«I giovani hanno un solo dovere. Invecchiare al più presto»: lo diceva cent'anni fa Benedetto Croce, e lui non aveva nemmeno i social per trovare conferma ogni giorno di quella grande verità.

Non aveva una timeline piena di giovani volenterosi e pieni di buone intenzioni riguardo ai pronomi o al bullismo o al patriarcato per poi scoprire, a distanza di un post, che essi erano convinti che senza ddl Zan fosse legale menare i bambini disabili o che fosse una forma di bullismo patriarcale (anche bianco, abbondiamo) tentare di spiegargli che il codice penale esiste da prima che decidessero di contribuire al dibattito.

Quel post sarà a sua volta seguito da ulteriori interventi in cui si indigneranno perché “nessuno ci ha mai detto” nozioni basilari di politica, biologia, economia e cultura popolare ma contemporaneamente apponendo innumerevoli like a Fedez (Fedez è la sintesi perfetta del Giovane Volenteroso che poi si rivela inadatto anche a attraversare la strada se non può emettere fattura, e almeno lui ha quella scusa).

Il dovere dei vecchi

LaPresse

Ma nemmeno Benedetto Croce poteva prevedere che nel 2021 anche l’anagrafe, come tutto il resto, sarebbe divenuta pura percezione e che oggi anche i vecchi hanno un solo dovere: non tentare di fare i giovani, nella vita e soprattutto sui social, se ancora esiste una differenza tra i due piani.

Se ne sarà accorto questa settimana Carlo Calenda, ancora una volta finito in uno di quei disastri ferroviari che travolgono ogni adulto che decida sia una buona idea cercare l’engagement con le future generazioni senza considerare che i giovani del ventunesimo secolo sono permalosissimi come Guardie rosse, prontissimi a gridare all’oltraggio e felicissimi di vendicare ogni sgarbo nella maniera più plateale possibile (sono cresciuti con Le Iene e Report e seguono isterici account “di denuncia” su Instagram, è normale che poi diventino paranoici).

Anche Calenda è permalosissimo, come sa bene chiunque se lo trovi ogni trenta secondi nella sua timeline a polemizzare e a puntualizzare. È anche Supergiovane, con le sue magliette spiritose (indimenticabile quella pre-elettorale con la scritta “Piuma o Féro”), i suoi videomessaggi agli influencer anche meno presentabili tipo Damiano Er Faina, chiunque esso sia, e i suoi selfie in costume da bagno.

Sarà per questo che lo scorso settembre corse a difendere un suo coetaneo spirituale, l’attivista politico mezzo calendiano mezzo renziano Roman Pastore, ventenne di buona famiglia messo in croce perché ci teneva molto a mostrare il Rolex al polso nelle foto della campagna elettorale (era un Audemars Piguet, ma che populista sei se conosci certe finezze?).

Furono giorni di vibrante sdegno e alate parole e enorme quantità di tempo libero da parte di tutte le fazioni: Calenda che gridava “Vergognatevi”, quelli senza orologio di lusso che urlavano ai “valori genuini”, Pastore che – nella migliore tradizione della Generazione Z – la buttava sul ricatto emotivo (era un lascito del padre scomparso) invece di argomentare a ragione che lui è pur cresciuto in un’epoca nella quale se non ti fai selfie aspirazionali o semplicemente cafoni non sei nemmeno sicuro di esistere davvero, che tu sia buttafuori di una discoteca o futuro leader riformista e fotogenico.

Il misfatto

«Non si giudicano le persone sulla base di che orologio portano», solidarizzò Calenda. Salvo, una settimana dopo, mostrare una crepa nella facciata e far trapelare la sua vera età, cazziando Pastore per l’“orrendo pataccone” sempre in primo piano e invitandolo a muovere il culo per procacciarsi voti, come ogni quasi-cinquantenne che si rispetti.

Quella crepa nella facciata si è squarciata questa settimana, quando Roman Pastore ha improvvisamente denunziato al mondo il peggior misfatto che si possa perpetrare nei confronti di un ventenne contemporaneo, persino più grave che consigliargli di farsi meno foto e andare a lavorare: Carlo Calenda l’ha bloccato su Twitter e WhatsApp, pare a causa di certe dichiarazioni pro-Renzi del ragazzo.

Non il massimo per smentire la fama di uno che se le lega tutte al dito, ma almeno un segnale incoraggiante per noi fan dei politici d’antan, quelli che erano troppo impegnati a lavorare per difendere i piccoli fan dall’accusa di orologismo su Ttwitter.

Quando quello stesso giorno Calenda è apparso in tv e subito gli hanno chiesto le ragioni del blocco ci siamo ulteriormente ringalluzziti: ha risposto che forse sarà stato il suo team social, ma soprattutto che non gliene frega niente di queste “idiozie”, ma se ci tiene tanto manderà dei fiori a Pastore, e comunque si è rotto le palle e inizierà a selezionare quale idiozia commentare e quale no.

Finalmente, abbiamo pensato tutti noi che in fondo sappiamo quanto Calenda sia molto meglio dei suoi account. Finalmente siamo sicuri che non risponderà più a ogni scemenza del web o ai giovani che contano follower e cuoricini come Pastore, che è naturalmente corso a dichiarare alle agenzie di stampa che i fiori non erano ancora arrivati.

Era un sogno

Magari Calenda non indosserà più neanche le t-shirt goliardiche, magari bloccherà anche Er Faina e i suoi amici!, abbiamo sognato a occhi aperti.

Appunto, abbiamo sognato. Qualche ora dopo Calenda o il suo team hanno sbloccato Pastore. Ma forse c’è ancora speranza, visto che non hanno ancora ripreso a seguirlo su Twitter (mi odio perché sono andato a controllare, come un ventenne). Pastore però ha ricominciato a fargli i retweet per complimentargli l’ingresso nei Riformisti europei (passivo-aggressivo, da bravo futuro segretario di partito). Sono esperienze che fanno male, ma che fanno crescere.

Oltretutto in quelle stesse ore si scopriva che Fedez aveva acquistato il dominio internet “FedezElezioni2023”. Sarà sicuramente una strategia per venderci qualche altra cinesata, ma nel caso si butti ufficialmente in politica ho una buona notizia per Roman Pastore: finalmente potrà sostenere un leader che non lo bloccherà mai e anzi gli risponderà con video ficcanti su Instagram per far girare l’engagement. E forse gli regala pure l’orologio nuovo: non sarà un Audemars Piguet vintage, né un Rolex, ma in fondo pure un Chiara Ferragni Watch nuovo di zecca fa la sua porca figura.

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