La raccolta di Auroro Borealo restituisce il tempo in cui la produzione editoriale puntava a vendere. Nell’era dell’esplosione dei testi, la scomparsa di opere bizzarre annuncia tempi duri per i capolavori
La massima del ceto medio riflessivo è da sempre: leggi qualunque libro, perché l’importante è comunque leggere. Massima con una sua parte di senso, ma che oggi risulta obsoleta rispetto a una contemporaneità che ci fa leggere e scrivere (ossessivamente) pressoché in ogni istante della nostra giornata.
Si è in sostanza diventati produttori ossessivi di testi mediocri, privi di una reale collocazione temporale perché capaci di raggiungere il prossimo in ogni momento della giornata, magari proprio quando la vittima predestinata è coinvolta in tutt’altre faccende e si ritrova così tra le dita una bomba di testo capace di far deflagrare ogni precedente pensiero, sconvolgendo una colazione come una cena, un incontro di lavoro come un bacio.
La pericolosità dei messaggi scritti, dei pensieri in libertà (sempre ovviamente scritti), lasciati in libera uscita dai libri è dunque uno dei pericoli sempre più sottovalutati oggi e al cui confronto proprio i libri – di ogni tipo – appaiono come corpi abbronzati al sole densi di una passata e disperata bellezza. Al massimo oggetti un po’ privi di senso e di utilità, ma proprio per questo mai brutti e inevitabilmente affascinanti. Una bellezza che risulta disperata perché i libri oggi spesso sono evidentemente per non dire totalmente inutili. Oggetti senza lettori e quasi incapaci di raggiungere la luce delle vetrine ingombre delle sempre meno librerie cittadine.
Beata ingenuità
Ritrovare così nel bel libro di Auroro Borealo, Libro brutto dei libri brutti (Blackie edizioni), come l’uso dei libri fino a pochi anni fa potesse essere principalmente di tipo strumentale, ci restituisce un’ingenuità del tutto perduta in società se solo si ripensa all’idea di passare attraverso dei libri per imparare, fare e pure amare. Una icastica ingenuità che pure non fu certamente priva di efficacia, anzi spesso fu ben più funzionale di tante strategie oggi proposte da influencer, guru e formatori de noantri, spacciate come assolutamente necessarie, ma poi in realtà così miseramente fragili nei numeri come negli esiti.
Così succede che prima di scatenare un senso di orrore e imbarazzo, molti dei libri – selezionati da Borealo (al secolo Francesco Roggero), cantautore, performer e animatore della pagina Instagram da cui ha preso spunto il volume –, appaiono in tutta la loro tenera evocazione di un tempo in cui esisteva una diversa prossimità di relazione tra le persone. Basta anche un libro oscenamente banale o brutto per riportare la memoria verso un ricordo spesso avulso dal libro in sé ma a lui coevo.
Avverte l’esperto per eccellenza in rievocazione del tempo perduto Marcel Proust: «Basta che un rumore, un odore, già uditi o respirati un tempo, lo siano di nuovo, nel passato e insieme nel presente, reali senza essere attuali, ideali senza essere astratti, perché subito l’essenza permanente, e solitamente nascosta, delle cose sia liberata, e il nostro vero io che, talvolta da molto tempo, sembrava morto, anche se non lo era ancora, del tutto, si svegli, si animi ricevendo il celeste nutrimento che gli è così recato. Un istante affrancato dall’ordine del tempo ha ricreato in noi, perché lo si avverta, l’uomo affrancato dall’ordine del tempo». Ed è da quella parte di mondo che ci giungono questi libri, organizzati, spiegati e messi in ordine, ma anche in scena da Borealo. Libri che rivelano la nostra infanzia contemporanea, un tempo facile più che all’inganno ad una dolce credulità.
Brutti ma di successo
Non manca ovviamente Silvio Berlusconi con i suoi non pochi libri, ma più ancora di lui che in qualche modo valica sempre ogni confine e limite, colpiscono ancora di più i suoi emuli. E tra loro spicca il pellicciaio Franco Squicciarini che tra gli anni Ottanta e Novanta proprio sull’onda del Berlusconi sua emittenza divenne un vero e proprio showman, invitando l’impossibile delle giungla vip nella sua pellicceria di Curno in quella provincia di Bergamo fino ad allora seriosa, cattolicissima e musona.
Il libro è un catalogo dei vip in visita, tutti grandissimi amici: da Brigitte Nielsen a Mal, da Bobby Solo fino a Harry Belafonte, per non dire dei complimenti lasciati in forma di ricordo da Frank Sinatra (!) all’amico Franco. Un libro fotografico che ricorda anche nella grafica il berlusconiano Una storia italiana, perché anche gli emuli alle volte anticipano i maestri.
C’è di tutto, dai libri autoprodotti, vera e propria miniera delle meraviglie, fino a quelli dei cosiddetti famosi pronti a restituire il segreto del loro successo. Ma a resistere ostinatamente come reperti del tempo che fu restano più di tutti i libri di scienziati e medici (o para medici, para scienziati e para in generale) dal Curarsi con il vino ad altri dal titolo indicibile. Anche se va detto che l’essenza del libro brutto sembra colta più che altro da quei testi che ebbero reale successo e non dai titoli che connotavano già allora tutti i loro limiti semantici.
Il “coso”
Facile infatti prendersela con il solito Gianni De Michelis in discoteca o con l’avvocato Alfonso Luigi Marra che tra una lotta e l’altra contro il signoraggio bancario ebbe anche il tempo di offrire ai lettori il suo prezioso Il labirinto femminile (per altro tutt’ora disponibile). Il libro brutto si rivela infatti in quei volumi che attrassero milioni di lettori come fu il caso delle barzellette di Totti che offre ora pienamente quel tempo perduto in cui i libri per quanto vacui e ilari sapevano ancora rispondere a un sentimento popolare diffuso e strutturalmente editoriale ovvero quello di essere un prodotto capace di attrarre e vendere.
Un tempo in cui non a caso le collane tascabili di classici erano ancora fatte da libri realmente tascabili ed economici. Perché se c’era Totti c’era anche Henry James, se c’era Gino Bramieri c’era anche Roland Barthes, l’equilibrio non era imposto, ma era il frutto di una società ancora pienamente ancorata a una lettura formale e diffusa: libri, quotidiani, riviste.
Non sorprende dunque se Il libro brutto dei libri brutti è agli occhi di ogni lettore una madeleline in cui la derisione lascia subito spazio alla nostalgia. L’odierna assenza di libri brutti denota infatti solo un’idea e una possibilità di libro non è più l’accesso universale alla conoscenza. Il libro oggi ha le sembianze di un coso, come il protagonista dell’omonimo e bellissimo libro di Marianna Coppo (Uppa edizioni) che nessuno sa cosa sia né a cosa possa mai servire. Che brutta fine aspetta i libri belli se non saranno capaci ancora di trovare il modo accogliere e di contemplare i libri brutti.
Auroro Borealo, Il libro brutto dei libri brutti
Blackie Edizioni (320 pagine - 22 euro)
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