L’esordiente venne fatto accomodare nell’ufficio dell’editore.
«Devo aggiungere ancora qualche nome ai ringraziamenti», premise l’esordiente.
L’editore fece un sorrisetto. «Sono già molto lunghi».
«Posso?».
«Certo che può. Se non ci fossero parenti, amici, mogli e mariti, più uno stuolo di editor, agenti e animaletti da compagnia, nessuno scrittore potrebbe portare a termine alcunché».
«Lei è molto comprensivo».

«È lei che è un genio e di conseguenza anche i suoi ringraziamenti saranno geniali. Spesso l’aspetto più inquietante dei ringraziamenti è lo scadimento della lingua. Il contributo dell’agente è sempre “prezioso”; l’editore ha avuto una “disponibilità generosa” e i suoi più stretti collaboratori sono stati “meravigliosi”; alla madre viene espresso “amore e gratitudine”; i nipotini sono “amati”; “un grazie di cuore” viene tributato a enti e istituti vari; infine, il cagnolino (il gatto, il pappagallo, il pesce rosso) è “adorato”».

«Anch’io ho messo tutte queste persone. Non me la sono proprio sentita di escludere chicchessia dalla lista dei miei creditori».

«Lo so! Ma lei è il nostro esordiente di punta, e le si perdona tutto.

Da aggiungere

A quel punto l’esordiente tirò fuori un fascio di fogli tenuti insieme da una spilletta e li poggiò sulla scrivania.

«E questo cosa sarebbe?», si stupì l’editore. «Ha già finito il suo secondo romanzo?».
«Ma no, sono solo i ringraziamenti da aggiungere».

L’editore sbiancò. «Sono le pagine dei ringraziamenti?».
«Sì, avevo lasciato fuori davvero troppe persone».

L’editore con mano tremante agguantò il plico e cominciò a sfogliarlo. «Ma davvero sente il bisogno di ringraziare tutti i compagni di scuola fino all’università?».

«Be’ ho condiviso con loro il mio percorso scolastico, sia con gli amici che con i nemici, sia coi secchioni che coi ripetenti… Senza la scuola non sarei mai arrivato a sedermi adesso su questa poltrona dinnanzi a lei…».
«Bisogna ringraziarli proprio uno per uno? Voglio dire, non si può sintetizzare in “compagni di scuola”?».
«Mi sentirei di non ricordarli con il dovuto rispetto».

«Immagino che ci saranno anche tutti i professori».
«Certo, è la lista che segue subito dopo. Anche qui non ho fatto preferenze, ho incluso tutti gli insegnanti, gli amati e i detestati, quelli delle materie in cui eccellevo e quelli delle materie in cui ero una schiappa, chi ha sopravvalutato e chi mi ha sottovalutato…».

Madonna e Kakà

L’editore interruppe l’esordiente con un colpetto di tosse. «Capisco, capisco. Quante cartelle sono in tutto?».

«Duecentodieci».

L’editore si tenne al tavolo come se improvvisamente avesse le traveggole. Impugnò una brocca di cristallo e si versò un po' d’acqua nel bicchiere.

«È impossibile che lei abbia scritto sul serio duecentodieci pagine di ringraziamenti. Voglio dire, è un sacco di gente. Anche volendo dubito che una vita sola basti a conoscere così tante persone».

L’esordiente fece un sorrisetto. «In effetti l’idea folle è stata includere nei ringraziamenti anche perfetti sconosciuti».

«Perfetti sconosciuti?».

«Sì, persone che senza saperlo mi hanno aiutato nel cammino e incentivato nel lavoro. Persone che inconsapevolmente mi hanno spronato e mi sono state di ispirazione. Gente comune, un attacchino, una cameriera del room service, un compro oro, un portiere di notte, un contadino della pianura padana, un controllore ferroviario, una hostess di linea, una operatrice di call center…».

«Vedo che ci sono anche molti vip, però. Madonna, Paolo Crepet, Ricardo Kaká».

«Non ne conosco neanche uno, ma sono stati importanti per la mia formazione. Non solo umana ma come scrittore».

«Madonna come l’avrebbe aiutata?».

«Spingendomi a credere nel mio talento. Ha presente la favola del brutto anatroccolo che si trasforma in cigno?».

«E Crepet?».

«Non ha mai ascoltato le sue frasette motivazionali in rete? E’ una bomba, è un antidepressivo gratuito per tutti».

«E Kaká?».

«Il suo stop a seguire per puntare la porta è una grande lezione di scrittura. Quando si scrive non bisogna temporeggiare, bisogna attaccare la pagina con grande velocità».

Io sono da cancellare

L’editore si massaggiò le tempie e, come una reazione di difesa a quei ringraziamenti infiniti, gli balenò nella mente la nota biografica che Francesco Biamonti aveva voluto per il Silenzio, il suo romanzo di commiato: «Io sono da cancellare. La mia vita non conta nulla; i miei natali non hanno importanza; il mio paese è insignificante. Si fa della letteratura perché non si è contenti della propria vita. Non credo alle biografie».

Certo, il paratesto, quello spazio che precede o segue il testo vero e proprio, nel corso dei decenni si era accresciuto di sempre nuovi capitoli. Colpa della debolezza dei romanzi, ma anche della volontà editoriale di rendere più appetibile l’oggetto libro, rimpinguandolo di apparati molto esornativi, se non del tutto inutili. C’era anche lo zampino dell’autore postmoderno, ormai ammalato di citazionismo, per il quale un’epigrafe contava più della storia che ne sarebbe seguita.

Più del romanzo

«Dunque, se lei conferma questi ringraziamenti, andremmo incontro a una situazione spiacevole», riprese l’editore, cercando di dominarsi.

«Per lei mi sono dilungato un po' troppo, non è vero?».

«Per carità, ognuno fa come gli pare. Il bon ton letterario, se è mai esistito, è stato mandato in soffitta da un pezzo. In linea generale, per me, la sobrietà figura meglio. Ma non è questo il punto».

«E allora quale sarebbe il punto?».

«Che il suo libro allo stato attuale consta di sole centottanta pagine, quindi si avrebbe il primo caso mondiale di romanzo più corto dei suoi ringraziamenti».

L’esordiente non fece una piega. «Ed è un male?».

«Non so quanto possa giovare all’equilibrio armonico del progetto».

«Potrei togliere le diciannove Fondazioni che a vario titolo mi hanno ospitato durante la stesura del romanzo, e relative persone citate, pari a ventisette».

«Credo non basterebbe».

«Potrei rinunciare alle trentadue persone ringraziate per il “prezioso sostegno”».

«Si dovrebbe tagliare ancora molto». 

«Potrei rinunciare anche alle cinquantuno che mi hanno dato “consigli azzeccatissimi”».

«Siamo bassi».  

L’esordiente s’illuminò. «Ho capito come risolverla».

«C’è una voce da abolire che comprende così tanta gente?».

«Non toglierò una sola persona dai ringraziamenti. Li legga tutti, per favore, si lasci trasportare dall’onda emotiva di un uomo felice, travolto dalla sua stessa gratitudine».

«Che cosa sta insinuando?».

«Che questi ringraziamenti sono meglio di flusso di coscienza, sono uno stream of consciousness del nostro tempo, sono un’opera d’arte pienamente autonoma, un capolavoro».

«E quindi?».

«Per salvare l’equilibrio armonico del progetto basterà invertire le parti. I ringraziamenti, più lunghi, prima. E il romanzo, per chi lo vorrà, dopo».

© Riproduzione riservata