Un tempo cibo povero, oggi le acciughe sono celebrate nei ristoranti stellati, ma il cambiamento climatico ne minaccia la sopravvivenza. Le variazioni nelle migrazioni e nelle dimensioni del pescato mettono in crisi l'intero mercato. Intanto, i prezzi salgono e la distribuzione resta incerta, mentre i pescatori segnalano un mare sempre più imprevedibile
Questo articolo è tratto dal nostro mensile Cibo, disponibile sulla app di Domani e in edicola
Da Cibo di sussistenza trasportato sui carretti lungo la via del Sale a prodotto esaltato da ristoratori gourmet e chef stellati, oggi le acciughe sono l'ingrediente che mette d'accordo tutti. In un'osteria ad Acqui Terme dieci alici con tre riccioli di burro costano dieci euro, a Torino 12, a Milano 15.
Ma in questo viaggio gastronomico il piccolo pesce azzurro sta facendo i conti con la crisi climatica.
«Nei mari – dice Paolo Tiozzo, vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca – mezzo grado di temperatura in più innesca nella fauna ittica processi che ancora non conosciamo».
Alici e sardine normalmente sono pescate insieme, poi si smistano a seconda della richiesta del giorno. I pescatori cambiano zona in base ai punti in cui le acque sono più popolose, ma diventa sempre più difficile prevedere dove andranno le specie.
«Le loro abitudini migratorie stanno cambiando – spiega Tiozzo – Un tempo si trovavano più al largo o più a terra a seconda dei mesi caldi o freddi, ora queste dinamiche non esistono più». Insieme agli spostamenti, è più complesso stimarne la «pezzatura», cioè il numero di pezzi necessari a raggiungere un chilo, aspetto che influenza la vendita per casse.
«Il problema non riguarda la quantità – dice Tiozzo –, la biomassa c'è ma il pesce non ha più la dimensione di una volta e si rischia di demolire un mercato».
Garantire la distribuzione
Uno degli esempi viene dal Veneto. «Di recente 90 pezzi al chilo è considerata una buona pezzatura, ma ci sono settimane in cui abbiamo 120 pezzi al chilo e il mare è trasparente, segno che scarseggiano zooplancton e fitoplancton, nutrienti delle alici che colorano le acque», dice Marco Spinadin, responsabile di Fedagripesca Veneto.
Delle acciughe ha fatto l’ingrediente di punta Mattia Pecis, chef di 28 anni alla guida del ristorante di Carlo Cracco a Portofino. «Usiamo solo alici liguri, acquistate direttamente dai pescatori – dice Pecis –. A noi bastano, ma vediamo che il pescato non garantisce una distribuzione nazionale dal nostro mare, e nei supermercati prevale l’acciuga del Cantabrico».
Le alici liguri sono il cuore di uno dei piatti più noti di Pecis, «Intreccio di acciughe», una torta salata chiusa con acciughe in trama intrecciata in omaggio alle reti dei pescatori.
«Il resto del piatto varia in base ai prodotti di stagione del nostro orto», dice Pecis. La moda di questo prodotto per lui risale al 2015-2020 e sta venendo meno. «Oggi non è sinonimo di alta ristorazione, ma non è nemmeno accessibile a tutti, un pacchetto con 5 pezzi può costare anche 30 euro».
Secondo le elaborazioni di Fedagripesca, in Italia i prezzi al consumo tra il 2022 e il 2023 hanno subito incrementi del 10-20 per cento per le alici fresche e in conserva (salmoriglio, sott'olio) e alcuni marchi hanno aumentato le tariffe del 25 per cento per rincari di imballaggio e trasporto. A rendere incerto il prezzo sono crisi che si sommano.
«A Sciacca le acciughe hanno ormai dimensioni piccolissime» spiega Franco Catanzaro, vicepresidente regionale di Confcooperative Fedagripesca Sicilia. «Abbiamo sperato che le cose migliorassero dopo il fermo di ottobre ma non è successo, una cassa da 9 chili era venduta a 35 euro, oggi si ferma a 10-15 euro».
In Sicilia, i pescatori hanno chiesto a Regione e ministero uno studio per comprendere cosa stia succedendo nel Mediterraneo, un’ipotesi è che il surriscaldamento climatico impedisca la crescita naturale.
«Noi rispettiamo le regole europee per preservare i mari, ma non basta – spiega Catanzaro –. Vediamo che il pesce c’è ma rimane piccolo e poco commerciabile».
È lo scenario che intravede anche Pecis, che appartiene alla generazione nata con la sensibilità per la salvaguardia dell’ambiente. «A causa del cambiamento climatico, il pesce diventerà un prodotto non per tutti.
Ce n'è sempre meno, e costa sempre di più anche a causa del caro carburante, della lavorazione e delle materie prime di conservazione». È un paradosso: all’apice della valorizzazione gastronomica, le acciughe non sono mai state così minacciate.
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