Abbiamo una cornice per inquadrare la politica dello stile mascolino, e soprattutto quella dell’uso del “corpo del capo-branco”, emersi nelle ultime settimane della guerra in corso. Si sta parlando ovviamente dei due rispettivi leader e commander in campo, e in particolare dell’inquietante apparizione di Putin allo stadio di Mosca di qualche giorno fa e del ben più eclatante numero messo in scena da Zelensky da settimane (e conservato in toto sul suo monocromo profilo Instagram).

La cornice è quella della puntualissima mostra Fashioning masculinities. The art of menswear aperta al V&A Museum di Londra fino al 9 Novembre 2022. È condita da un catalogo che traccia il percorso che dall’estravaganza e dalla totale ampiezza del vestire maschile (esaminato in particolare dal Cinquecento fino alla fine dell’Ottocento; compresi colori estremi, decorazioni floreali, merletti, gioielli, calzari a tacco alto, ecc, anche nelle uniformi militari) finisce per franare e annullarsi nell’uniforme borghese del secolo scorso e nel grigiore da whitecollar, tutt’ora imperante, nonostante tutto.  

Per approdare infine all’attuale riapertura che sia la moda “alta” che quella di strada offrono alla rappresentazione grandiosa di sé soprattutto nello streetwear urbano. Il percorso è tempestato di grandi dipinti, abiti da collezione, reliquie e pezzi di moda contemporanea dagli anni Cinquanta in poi.

Una moda oscurata

Le tensioni tra rappresentazioni di genere e oppressioni politiche/sociali/razziali sono al centro dell’operazione. Citiamo solo due passi dai vari saggi che fanno da tensostruttura alla mostra. Il primo, inevitabile, è un pensiero (d’apertura) di Alessandro Michele, il direttore creativo di Gucci ormai entrato nei libri di storia contemporanea.

«In una società patriarcale, l’identità di genere maschile è spesso formata da modelli tossici. Un modello oppressivo, dominante e vincente è imposto ai bambini fino dalla nascita.. È dunque necessario suggerire una defezione, lontano dai piani e dalle uniformi patriarcali. Decostruendo così l’idea di mascolinità così come è stata storicamente stabilita. Aprendo la gabbia».

Chiude le dissertazioni Gus Casely-Hayford. «La moda – conclude – ha offerto una finestra per fare uscire fuori i nostri sogni e le nostre fantasie; è stata anche utilizzata per offrirci copertura e camuffamento. È stata ed è ancora un potente strumento sia per incoraggiare il conformismo sia per esprimere la propria individualità. Ma non dimentichiamo che una parte essenziale della storia della moda maschile è stata oscurata in favore del mantenimento di molte delle più potenti diseguaglianze di classe, genere, razza e geografia». 

A petto nudo

È dentro questa inquadratura che vanno lette per prima cosa le performance sia a petto nudo sia quelle sportive del dittatore Vladimir che da almeno vent’anni (esilaranti quelle in mezzo al fiume per la pesca, le gare di judo, l’acquascooter, ovviamente la caccia) lo hanno trasfigurato da macho a macabra macchietta.

E hanno generato qualche anno fa la sarcastica gara virale intorno al mostrarsi a petto nudo – #PutinShirtlessChallenge – inizialmente vinta dall’arcinemico Pavel Durov, l’inventore di Telegram (principale, straordinario strumento di guerra contro il bruto), ora esule, e che spesso si è instagrammato seminudo, dal fisico scolpito ma esile – una volta si sarebbe detto “metrosessuale” – di certo antimachista.

Verde militare

Volodymyr Zelensky riceve una dose di AstraZeneca a inizio marzo 2021 (Ukrainian Presidential Press Office via AP)

La strada scelta da Zelensky è stata invece apparentemente più ruspante ma in realtà, più sottile. Il petto nudo e i muscoli li aveva comunque mostrati abbondantemente anche prima del conflitto (basti la foto della sua vaccinazione qualche mese fa).

