Il Pd accusa apertamente Matteo Renzi di essere stato il regista dell’aiutino arrivato dall’opposizione all’elezione del presidente del senato Ignazio La Russa, giovedì in tarda mattinata. In serata la polemica diventa ruvidissima. Se il segretario Pd Enrico Letta si ferma un passo prima dal fare nomi e cognomi (ma cita come precedente l’affossamento della legge Zan e in quel caso punta il dito su Matteo Renzi), la sua portavoce Monica Nardi mette la sua firma, come raramente è accaduto nel corso della campagna elettorale, sulla denuncia del Nazareno: «Il solito Renzi. Oggi», cioè giovedì mattina, «c’è stato il sequel di quanto avvenuto con il ddl Zan, solo più smaccato. Renzi ha l’ossessione per i servizi segreti, vediamo se questo mercanteggiamento gli è valso la presidenza del Copasir. O magari la Vigilanza Rai per Boschi. Calenda è ancora ingenuo ma ci arriverà coi suoi tempi».

Renzi nega, Carlo Calenda, all’uscita dal voto, fa lo stesso ma in maniera sdegnata e assai più convincente: «Non avremmo mai votato un postfascista». Altri sospettati si indignano: «Non devo giustificarmi io, ho una storia politica che parla da sola. Chi l’ha fatto adesso ha fatto un favore alla maggioranza», sibila Dario Franceschini. «Che l’opposizione soccorra la maggioranza nell’elezione del presidente del senato alla prima votazione è un atto di cretineria, di puro autolesionismo».

Elenco dei lenti a votare

La premessa indispensabile è che anche al senato, come alla camera, in questa prima votazione della diciannovesima legislatura i tabulati non “parlano”, o se parlano non dicono molto. I gruppi non sono stati- ancora formalizzati, per sapere chi ha votato è necessario scorrere gli elenchi nome per nome, in ordine alfabetico. Accanto a ciascuno, per ora, c’è la dizione «No Gruppo». Per l’elezione del presidente sono solo 19 i non votanti e sono quasi tutti provenienti dalla liste di Forza Italia.

Sono gli azzurri Alberto Barachini, Anna Maria Bernini, Stefania Craxi, Dario Damiani, Claudio Fazzone, Maurizio Gasparri, Claudio Lotito, Gianfranco Micciché, Mario Occhiuto, Adriano Paroli, Licia Ronzulli, Roberto Rosso, Francesco Silvestro, Francesco Paolo Sisto, Pierantonio Zanettin, Paolo Zangrillo. Due forzisti invece hanno partecipato al voto: la presidente uscente del senato Maria Elisabetta Casellati e il presidente Silvio Berlusconi. Un gesto di «cortesia istituzionale». All’elenco dei non partecipanti vanno aggiunti Giorgio Napolitano, senatore a vita e presidente della Repubblica emerito, anziano e non in condizione di raggiungere palazzo Madama; il senatore a vita Renzo Piano; e infine Ilaria Cucchi, eletta con l’alleanza rossoverde ma assente perché risultata positiva al Covid. 

Tutti gli altri invece hanno votato. Alcune fonti di centrosinistra, che chiedono di rimanere anonime, hanno rapidamente commissionato un’analisi dettagliata delle immagini delle telecamere a circuito chiuso puntate sull’aula, anzi precisamente sul catafalco dove giovedì mattina i senatori hanno votato, a voto segreto. Alcune di queste immagini sono state postate su twitter. Ma non tutte.

Cronometro alla mano, come nel Var, sono stati presi i tempi dei senatori e delle senatrici che, seguendo l’indicazione del proprio partito, dovrebbe votare scheda bianca: e cioè dovrebbe rapidamente entrare sotto le tende e uscirne a razzo. Non è andata così per una ventina di eletti. Il loro indugiare al riparo delle tendine del catafalco non vuol dire necessariamente che abbiano scritto il trisillabo La Russa sulla scheda. Può voler dire anche altre cose: un inciampo, un’incertezza. Come è successo allo stesso Silvio Berlusconi che, si vede dalle immagini, tenta di uscire dalla parte da cui è entrato e poi guadagna con fatica l’uscita giusta, aiutato dai commessi. In qualche caso c’è invece l’impaccio da matricole. In altri potrebbe esserci l’intenzionale ostentazione di aver scritto un nome sulla scheda, pur dichiarando di aver votato scheda bianca.

