- Il film di Greta Gerwig è la fiera del politicamente corretto e dei prodotti da smerciare, un’inflazione di rosa, letterale e metaforico: che noia la retorica modaiola sulla bambola-icona.
- Il sodalizio produttivo Mattel + Warner Bros. (100 milioni di dollari il budget di partenza) ha alimentato una delle campagne di lancio più martellanti dei tempi recenti: meme generati dai trailer in proliferazione esponenziale e l’hashtag #Barbiecore in pole position su TikTok per mesi e mesi.
- Nell’utopia post-femminista (o pre-femminista?) di Barbie Land le femmine sono dotate di soldi, macchina e casa propria, potere e carriera. I Ken (i maschi si chiamano tutti Ken tranne Alan, che la Mattel aveva commercializzato senza guardaroba perché “gli stavano” i completini di Ken) fanno solo contorno e colore.
Sulle confezioni delle Barbie la dicitura è d’obbligo: rischio di asfissia. Vale per tutti i giocattoli con piccoli elementi staccabili, e di norma è in inglese: risk of asphyxiation. L’avvertenza andrebbe estesa al film che da oggi, 20 luglio, invade gli schermi di mezzo pianeta, il Barbie di Greta Gerwig, o meglio di Margot Robbie, che ha promosso l’impresa e imposto GG come sceneggiatrice e regista. Puoi restare asfissiato dall’implacabile tonalità rosa del film, letterale e metaforica: vo



