Colloquio con la scrittrice ed ex avvocata per i diritti delle donne: «Il femminismo in India è stato importato dal pensiero occidentale, ma le donne indiane lo hanno adattato alle loro condizioni. Rispetto al passato, molte sono riuscite a emanciparsi e hanno raggiunto una nuova consapevolezza, ma c’è ancora molta violenza e la legge agisce sempre troppo tardi»
Londra – Heart Lamp di Banu Mushtaq, tradotto in inglese da Deepa Bhasthi, è il titolo vincitore dell’International Booker Prize 2025. Un anno dopo Kairos della tedesca Jenny Erpenbeck, il riconoscimento esce di nuovo dai confini europei per arrivare in India, premiando per la prima volta una raccolta di racconti scritti in kannada, una lingua parlata da circa 65 milioni di persone nella regione della Karnataka, nella parte meridionale del Paese.
Scritti nell’arco di trent’anni, quando la scrittrice lavorava come avvocato per i diritti delle donne e come attivista, i racconti della raccolta si soffermano sul modo in cui la religione, la società e la politica nella cultura indiana ancora impongano al genere femminile obbedienza e sottomissione. La sofferenza e gli ostacoli delle donne assistite nel corso della sua carriera da legale sono stati la maggiore fonte di ispirazione letteraria per la scrittrice, che ha scelto la forma racconto per celebrare la forza di queste protagoniste silenziose: sono mogli ripudiate dai loro mariti che vogliono unirsi a una donna più giovane, sono madri costrette a portare avanti infinite gravidanze, una dopo l’altra, per soddisfare il desiderio del marito di avere un erede maschio, oppure ragazze che vogliono farla finita, in preda a una depressione post-partum che si trovano ad affrontare da sole.
Una storia, questa, che la scrittrice ha preso dalla sua personale biografia e a partire dalla quale è riuscita a trovare la sua vera voce letteraria.
Ho incontrato Banu Mushtaq nella sala conferenze di un hotel a Westminster il giorno dopo la proclamazione della sua vittoria alla Tate Modern, a Londra. È visibilmente stanca, ma anche se un’interprete le siede accanto, insiste per parlare con me direttamente in inglese. Mentre la osservo e penso alla prima domanda che le rivolgerò, mi chiedo se sia consapevole di quello che le aspetterà nei prossimi dodici mesi di tour promozionale.
Penso ai vincitori del Booker prize e International Booker prize che ho avuto la fortuna di incontrare nell’ultimo anno: Paul Lynch, scrittore irlandese che aveva vinto con Il canto del profeta nel 2023 e Geetanjali Shree, vincitrice del 2022 con La tomba di sabbia; messo da parte l’entusiasmo per la parte glam dell’avventura, quella in cui gli scrittori si trovano improvvisamente accolti come delle rockstar, entrambi mi raccontavano di quanto fosse stato faticoso passare un anno intero tra hotel e aeroporti, spesso trascorrendo lunghissimi periodi lontani da casa.
La scrittura cambia la vita
Mushtaq è nata nel 1948 da una famiglia musulmana di Hassan, in Karnataka. Mentre molte delle sue coetanee si sposavano da adolescenti in matrimoni combinati, lei ha continuato a studiare, ha frequentato l’università e ha deciso di sposarsi per amore a 26 anni. Dopo il matrimonio, costretta a indossare il burqa e a dedicarsi solo ai lavori domestici, con una bambina appena nata della culla, la scrittrice ha provato a togliersi la vita dandosi fuoco. Aveva solo 29 anni, e l’ha salvata l’intervento del marito. Da allora la sua vita e la sua scrittura sono state dedicate ai diritti delle donne.
«Ho cominciato a scrivere da bambina ed ero molto ispirata dalle favole che ci facevano leggere a scuola, le amavo a tal punto che le copiavo sui miei quaderni per farle leggere a mio padre, e lui mi incoraggiava molto, anche se sapeva benissimo che quei racconti non li avevo scritti io». L’immaginazione poi ha preso il sopravvento, ma è solo nel 1974 che la scrittrice ha cominciato a far circolare il suo nome con le prime pubblicazioni.
