La rubrica di cenette settimanali e sentimentali a menù fisso con gli amici lettori, vecchi e nuovi. La ricerca di un leader sulla scena internazionale, i complicati rapporti tra Aurelio De Laurentiis e gli allenatori della sua squadra, il Cluedo nazionaltelevisivo di Garlasco
Domenica
Il programma della giornata è impegnativo: alle due, saltando il pranzo, la mia trisettimanale due kilometri di nuoto; alle cinque la finale di Sinner agli Internazionali; alle nove meno un quarto la partita dell’Inter contro la Lazio. Reggerò fisicamente ed emotivamente?
Intanto, bevo un bicchierone di succo detox antiossidante preparato con il Bimby (semi di lino, latte di cocco, peperone rosso, arancia, succo d’arancia e acqua minerale frizzante) e leggo la prima avventura del mago Mandrake: non c’è niente di più rilassante di un fumettone anni Trenta. Eccomi alle prese con il Cobra, il terribile nemico di The Magician, ed ecco il suo identikit: «Il Cobra… è il male assoluto… l’ispiratore e il responsabile di tutte le orribili cose che accadono nel mondo… rivoluzioni… delitti… stragi…! Ho vissuto a lungo in Oriente, ma non l’ho mai visto… Dicono sia inaccostabile… Inafferrabile!».
Addio relax. Chi è oggi il Cobra? Chi è il responsabile delle orribili cose che accadono nel mondo? Sul mio personale cartellino (come diceva il grande Tommasi) Putin è in pole position per il titolo. Dietro di lui c’è Netanyahu. Seguono Trump e Xi. Il problema è che non si vede all’orizzonte un Mandrake. Molti sperano che possa esserlo Leone XIV e anche io me lo auguro (ma non so se augurarglielo). Tra i leader politici in attività la mia preferenza va a Sir Keir Starmer. Non è Mandrake, ma dice e fa cose sensate. Non è Churchill, ma mi pare il migliore sulla piazza.
Fine dell’editoriale politico e passiamo alla musica come nella scaletta dell’inguardabile TG1 delle venti. Da quando lo dirige Gian Marco Chiocci, un uomo dall’aria stolida che sembra credere nel «potere taumaturgico delle basette», come avrebbe detto Gianni Brera con espressione misteriosa quanto efficace, il telegiornale di bandiera somiglia più a un jukebox più che a un notiziario.
È ora di andare in piscina e preparo la playlist natatoria (due kilometri sono lunghi). Oggi non posso non mettere Kobra di Donatella Rettore. Ricordo che quando uscì, nell’estate del 1980, Beniamino Placido le dedicò un pezzo magistrale. Ovviamente il Kobra della Rettore non era il male assoluto, come l’omonimo mandrakiano, «ma un pensiero frequente / che diventa indecente». E ancora e indimenticabilmente: «Il cobra si snoda / si gira mi inchioda / mi chiude la bocca / mi stringe mi tocca». Penso che sia abbastanza trasparente il senso della canzone. È quasi una versione musicale di Io e lui di Moravia con la variante che “io” non è un maschio, come nel libro, ma una femmina, mentre “lui” è sempre lui, er padre de li santi, come lo chiamava Belli.
Lunedì
Domenica sportiva da cancellare. Meglio il calcio parlato. Pare che anche in caso di scudetto il divorzio tra il grande mister Conte e il (piccolo) presidente De Laurentiis sia ormai consumato. Lo stesso avvenne con Spalletti. Coazione a ripetere? Risponderei di sì citando la definizione della Treccani: «bisogno reiterato di attuare comportamenti controproducenti o di stabilire rapporti fallimentari». Ma forse non c’è bisogno di scomodare la psicoanalisi, bastano i titoli pazzi e geniali delle farse immortali dei Petito, degli Scarpetta e dei De Filippo: Lu curaggio de nu pompiere napulitano; Felice Sciosciammocca creduto guaglione ’e n’anno; Nu zio ciuccio e ’nu nepote scemo; So’ muorto e m’hanno fatto turna’ a nascere.
Il titolo della farsa di De Laurentiis è Conte ’ngrato, ovvero le gelosie de nu presidente napulitano. Trama: il patron di una squadra di calcio soffre di un complesso di inferiorità nei confronti dei suoi allenatori e non sopporta che diventino più famosi (e amati) di lui.
