Confesso subito i miei due peccati originali. Sono un radical chic che non ha visto arrivare l’armocromia (fino ad oggi non la conoscevo) e stimo Elly Schlein. Perché la conosco. Lavoro nei libri e da lì, come sempre, parto. Vedo che c’è un libro di Rossella Migliaccio. Armocromia che ha venduto 80mila copie, molte, da Vallardi.

Cos’è? Si tratta di trasformare la propria vita partendo dai colori. Vasto programma.

Come le tempere sulla tavolozza di un grande pittore, anche la nostra pelle ha bisogno degli abbinamenti giusti per risplendere. Ma come fare a orientarsi? Come capire quali sono i colori giusti per noi? Il segreto c’è, è il metodo per identificare la nostra tavolozza di colori personale, scoprire le sfumature che ci valorizzano e imparare a far risaltare il nostro fascino e la nostra unicità.

Conoscere il linguaggio segreto dei colori può cambiarci la vita, rendendoci più sicuri, più belli e, di conseguenza, più felici. È una roba che viene dall’America, molto praticata sui social. In realtà, una tassonomia piuttosto semplice che abbina i colori del corpo a quelli degli abiti. Roba da prima elementare della semiotica dei colori.

Poi c’è Elly Schlein.

Elly Schlein ha fatto alla politica quello che i Måneskin hanno fatto alla musica italiana. L’ha svecchiata, demascolinizzata e proiettata in un agone internazionale. Così inizia l’intervista di cui tutti parlano che Schlein ha concesso a Federico Chiara per Vogue Italia. (E non alla rinascente Unità). È un’intervista lunga e articolata in cui Elly tratta tutti i temi importanti del suo mandato politico.

Poi a una domanda sul power dressing risponde, con una riga, «a volte sono anticonvenzionale, altre volte più formale. In generale dico sì ai colori e ai consigli di un’armocromista, Enrica Chicchio». Armocromista? Già a me guardano strano quando dico che di mestiere faccio l’editore e di formazione sono semiologo.

Si scatena allora il dibattito sull’armocromia e la sinistra. D’altronde siamo il paese che ha dato il meglio di sé nella commedia, all’italiana appunto, da Risi e Monicelli ai Vanzina. Sincretismo piuttosto junghiano anche il fatto che ciò avvenga mentre nei deserti cinema italiani si proietta Il sole dell’avvenire di Nanni Moretti. Un film che racconta un Partito comunista che non è mai esistito.

Dico la mia. Ammettere di ricevere consigli da chi ne sa più di noi è una cosa che mi piace. È come se Elly ci dicesse: sono sottoposta allo sguardo degli altri. E lo temo. Come tutti. E so benissimo che come mi vesto è una delle scelte importanti per definire la mia identità. In particolare ora che ho un ruolo pubblico in primo piano (su questo tema ha scritto un libro fondamentale che vi consiglio uno che se ne intende come Andrea Batilla: Come ti vesti. Cosa si nasconde dietro gli abiti che indossi, Mondadori).

E come tutti non sono nata imparata. Questa non è roba radical chic, né Ztl. E dai pressi del Pd è un messaggio niente male. Schlein è andata a suonare, male come tutti, Imagineda Cattelan. Schlein è sintonizzata con la sua generazione che sui social armeggia anche con l’armocromia. E i colori sono una cosa diversa dal lusso. Schlein vuole parlare anche a gente non interessata alla politica, magari più giovane della media dei votanti italiani, magari a quelli che l’hanno votata alle primarie. I giovani e anche le sciure, eccitate finalmente dal poter scegliere come leader una donna.

Ricordo che la premier finlandese Sanna Marin fu criticata perché partecipava a una festa. Intanto portava la Finlandia dentro la Nato. Come tutti anche lei ama divertirsi. Anche l’ex premier neozelandese Jacinda Ardern dimettendosi ha rivendicato il proprio diritto ad avere una vita. Come tutti. Avere e occuparsi di figli. Anche solo riposare. Tutte donne, della generazione Schlein che hanno dimostrato di avere leadership. (Anche Giorgia Meloni ha fatto festa, scegliendo oltretutto il compleanno di Matteo Salvini).

Ma il punto è che divertirsi piace a tutti. E l’intrattenimento è la bestia nera, fa ancora impazzire, come i libri di Fabio Volo le professoresse democratiche, i sacerdoti e le beghine del catto-comunismo. Schlein dice anche che la sera cerca di decomprimere guardando una serie tv oppure giocando alla PlayStation.

Ma veniamo al nodo vero. Lo scandalo è che Schlein abbia dato la sua prima lunga intervista politica a un giornale di moda. Quindi letto soprattutto da donne e da omosessuali. Roland Barthes ha scritto e descritto Il sistema della modapiù di sessant’anni fa. Invano. Sono d’accordo con quanto Andrea Batilla ha scritto nel suo seguitissimo profilo Instagram.

«Per quanto questa operazione sia buona e giusta e i suoi detrattori siano patetici maschi bianchi, le immagini avrebbero però potuto avere una forza diversa, più esplosiva, se fossero state create con più coraggio. Il medium è giusto, il contenuto visivo invece è debole e dimostra che su questo linguaggio Schlein ha ancora da imparare. Eppure questo servizio è qualcosa di nuovo, di radicale. Vogue è un simbolo del capitalismo ma è anche seguitissimo da un pubblico giovane. Schlein naviga le contraddizioni e non ne ha paura. Esattamente quello che ci si aspetta da una leader che si è tanto, tanto annoiata di uomini in doppiopetto grigio e donne coi capelli troppi biondi». E completi Armani blu, facili da scegliere, ma un po’ sdati.

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