L’uso dei social – e della moltiplicazione dei follower – gli era ben chiaro già da molti anni. Non dimentichiamo mai la sua padronanza del mestiere: basti pensare che la sua serie tv Servo della gente, dove impersonava un insegnante che diventata primo ministro sconfiggendo oligarchi e ingiustizie, è diventata poi di fatto il nome del suo partito, risultato vincitore nella realtà (alla Black mirror, e oltre le stesse origini tecniche del fenomeno Forza Italia). 

Con mossa secca, Volodymyr ha optato per un’uniforme dentro l’uniforme, per una scelta popolare e umana, che fa scattare un desiderio preciso: la t-shirt verde militare a maniche corte, pur con meno 2 gradi fuori di casa. 

Appaiono stemmi differenti qui e là (militari, ufficiali, statali ovviamente), ma essenzialmente la maglietta è no-branded. Cambiano i materiali e di conseguenza l’aderenza al fisico. In quest’ultima versione è apparso al Bundestag la scorsa settimana. 

Estetiche a confronto

Volodymyr Zelenskyy a Kievi, in una foto del 21 marzo 2022 (Ukrainian Presidential Press Office via AP)

Non dimentichiamo che la scoperta di una specifica apparizione tv di anni prima di un Zelensky ballerino in tacco a spillo 12, tanto svillaneggiata, è invece la prova di una sensibilità avanzata nei confronti delle aperture globali della mascolinità all’inedito e all’esplorazione a 360 gradi dell’idea di genere e della sua messa in pratica.

Rispetto al corpo – giovane, aperto, tranquillo, forte, mai stanco in viso – di Volodomyr, Putin è una figura dall’estestica maschile in affanno, ormai. L’uscita da rockstar attempata allo stadio per celebrare l’anniversario dell’annessione della Crimea, in un tripudio rossoblu involontariamente yankee e trumpiano, è stata un disastro simbolico.

Sopra al maglione a collo alto di cashmire, spiccava l’ormai celebre parka Loro Piana (“acquistato nel 2003, dal valore equivalente a un milione e mezzo di rubli, cifra stellare per il russo medio” precisa l’Huff Post, e Loro Piana subito ha addirittura ufficialmente preso distanza dallo show).

Insomma, Putin si è presentato come un benestante signore di mezza età in vacanza a Madonna di Campiglio. Abbiamo quindi vigore rustico e totale controllo psicofisico da una parte e lotta contro l’afflosciamento, e contro la demenza e l’arteriosclerosi dall’altra (come giustamente legge il conflitto Franco Bido Berardi su Nero Not) ma che potrebbero proprio per questo generare delirii ipersonici e insensati, sia ben chiaro. E vendette contro il femminile, atroci.

Esilio

Qualche settimana fa, a Parigi, uno straordinario show AW22 di Balenciaga metteva in scena una bufera di neve, con le modelle che arrancando a fatica contro le forti raffiche portando coperte e sacchi della spazzatura (di pelle, in realtà), altre avanzavano con le scarpe in mano, e nessuno aveva dubbi sul fatto che si trattasse di una rappresentazione del presente, come il direttore creativo della maison Devna Gvasalia ha immediatamente chiarito, parlando anche di sé: «Conosco l’esilio, conosco questa sofferenza. A me la moda non importa in questo momento» ha detto Demna a fine sfilata.

«Ho deciso di andare avanti lo stesso con lo show per non soccombere al male che ha recato un dolore immenso nella mia vita. Questo è un poema per l’Ucraina, perché sia forte in questo momento».

Trent’anni fa, quando aveva 10 anni, Demna e la sua famiglia sono fuggiti dalla Georgia, dopo che i separatisti locali legati alla Russia reclamarono la terra e fecero fuori 5mila georgiani “puri” per questo. Niente è più profondo e pericoloso delle politiche del corpo e delle sue rappresentazioni, ripetiamolo ancora una volta.

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