Fra i votanti ad andamento lento dunque, secondo questa analisi cronometrata, figura Raffaella Paita, presidente dei senatori di Italia viva. A voto compiuto respingerà di fronte alle telecamere ogni richiesta di chiarimento: «La nostra decisione è stata quella di votare scheda bianca e così abbiamo fatto. La matematica non è un opinione: noi siamo 9, i voti che hanno fatto la differenza sono stati circa 19. La vera notizia resta una: la sola responsabilità accertata è che Giorgia Meloni ha vinto le elezioni grazie a Letta e al suo Pd». Di Iv anche altri restano qualche secondo di troppo sotto il catafalco: Silvia Fregolent, Marco Lombardi, Ivan Scalfarotto, Daniela Sbrollini. E Matteo Renzi. 

Lenti al voto anche alcuni grillini: Vincenza Aloisio, Gabrielle Di Girolamo, Elisa Pirro, Ettore Licheri, Pietro Lorefice, Elena Sironi e il ministro uscente Stefano Patuanelli. Su Patuanelli va detto che viene avvistato in mattinata in un capannello con Renzi e Dario Franceschini (che, abbiamo già detto, critica duramente chi ha scelto di votare La Russa). 

Va lungo anche Mario Borghese, del Maie, il Movimento associativi degli italiani all’estero. Nel pomeriggio però ammetterà senza complessi: «Ho votato La Russa». E ancora Dafne Musolino, del movimento Sud chiama Nord di Cateno De Luca, ex sindaco di Messina. La senatrice Musolino aveva appena raccontato la sua emozione per il discorso della senatrice a vita Liliana Segre. 

Nell’elenco ci sono anche gli anziani  senatori a vita Elena Cattaneo, Mario Monti, Carlo Rubbia. Ma anche in questo caso, come in tutti gli altri del resto, sarebbe comprensibile qualche lentezza nelle operazioni di voto. 

Un’altra Var

Le “fonti del centrosinistra” non sono le uniche ad aver effettuato l’analisi dei filmati del circuito interno. Secondo Pagella Politica sono di più i senatori “sospettabili”, nel cui mazzo potrebbero nascondersi quelli che hanno votato La Russa. Sarebbero: Aloisio (M5s), Astorre (Pd), Borghese (Maie), Camusso (Pd), Croatti (M5s), D’Elia (Pd), Delrio (Pd), Di Girolamo (M5s), Durnwalder (Svp), Floridia A. (Ev-Si), Fregolent (Az-Iv), Giacobbe (Pd), Licheri E. (M5s), Lombardo (Az-Iv), Lorefice (M5s), Magni, (Ev-Si), Musolino (Scn), Nicita (Pd), Paita (Az-Iv), Patuanelli (M5s), Pirro (M5s), Renzi (Az-Iv), Rojc (Pd), Rossomando (Pd), Sbrollini (Az-Iv), Scalfarotto (Az-Iv), Sironi (M5s), Spagnolli (Pd), e i tre senatori a vita Cattaneo, Monti e Rubbia. Anche i senatori del Pd smentiscono, chi con una risata, come Bruno Astorre («Ma non scherziamo»), chi con reazioni più infastidite. 

Alcuni nomi coincidono con l’elenco precedente. Ma anche questo fatto non dimostra niente. Anche perché nello scrutinio sono saltati fuori due voti per Liliana Segre e due per Roberto Calderoli, il leghista candidato alla presidenza della camera da Matteo Salvini, costretto alla fine a fare un passo indietro per aprire la strada a La Russa. 

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