- Black Mirror è il titolo che, più e meglio di tutti, ha operato per colmare il vuoto tra la distopia di prima, che ha cambiato il nostro modo di vedere il mondo, e le nostre vite dentro gli smartphone e i social di oggi
- Nella sesta stagione Black Mirror forse smette di essere Black Mirror, e non è detto che sia un male. Una stagione in cui, immagino io, forse Brooker s’è detto: «Questa cosa della distopia è sfuggita di mano»
- E forse è perché siamo arrivati finalmente (o disgraziatamente) al punto: la realtà supera la fantasia. Anche le più oscure fantasie di Charlie Brooker.
Una volta si chiamava Videodrome. E anche Non si uccidono così anche i cavalli?, La fuga di Logan, L’implacabile, Stalker, Brazil, Atto di forza, Strange Days, The Truman Show, eccetera eccetera, continuate voi. Oggi si chiama distopia. O anche, in due parole: Black Mirror. La serie di Charlie Brooker – nata sulla rete inglese pubblica Channel 4, poi passata alla multinazionale dello streaming più nota come Netflix – è l’anello mancante tra la distopia “before it was cool” e la distopia come la



