Nell'anno della platea vuota dell'Ariston vale la pena ricordare che il pubblico di Sanremo è stato un animale unico, diverso da tutti gli altri, difficilmente sostituibile da figuranti come avrebbe voluto il pratico Amadeus.
Nel 1955 con l'arrivo della tv i tavolini spariscono. Restano: il casinò, il profumo del gioco d'azzardo, le vetrate liberty, lo smoking, gli abiti da sera. Un'idea di lusso pacchiano messo in satira dai cummenda delle commedie italiane.
L'era dei social ci consegna una complicità tra palco, platea e pubblico a casa che non c'era mai stata. O forse, sentirsi più intelligenti dei cravattoni seduti all'Ariston era un vezzo.
Dario Fo buonanima il festival di Sanremo lo odiava. Nel 1969 venne in treno con Franca Rame e gli attori della Grande pantomima di bandiere e pupazzi a fare un Controfestival. Con le canzonette «Il padrone cerca di imporre dei falsi miti», stava scritto nel volantino firmato dal Pci di Imperia. A differenza di tanti (quasi tutti), non cambiò mai idea: «Mi fa un po' pena, è tutto finto, a cominciare dal pubblico ingessato in platea» commentava quarant'anni dopo. Nel cast quella volta c'erano Bo