Lunedì
Oggi crime. Ci sono in rete nuove carte sul Caso Moro. Le consulto come i tarocchi (ma per sapere il passato e non il futuro). Mi cade l’occhio su un particolare inquietante, e mi scuso per l’aggettivo abusatissimo. Mario Moretti, il più inquietante (aritanga) dei brigatisti, a suo modo un Eichmann piccolo piccolo, trovò lavoro alla Sit-Siemens di Milano. Qui fraternizzò con i colleghi Corrado Alunni, Giorgio Semeria, Paola Besuschio, Pierluigi Zuffada, Giuliano Isa e Umberto Farioli, tutti militanti delle Br in seguito. Nelle carte non trovo il nome di chi era all’epoca il capo del personale alla Sit-Siemens, uno capace di assumere in un colpo solo sette futuri brigatisti. Aveva evidentemente il pollice rosso (l’equivalente terroristico del pollice verde del giardinaggio). Mi piacerebbe tanto sapere che criteri seguiva nella selezione del personale.
Martedì
Ancora crime. Diciotto anni di silenzi e sotterfugi? Di paura d’essere scoperti e di speranza di farla franca? Di indagini (volutamente?) sciatte? Di qualche ricatto magari? Di armi del delitto buttati in una roggia? Di dissapori tra una ragazza seria, timorata, studiosa e un gruppo di ragazzi e ragazze spregiudicato e cazzaro? Attriti sfociati addirittura nell’assassinio della ragazza timorata e poi in una serie di suicidi e morti sospette, con le gemelle Cappa (cugine della ragazza uccisa) aspiranti veline del macabro show? E un innocente in carcere forse perché il meno telegenico di tutti? E tot colpevoli o favoreggiatori in libertà?
Dietro il caso di Garlasco ci sarebbe dunque una delitto (e delirio) collettivo, cooperativo, come nei gialli più macchinosamente avvincenti di Agatha Christie? È notizia di stasera che Andrea Sempio, l’indagato numero uno ormai, ha snobbato l’interrogatorio e la sua avvocata e vecchia amica (la comitiva di ragazzi e ragazze citata), ha tuonato pasionariamente: «Guerra dura senza paura». La stessa avvocata che fu fidanzata di uno della comitiva fattosi poi frate…
Il noir di Garlasco travolge l’Italia, è un gigantesco Cluedo nazionaltelevisivo.
Mi sembra di ricordare qualcosa. Rovisto in archivio. Ricordavo bene. Il primo a tirare fuori la storia di Sempio fu Andrea Galli sul Corriere, uno scoop pubblicato quasi controvoglia dal giornale. E ora, con il caso clamorosamente riaperto, il Corriere non rivendica la primogenitura come fa spesso anche per storie assai meno sensazionali. Un piccolo mistero che si aggiunge ai già tanti misteri di questa faccenda. Comunque, almeno io vorrei dare a Galli quello che è di Galli.
Mercoledì
Come definire la pagina di L’uomo nell’alto castello (oggi impubblicabile e ancor prima non scrivibile) in cui Philip K. Dick descrive i nazisti? Eccola: «Hanno un problema con il sesso, decise: negli anni Trenta, hanno fatto del sesso qualcosa di disgustoso, e poi la cosa è andata peggiorando. È stato Hitler a cominciare, con… chi era lei? La sorella? La zia? La nipote? E la sua era già una famiglia endogamica, sua madre e suo padre erano cugini. Tutti loro commettono incesto, tornando al peccato originale di bramare le proprie madri. Ecco perché quelle checche d’élite delle SS sfoderano quegli angelici sorrisi melensi, quella bionda innocenza infantile. Si stanno preservando per mammina. O l’uno per l’altro».
Una pagina céliniana? Oppure, forse, wagneriana (l’inizio di una saga a suo modo nibelungica).
Giovedì
Posta arretrata. Scrive uno dei più affezionati (e il più imprevedibile) dei miei venticinque lettori: «Stamattina ho comprato Domani e Finzioni. Mi sono divertito con la rubrica sul tema: i giornalisti devono darsi del Tu o del Lei? Secondo me, quando ci si rivolge a qualcuno di grande prestigio (una bisnonna, un cardinale o un D’Orrico) è meglio il Voi. Quella sporca dozzina è uno dei miei film preferiti e condivido il paragone dei giocatori dell’Inter che hanno sconfitto il Barcellona con gli eroi del film. Però Inzaghi lo paragonerei al generale fregato durante l’esercitazione. Eternamente devoto, Pio Ciampa».
Evviva, è ricominciata La Pieide (nel senso, appunto, di Pio Ciampa), trascinante poema epico che va avanti da anni.
P.S. Pio, ma il generale che a Voi ricorda Inzaghi è per caso il colonnello Breed, stupendamente interpretato nel film da Robert Ryan, il quale davvero sembra il mister con gli occhiali da sole?
Venerdì
Ho continuato la ricerca del «sentimento italiano senza nome» di Goffredo Parise. Invano, per ora.
Per scrivere ad Antonio D’Orrico – che risponde – la mail è lettori@editorialedomani.it
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