Heart Lamp mette insieme una selezione di dodici racconti presi da oltre cinquanta storie pubblicate in opere precedenti, presentandosi come un omaggio alla sua scrittura. Ma quanto quelle storie la rappresentano ancora oggi? Si tratta di una questione che mi sono sempre posta pensando alle opere proposte all’International Booker Prize. La loro traduzione infatti non sempre è immediata alla pubblicazione in lingua originale, anzi. Non sono pochi i casi in cui un’opera viene recuperata in lingua inglese con molti anni di ritardo rispetto alla prima pubblicazione. Per chi scrive, la sensazione potrebbe somigliare all’atto di guardarsi dentro a una vecchia fotografia, ritrovare per caso un documento scaduto: essere quella persona, con quei dati biografici, eppure non esserlo più. Funziona così?
«La letteratura che investiga l’animo umano non ha tempo. Oggi leggiamo Chekhov, Tolstoj e riescono a parlarci dopo più di un secolo, restano rilevanti». Ma pensando alle donne protagoniste di Heart Lamp e alle storie di oppressione che le riguardano, ho il dubbio che possa esserci anche altro. Non è forse che – in questo caso specifico – sia il patriarcato a essere una condizione ancora universale?
«reclaim the night»
Quando le faccio questa domanda, Mushtaq si accende e riesco a vedere attraverso la stanchezza la giovane avvocata che deve essere stata. «Il patriarcato è esistito secoli fa, esiste oggi ed esisterà domani, fino a quando le donne non ne prenderanno piena consapevolezza, eppure anche in quel caso bisogna essere pronte ad affrontarne le conseguenze. È come un mostro che rinasce in continuazione».
In India il problema degli abusi e della violenza sulle donne negli ultimi anni ha portato in piazza vecchie e nuove esponenti del movimento femminista con lo slogan «reclaim the night»; marce, passeggiate notturne e manifestazioni spuntano da nord a sud nel Paese, protagoniste le donne che lottano per il diritto di occupare in sicurezza gli spazi pubblici a qualsiasi ora del giorno.
«Il femminismo in India è stato importato dal pensiero occidentale, ma le donne indiane lo hanno adattato alle loro condizioni specifiche. Rispetto al passato, molte sono riuscite a emanciparsi e hanno raggiunto una nuova consapevolezza del problema, ma c’è ancora molta violenza e la legge agisce sempre troppo tardi. Le misure penali contro chi perpetra l’abuso non sono sufficienti, bisogna agire prima, culturalmente, e per farlo è necessario includere gli uomini nella conversazione». La letteratura, in questo caso, può fare molto, e non c’è dubbio che Heart Lamp sia un libro dal valore fortemente politico, oltre che letterario.
Un libro difficile
L’International Booker Prize è uno dei riconoscimenti più importanti per la letteratura in traduzione ed è una vetrina che permette ad autori e autrici di tutto il mondo di essere conosciuti dal mercato dei lettori anglofoni. Gemello eterozigote del Booker Prize, l’International Booker è infatti anche un premio per traduttori e traduttrici, ai quali spetta di diritto metà della cifra messa in palio per i vincitori, su un totale di 50mila sterline (60mila euro).
Ma il valore principale del premio è la visibilità a livello internazionale, quest’anno celebrata esplicitamente con la campagna “A feast for fiction from all around the world”. L’organizzazione ha prodotto una serie di video, interviste, post di approfondimento su tutti i titoli entrati nella sestina finale, incluso Perfection di Vincenzo Latronico, che ha rappresentato con ottimi riscontri la letteratura italiana in traduzione.
Il premio quest’anno è stato assegnato a un libro difficile, che – come ha scritto Igiaba Scego in un post su Instagram – non solo molte grandi editrici non avrebbero mai pubblicato, ma neppure neanche pensato. Un libro politico, annunciato con un discorso politico da Max Porter, scrittore e presidente della giuria, che ha rivolto un pensiero a tutti quegli scrittori e giornalisti che si trovano a scrivere sotto costante attacco alla loro libertà di espressione, e a tutti i librai e alle libraie arrestati per aver venduto libri bannati dalle istutizioni, «perché i libri sfidano il potere».
La letteratura non solo genera escapismo e intrattenimento, non solo ci aiuta a sviluppare empatia, ma soprattutto ci invita a pensare in modo diverso, guardando il mondo da nuove angolazioni. E questo è vero ancora di più quando leggiamo libri scritti in una lingua che non è la nostra, storie portatrici di altre visioni del mondo, che siamo invitati a esplorare grazie all’opera di chi le ha tradotte.
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