[…] In Italia, coerentemente con quanto è accaduto in molti Paesi del mondo occidentale, la fiducia nelle istituzioni è stata in grande declino per decenni. Le uniche istituzioni che, prima della pandemia, nel nostro Paese hanno continuato a «tenere» sono alcune di quelle di garanzia (principalmente il presidente della Repubblica e le forze dell’ordine), mentre quasi tutte le altre (non solo quelle politiche, ma anche la magistratura, i sindacati, l’Unione europea e perfino la chiesa cattolica) hanno visto erodere in maniera considerevole la quota di cittadini disposti a dar loro fiducia.

L’esplodere dell’emergenza-Covid ha interrotto questo declino, che pareva inarrestabile, promuovendo, anzi, un aumento della fiducia nelle istituzioni nazionali. Questo è successo non solo in Italia, ma anche nelle altre nazioni che costituiscono il «nocciolo duro» dell’Ue, in cui la bassa fiducia iniziale faceva sì che ci fossero grandi margini di miglioramento.

Ma mutamenti analoghi sono avvenuti perfino in Paesi come la Svezia, caratterizzati da un rapporto fra cittadini e istituzioni decisamente più facile e meno conflittuale di quello che caratterizza il nostro Paese, al punto che sarebbe stato difficile poter immaginare che la fiducia dei cittadini potesse avere ulteriori margini di crescita.

Perdita di controllo

[…] Ma a che cosa è dovuto questo aumento di fiducia? Principalmente al fatto che gli choc esogeni cambiano le persone e le società. Da un lato, fanno aumentare i livelli di incertezza e di paura esistenziale, dall’altro, portano alla riduzione della sicurezza, sia effettiva che percepita.

L’esito di tutto ciò è una radicale diminuzione del senso di controllo che le persone sentono di poter esercitare sulla loro esistenza, che le fa sentire in balia di un mondo incomprensibile e imprevedibile.

Sentirsi in grado di esercitare un grado realistico di controllo sulla propria vita e sul proprio mondo è un potente fattore di benessere per le persone, al punto che, nelle occasioni in cui ciò non accade, si tende a ricorrere a processi di controllo compensatorio, affidandosi ad agenzie esterne che si spera possano restituire ordine, prevedibilità e controllo al mondo.

Ad esempio, molte ricerche mostrano che nelle situazioni di crisi le persone tendono a valutare in maniera particolarmente favorevole le politiche mirate a perseguire legge e ordine e tendono ad aumentare la loro propensione a convertirsi, principalmente alle fedi rigide e dogmatiche. 

In quest’ottica, l’aumento della fiducia nelle istituzioni verificatosi fra il 2019 e l’esplodere della pandemia è assolutamente comprensibile: sentendo venire meno il controllo che sentiva di riuscire a esercitare direttamente sul mondo, l’opinione pubblica ha tentato di trovare controllo e sicurezza all’esterno, cercandoli nelle agenzie esplicitamente deputate a promuoverli.

Non stupisce, dunque, che fra il pre-pandemia e l’epoca del primo lockdown sia aumentata la fiducia nelle istituzioni nazionali, ossia quelle all’epoca più direttamente titolate ad affrontare la gestione della pandemia, mentre un analogo aumento non si sia verificato per quel che concerne la fiducia nelle istituzioni internazionali (Nazioni Unite e Unione europea), meno titolate ad agire e a indirizzare le politiche di fronteggiamento dell’emergenza, almeno nelle prime fasi dell’emergenza.

Effetti limitati

[…] Ma gli effetti «rally ‘round the flag» hanno durata limitata: dopo alcuni mesi (fra 6 e 12, generalmente) in cui ci si stringe a coorte, le antiche preferenze e identificazioni sociali, culturali, economiche e politiche tendono a tornare salienti e rilevanti, le opposizioni tornano a fare valere le loro istanze e i mass media mainstream sottraggono il loro sostegno incondizionato alle decisioni prese per affrontare la crisi.

Ne consegue che la fiducia nelle istituzioni prima smette di crescere e poi comincia a declinare. [Così] anche nell’Italia del Covid, quando la pandemia da acuta è diventata cronica, il trend crescente di fiducia nelle istituzioni prima si è fermato e poi si è invertito.

I nostri dati mostrano che, a seguito del picco di aprile 2020, già a ottobre 2020 la fiducia nelle istituzioni era più bassa rispetto al pre-pandemia e che ad aprile 2021 essa era ancora calata. Questo calo testimonia che la «luna di miele» è finita, che il credito inizialmente quasi illimitato accordato dai cittadini alle istituzioni è terminato e che pertanto, da questo punto di vista, la ricostruzione si trova oggi ad affrontare difficoltà semplicemente inimmaginabili qualche mese fa.

Lo fa evidentemente pensare la quota di persone che rifiutano il vaccino contro il Covid, sviluppato a tempo di record con uno sforzo che non ha uguali nella medicina e con una sinergia fra case farmaceutiche e istituzioni pubbliche senza precedenti. 

La ricerca internazionale mostra che le persone contrarie al vaccino si caratterizzano per un’elevata sfiducia nelle istituzioni governative e, più in generale, politiche, che tracima nella sfiducia nei confronti di una pletora di altre istituzioni, dal sistema sanitario alla medicina, dagli esperti agli scienziati.

Queste persone tendono inoltre a credere a una cospirazione alla base del Covid e a costruire le proprie opinioni sul virus basandosi sui social media e sul confronto sistematico con interlocutori che hanno opinioni e credenze simili alle loro.

Oscuro desiderio

[…] È questa la base per introdurre il secondo rilevante cambiamento dell’opinione pubblica che abbiamo registrato in questi mesi e che potrà contribuire alla direzione che assumerà la ricostruzione nei prossimi tempi.

Si tratta di un mutamento che ha una faccia molto più oscura e meno rassicurante del primo, legata alla spinta ad affidarsi a un’agenzia esterna di controllo compensatorio di tutt’altra natura rispetto alle istituzioni repubblicane: un governo antidemocratico, basato su un leader forte che governa disinteressandosi di libere elezioni e dei pesi e contrappesi tipici degli Stati liberali, o addirittura gestito da militari. 

Fortunatamente, tale desiderio non è (ancora?) molto diffuso nella nostra opinione pubblica. Ma sono allarmanti le analisi che mostrano da che cosa esso deriva: principalmente dall’insoddisfazione per come le istituzioni hanno gestito, dal punto di vista economico e sanitario, la reazione alla pandemia. E tale insoddisfazione, a sua volta, è tipica delle persone che in questi mesi si sono sentite minacciate. 

Manifestano più insoddisfazione per la gestione della pandemia e più antidemocrazia, infatti, da un lato le persone che si sono ammalate di Covid o che hanno nella propria rete sociale persone cui è successo e dall’altro quelle che si sentono in difficoltà dal punto di vista economico. 

Sono effetti sicuramente dovuti alla pandemia: contano, infatti, solo la preoccupazione economica e le preferenze politiche misurate in piena pandemia, mentre quelle misurata nel prima del Covid non influenzano il desiderio di un governo antidemocratico. 

Il fatto che siano molte le persone in queste condizioni è abbastanza inquietante per quel che concerne la forma che assumeranno le richieste di una parte dell’opinione pubblica nei prossimi mesi.

© Riproduzione riservata