In mostra a Venezia

Viaggio andata e ritorno di Kapoor dentro lo spazio

Anish Kapoor, Non Object Black. Gallerie dell'Accademia, Venezia. © Anish Kapoor / Photo © David Levene
Anish Kapoor, Non Object Black. Gallerie dell'Accademia, Venezia. © Anish Kapoor / Photo © David Levene
  • Dagli anni Novanta Kapoor  (l’artista anglo-indiano) indaga sulle capacità del nero di assorbire la luce. Dal 2016 utilizza il Nero Kapoor, materiale costituito di nanotubi di carbonio che assorbe quasi del tutto le radiazioni luminose e in grado di ingannare il nostro occhio.
  • Kapoor rimarca il significato della mancanza di pieghe nei lavori realizzati con il suo nero: se la piega rappresenta l’essere, ricoprirla di un nero assoluto che la rende invisibile equivale a indagare l’inafferrabilità e l’instabilità dell’essere.
  • Questo ci fa riflettere sul fatto che la pelle del corpo che egli rimuove in altri lavori definisce il confine tra spazio interno e quello esterno. Ma lo spazio interno non contiene solo materia organico, è uno spazio potenzialmente infinito in cui si generano il pensiero, le sensazioni, la creatività, i sentimenti.

Il lavoro di Anish Kapoor è una miniera di materiale prezioso per speculazioni che vanno dall’estetica alla filosofia, dalla mitologia alla spiritualità, dalla relazione tra arte e scienza alla sfera più intimista, fino alla sensualità e alla sofferenza della carne. La sua è un’arte sfuggente per la quale ogni tentativo di definizione risulta riduttivo. Basti pensare a Descent into Limbo l’opera presentata nel 1992 a Kassel in occasione di documenta IX. Lo spettatore accedeva attraverso una por

Per continuare a leggere questo articolo