Le sentenze dei tribunali di Bologna e Parma mostrano un terribile palcoscenico di violenze sessuali e psicologiche ai danni di giovani attrici. I giudici hanno condannato al risarcimento del danno sia l’autore delle violenze sia il teatro, che avrebbe dovuto garantire sicurezza. Decisioni storiche per una vicenda in molti punti sovrapponibile a quella del produttore statunitense Weinstein
Il caso del Teatro Due di Parma è stato per anni (ma potrebbe esserlo stato per due decenni secondo l’associazione Amleta) il terribile palcoscenico di violenze sessuali e psicologiche a giovani attrici. Lo scenario di questa storia mostruosa lo tracciano passo dopo passo le parole dei giudici di Bologna e Parma in tre sentenze (n. 593/2024 e n. 474/2025 tribunale di Parma e la n. 46/2025 Corte di appello di Bologna).
I tribunali condannano al risarcimento del danno sia l’autore delle violenze sia il teatro che avrebbe dovuto garantire sicurezza alle studentesse attrici. Sentenze storiche per una vicenda in molti punti sovrapponibile a quella di Weinstein, l’onnipotente produttore americano che, in delirio di onnipotenza, stuprava, abusava, minacciava nella convinzione della totale impunità.
Il caso di Parma
Nelle carte delle oltre 120 pagine delle sentenze, contorni degni di un film dell’orrore: il regista condannato era il padrone assoluto del teatro, ma anche dei tempi e delle vite delle partecipanti al corso di formazione finanziato con soldi pubblici. Cambiava orari, compiti, luoghi dove provare, con condotte predatorie e umilianti, prima, dopo e durante le lezioni.
«Il regista mi diceva che un’attrice deve esercitarsi prima a sedurre il suo regista se vuole poi riuscire a sedurre un pubblico. Ho subito violenza senza avere inizialmente coscienza di ciò che stavo subendo e avevo poco più di vent’anni...» ha raccontato con voce fiera, ma piena del dolore vissuto, Veronica Stecchetti in un affollatissimo incontro alla Casa delle Donne di Parma sabato 6 dicembre.
Con il sostegno di Amleta, del team legale di Differenza Donna e della Consigliera di parità, due donne hanno portato al tribunale del lavoro i fatti: violenze continue, scandite dai tempi del carnefice che agiva senza nessuno scrupolo. Un “dominus” assoluto e incontrastato, considerato nell’ambiente: il «re» lo chiamavano. E delle sue molestie, del suo abuso di potere, delle sue richieste immonde e violente tutti sapevano, ma il terrore e il silenzio regnavano sovrani. L’inazione di chi doveva invece garantire sicurezza faceva il resto. E lo ha fatto sulla pelle di giovani ragazze.
Se non si parla di azioni penali è solo perché in Italia i reati di violenza sessuale “scadono” come un alimento deperibile solo dopo un anno. Una legge andrebbe cambiata, e subito.
Le attrici Veronica Stecchetti e Federica Ombrato hanno raccontato le loro vite stravolte, le violenze prima subite senza una piena consapevolezza, poi il dolore, la frustrazione, le minacce: «Tanto non lavori più».
Le sentenze definiscono veritieri i racconti delle ricorrenti. Federica aveva anche scritto al teatro denunciando situazioni gravissime, senza alcuna risposta. Solo le azioni legali (e la diffida delle avvocate di Differenza Donna, Colasurdo e Manente) smuovono la direzione, che interrompe nel 2021 ogni rapporto con il regista.
cambiamento radicale
È ormai evidente che il “caso Teatro Due” non rappresenti più solo sé stesso. Se da Parma si chiedono conseguenze sulla direzione del teatro, il punto su cui Elisa Ercoli e Cinzia Spanò, presidenti rispettivamente di Differenza Donna e Amleta, insistono è che questa vicenda debba scrivere la storia di un cambiamento radicale e non reversibile.
Pensare che le attrici, e gli attori, solo perché chiamati a mettere in gioco il proprio corpo e le proprie emozioni profonde nell’esercizio della loro professione, debbano essere trattati senza rispetto, se non come vere e proprie “prede”, non è più accettabile.
Il sistema ha previsto una disponibilità umana e fisica che troppo spesso ha superato – e si teme superi ancora – il confine invalicabile della dignità. La politica e le istituzioni ora non possono balbettare: serve parlare chiaramente per far cambiare lato alla vergogna, per citare Giséle Pelicot.
Il #metoo italiano prende forza (e volti) ogni giorno, ma è troppo facile chiedere alle vittime di denunciare, troppo facile dare grandi pacche sulle spalle a chi si fa carico di un percorso doloroso e irto. Troppo facile parlare, mentre nulla cambia.
Oggi la richiesta di chi ha subito è una: il sistema va modificato nel profondo. Servono stringenti politiche di tutela di chi lavora nel settore, formazione seria per chi opera e dirige luoghi dello spettacolo, serve un percorso di consapevolezza e responsabilità degno di un paese civile. L’occasione di non rendere più possibili le mostruosità accadute al Teatro Due è qui: va colta, rilanciata, fatta sistema.
© Riproduzione riservata


