Lo so che è un gioco facile piangere il mancato “bonus psicologo” nella manovra economica, così necessario in un frangente di storica fragilità emotiva e mentale, mobilitando la costernazione per il fatto che il “bonus rubinetti” è stato, invece, confermato.

Le due cose, a uno sguardo attento, non sono davvero collegate. Ma resta il fatto che la coincidenza riverbera simbolicamente in una gerarchia di priorità che ha molto a che vedere con la più dannosa mitologia maschile: il pratico che vince sullo spirituale, aggiustare i tubi per non pensare al cervello, l’idraulica e l’immortalità dell’anima.

A questo pensavo, mentre scrivevo il pezzo di questa settimana, che trovate qui su Domani online e sabato, come di consueto, in edicola.

Marcel Duchamp, Fontana, 1917, fotografia di Alfred Stieglitz (Wikipedia)

Ho la fortuna rarissima, quando ragiono di disequilibri di genere, di poterne chiacchierare con la più brillante intellettuale che se ne occupa da militante politica, narratrice indimenticabile e, addirittura, erudita teologa: Michela Murgia.

Ebbene, quando le ho detto che volevo scrivere di come gli uomini si educano a misurare il proprio valore nella capacità di sostituire un rubinetto invece che in quella di chiedere aiuto per una ferita della psiche o di spiegare con parole giuste cosa provano, Michela, nel sole incongruo di questo gennaio d’apocalisse, mi ha aiutato a capire come il classico paradigma delle “faccende di casa” si articoli su binari maschio/femmina anche quando in casa, di maschi, non ce ne sono.

Mi ha raccontato che negli anni in cui viveva a Torino incappava continuamente in annunci che offrivano piccoli lavori pratici (aggiustare cassetti, sistemare lampadine e impianti elettrici, sostituire un rubinetto appunto) ma, invece di indicare capacità e talenti degli inserzionisti, promettevano un onnicomprensivo «uomo in affitto».

Non c’è neanche bisogno di spiegare quali siano i compiti dell’uomo, né aggiungere altro alla virilità in sé che lo qualifica a svolgerli. Abbiamo riso molto pensando all’uomo in affitto. Ma ora egli trasfigura in un monito più inquietante. 

Mentre infatti metto insieme il testo di questa newsletter, a sera tardi, e mando il pdf dell’articolo pronto a Michela, lei risponde su WhatsApp con un brano di tragedia di cui fornisco qui screenshot. A quanto pare il titolare del marchio «uomo in affitto», vedendosi copiato da un concorrente, si è lanciato in un’aggressione criminale dando alle fiamme il suo furgone.

Il fattaccio fa rima d’altronde con le strane cose cui il ragionamento su psicologi mancati e rubinetti promessi mi ha condotto: violenza, crudeltà, sadismo – e dunque: i Cenobiti di Hellraiser, film culto del 1987, il vicino cattivo del bambino di Toy Story, le tavole anatomiche di Leonardo e di Vesalio che nel Rinascimento esplodevano le anatomie.

Come al solito non faccio ulteriori spoiler, perché mi auguro che avrete modo e tempo di leggere l’articolo vero e proprio, e magari scrivermi per dirmi cosa ne pensate. Ma una cosa mi pare importante ribadirla anche in questo più aereo e immediato spazio. 

Da bambino raramente mi si lodava per l’introspezione, per la capacità di esprimere panorami emotivi o anche solo chiedere aiuto quando non mi sentivo felice.

Ero bravo invece quando svitavo la base del tappo della vasca perché raggiungesse il meccanismo che lo solleva tirando la levetta, quando infilavo uno stuzzicadenti nel cavo del tasto rotto della televisione per cambiare canale, quando risolvevo cose di computer.

Ancora oggi pochissime soddisfazioni sono più autentiche per me di quelle che mi procura sistemare da solo (magari guardando un tutorial su YouTube) un problema dell’automobile, sollevando il cofano e tutto, come mi pare che mio padre, Tony Stark e Clint Eastwood siano sempre stati capaci di fare, senza che nessuno glielo insegnasse.

Che bello sarebbe se, al contrario, trovassimo creativi e ingegnosi i bambini quando illustrano con precisione ciò che provano invece che quando sezionano le suppellettili o risolvono un rompicapo. E se ci complimentassimo coi ragazzi quando mostrano di conoscersi a fondo, con gli uomini quando esercitano autocontrollo e autoscopia. Ci servirebbe di meno il “bonus psicologo”, che invece, per ora, è davvero urgente.

Dal profilo Instagram di Matteo Botto (@teo.botto)

Per fortuna, a spingerci più in là lungo il filo teso tra rubinetti e salute mentale, ci sono giovani che studiano, lavorano e militano nell’ambito del femminismo intersezionale. Uno di loro, che mi ha colpito su Instagram per la chiarezza e la varietà delle sue informatissime divulgazioni, si chiama Matteo Botto e sta facendo ricerca, con gli strumenti della sociologia, su una comunità poco nota eppure enorme e tentacolare: quella dei misogini antifemministi incel che, su internet, si radunano sotto l’egida della cosiddetta ideologia Red Pill.

A differenza delle varie sigle-spauracchio che genitori e altri boomer si scambiano con terrore nelle loro chat di Facebook per proteggere la prole da fantomatiche sfide telematiche, giochi rischiosi e inesistenti “teorie gender”, quelle che Matteo Botto esamina ed esplora sono vere, attive e diffuse in tutto il mondo: da Mgtow (Men going their own way) a Mra (Men’s rights activists). Il loro linguaggio è un idioletto complesso, da decifrare, che corrisponde a una teoria della realtà sospesa tra odio e complotto. Non solo contro le donne, ma anche contro ciò che è percepito come femminile nei corpi e nelle menti di chi donna non è affatto – come i soyboy, categoria che non conoscevo prima di leggere Matteo e cui ora sospetto di essere parte.

L’articolo di Matteo Botto, che trovate qui su Domani, offre una panoramica su queste “manosphere” che radicalizzano ragazzi davvero pronti a tutto per confermare il delirio antifemminista su cui elucubrano ossessivamente online: persino a uccidere, come è successo a Isla Vista nel 2014 e in Oregon nel 2018.

Addentrarsi nella selva di simili tribù e clan interrelati, in un rizoma multilingue di maschilità tossica, è necessario ma rischioso, e sono dunque assai grato a questo giovane sociologo per il suo impegno accademico e politico, nonché per essersi esposto regalando a chi legge Cose da Maschi un prontuario di termini, fatti e consigli (tra cui quello a seguire il lavoro di Virgin & Martyr) per non lasciare che, in un vuoto educativo, proliferino le gramigne nefaste della misoginia omosociale maschile.

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