Cultura

“Beetlejuice Beetlejuice” di Tim Burton è un luna park divertentissimo

Michael Keaton in una scena di Beetlejuice Beetlejuice (Warner Bros.)
Michael Keaton in una scena di Beetlejuice Beetlejuice (Warner Bros.)

La Biennale si apre con un sequel che compie la rara impresa di diventare una pietra miliare. E che celebra l’immaginario folle di un regista che fa la morale con la fantasia e non i pistolotti

Tim Burton è contento. Si vede. Da spettatori gli si vuol bene, e fa piacere. Non sto facendo psicologia d’accatto. Beetlejuice Beetlejuice (sottotitolo in calce 2024 D.C., rigorosamente inciso su immancabile lapide funeraria) trasuda allegria contagiosa, come e più dell’originale, il Beetlejuice del 1988. Lo “spiritello porcello” creato da un Burton trentenne alla prova del sequel non solo non delude, ma rassicura i fans sul buonumore, esistenziale e creativo, di un surreale poeta del gotico ma

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