Dal sughero microgranulato ai tappi tecnici e a vite, ogni opzione nelle mani di un produttore condiziona l’evoluzione del vino nel tempo. Allo stesso modo, la forma del bicchiere che noi usiamo per bere quel vino modifica la sua percezione aromatica e gustativa, al punto da poter alterare il nostro giudizio in una degustazione professionale
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Anni fa un produttore mi disse che la scelta del tappo con cui chiudere la bottiglia “è tra tutte quelle prese nel tempo, l'ultima decisione che può in qualche modo influenzare sul prodotto, sul vino”. Comprensibile, specie alla luce dell'offerta. Anche solo rimanendo all'interno del mondo dei tappi di sughero, questi possono variare moltissimo con conseguenze sul loro prezzo.
Esistono quelli in sughero microgranulato, tra i più economici, prodotti a partire dagli scarti di produzione dei cosiddetti monopezzo, e ci sono i più costosi, quelli che vengono usati per i vini più pregiati. Tappi di sughero di particolare qualità, il più noto è probabilmente l'NDtech dell'azienda portoghese Amorim, che alla fine del processo produttivo vengono scansionati da un macchinario, detto naso elettronico (la tecnica utilizzata è quella della gascromatografia), che verifica che questi siano “Tca free”, ovvero che non hanno al loro interno molecole che potrebbero inquinare il liquido portando al fastidioso sentore “di tappo”.
Un difetto che è possibile aggirare usando anche tappi cosiddetti tecnici, ovvero non prodotti a partire dalla corteccia della quercia di zucchero. Ci sono i Nomacorc ei Diam, tra i più noti. Ma anche lì: ne esistono di dimensioni e soprattutto di densità diverse: tappi pensati per ottenere diversi livelli di ossigenazione del vino, pensati quindi per raggiungere più o meno velocemente un certo grado di invecchiamento, in bottiglia. Lo stesso processo che al giorno d'oggi sono in grado di garantire anche i tappi a vite, i più famosi sono gli Stelvin.
Di fronte alla scelta del tappo da usare ogni produttore si trova quindi a poter scegliere tra innumerevoli opzioni, ognuna delle quali può caratterizzare il vino in un modo o in un altro. Niente che influenza nel brevissimo termine ma elementi che invece diventano centrali con il passare degli anni.
La scelta del calice è importante
Un fattore che il produttore non può controllare direttamente ma che può certamente consigliare è il bicchiere. Una recente visita presso l'azienda austriaca Riedel ha confermato quello che intuivo: basta un bicchiere anche leggermente diverso nella forma per influenzare in maniera decisiva sulla percezione che il nostro naso e la nostra bocca hanno del liquido.
Un grande Chardonnay, magari proveniente dalla Borgogna, in un bicchiere pensato per i Riesling risulta meno fruttato e soprattutto più amaro. Al contrario un Riesling, tedesco come alsaziano, bevuto da un bicchiere pensato per uno Chardonnay risulta meno minerale, al naso, e meno appuntito, meno fresco al palato. Un Cabernet Sauvignon in un bicchiere di Pinot Nero? Troppo tannico, oltre che amaro. Al contrario, nel “suo” bicchiere, ecco emergere maggiormente il frutto oltre ad una piacevole freschezza sul finale, dopo aver deglutito.
Attenzioni che fanno la differenza
Differenze che dipendono dall'altezza, dall'ampiezza in generale dalla forma della coppa. Differenze tutt'altro che minime, che in fase di degustazione professionale possono spostare anche 4/5 punti una valutazione su scala centesimale. Non è poco: vuol dire che un determinato vino assaggiato nel bicchiere sbagliato può essere molto penalizzato.
O ancora: un vino può ricevere un premio se bevuto nel bicchiere corretto, al contrario essere fortemente penalizzato in quello scorretto. Chiunque assaggi per lavoro sa che mediamente i bicchieri che si usano per le degustazioni professionali sono salvo rari casi sempre gli stessi, buoni per i vini bianchi come per i rossi: bicchieri erroneamente considerati universali, quando il concetto di universale, per il vino, è solo figlio di una (grande) idea di marketing.
Vieni a pensare di bere un Dolcetto (molto frutto, molta freschezza) nello stesso bicchiere di un Barolo (più note terziare, maggiore trama tannica)?
Ecco che quindi, ultimo anello della catena, oltre al tappo sarebbe interessante i produttori si focalizzerebbero anche sul bicchiere corretto per la tipologia che vogliono maggiormente valorizzare.
Un processo che coinvolge tutta la filiera e in particolare la ristorazione: diverse tipologie di bicchieri sono sulla carta anche sinonimo di maggiore apprezzamento, cosa che molto pragmaticamente ha un impatto anche sui fatturati: il giusto vino nel giusto bicchiere (è provato) viene bevuto più velocemente. E quindi se ne vende di più.
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