quello che conta è non applicare lo schema della destra a rovescio, cioè imputare a Mattarella ogni nefandezza di questo governo.

Sul caso Crosetto, per esempio, è vero che non c’era alcun ostacolo di legge, ma di opportunità ce n’erano parecchi, e in occasioni precedenti il capo dello Stato si è fatto bastare quel genere di problemi per bloccare nomine altrimenti legittime (vedi il caso di Paolo Savona nel 2018).

E sui migranti e la crisi con la Francia, Mattarella ha pieno titolo a far sentire la propria voce in tutte le forme e toni che reputa opportuni: la cooperazione con quel paese è regolata e rafforzata da un trattato noto come “del Quirinale”.

Come ho scritto in passato, il governo di Giorgia Meloni porta l’Italia a un “momento Trump”, cioè al tentativo sfacciato di piegare le istituzioni alle esigenze non soltanto di una parte politica ma dei suoi social media manager.

Difendere le istituzioni da questo assalto significa anche separarle dalla valutazione sull’operato o il carattere di chi le occupa pro-tempore e, come tutti gli esseri umani, ha virtù, fragilità e (speriamo) slanci di patriottismo costituzionale.

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