Quando Il capitale dell’Antropocene (Einaudi, 2024) è stato pubblicato in Giappone, Karl Marx ha avuto un ritorno inaspettato, e il libro ha venduto oltre mezzo milione di copie. Tuttavia, il desiderio di una rivoluzione ecologica si è affievolito, portando a un tragico superamento dell’obiettivo di 1,5°C previsto dall’Accordo di Parigi per il 2024.

Oggi, però, sta accadendo qualcosa di totalmente inaspettato: il presidente degli Stati Uniti Donald Trump attraverso i suoi dazi sta attuando la “decrescita”. La storia si ripete, ma questa volta come “farsa”, per citare Marx.

I dazi del “Giorno della Liberazione” di Trump hanno causato un grande shock del capitalismo globale. Qual è la sua ratio? «A volte devi prendere una medicina per guarire», ha detto Trump. E la pillola è di quelle amare: la decrescita. Oren Cass, di American Compass, giustifica i dazi di Trump sostenendo che i decenni di delocalizzazione e deindustrializzazione in favore di una produzione a basso costo devono essere sostituiti da una reindustrializzazione.

Cass sostiene che gli americani dovrebbero essere disposti a pagare di più per tv “made in Usa” che «non saranno così grandi come altrimenti sarebbero state». È l’incontro tra Trump e la decrescita.

Ma cos’è la decrescita? Originariamente un progetto anticapitalista e di decolonizzazione e, in quanto tale, incompatibile con la politica economica trumpiana, ma sono necessarie delle precisazioni.

L’argomentazione di Cass a favore dei dazi mostra una certa risonanza con il concetto di decrescita. Perché sono necessari i dazi? Risponde: per rilocalizzare l’economia, creare posti di lavoro migliori all’interno degli Stati Uniti e ridurre il consumo eccessivo di beni a basso costo provenienti dalla Cina.

La fast fashion e le auto elettriche economiche sono dannose, la qualità della vita migliora quando questa è più locale, biologica e artigianale. I sostenitori MAGA lamentano giustamente che la finanziarizzazione e digitalizzazione di oggi avvantaggiano in modo sproporzionato una classe di oligarchi a New York e in California. Trump è una manifestazione patologica del desiderio di un cambiamento radicale contro tale ingiustizia.

Una patologia

È patologica perché la “decrescita” di Trump viene attuata all’interno del capitalismo. Il capitalismo della decrescita è un ossimoro. Inevitabilmente, crea più problemi di quanti ne risolva. I dazi di Trump colpiranno più duramente i poveri.

È inoltre irrazionale tagliare i finanziamenti agli istituti di ricerca se l’obiettivo è rafforzare le industrie nazionali. A Trump non interessa creare “green jobs” di qualità nei campi dei pannelli solari, delle reti elettriche e dei sistemi ferroviari ad alta velocità. E gli attacchi xenofobi contro gli immigrati compromettono il funzionamento dei lavori essenziali.

La cattiva politica

In breve, il “capitalismo della decrescita” di Trump è una “farsa” perché manca di politiche industriali e investimenti pubblici. Questa “decrescita per disastro” porterà al degrado economico e al declino industriale. Tuttavia, non ne consegue che la decrescita sia una cattiva politica in sé.

Per questo motivo sostengo il concetto di “comunismo della decrescita”. Invece di imporre dazi casuali, tagliare gli investimenti pubblici e agitare la xenofobia, si dovrebbe puntare a una “decrescita progettata” che si concentri su dazi a settori specifici e dannosi per la società e l’ambiente, come i beni di lusso e le sigarette.

Perché non vietare i jet privati e i Tesla Cybertruck invece di applicare dazi alle auto elettriche economiche cinesi? Oppure si potrebbero eliminare i sussidi ai combustibili fossili invece che a Usaid. È necessario finanziare nuove ricerche per le tecnologie verdi e investire nei sistemi di trasporto pubblico. Inoltre, la decrescita sostiene l’ampliamento del supporto ai lavoratori essenziali anche attraverso una maggiore tassazione dei ricchi e dei loro profitti finanziari.

I dazi

Ovviamente, una tale trasformazione non avverrà grazie ai dazi di Trump. Tuttavia, possono essere sfruttati come un’opportunità per favorire una nuova base economica, soprattutto nel Sud Globale.

La Grande Depressione del 1929 nei Paesi occidentali colpì duramente la struttura economica di base dei Paesi dell’America Latina, che esportavano prodotti primari verso l’Occidente e usavano il denaro per importare prodotti industriali. La crisi finanziaria portò a una diminuzione degli investimenti di capitale in America Latina. L’Occidente adottò politiche protezionistiche nel processo di ripresa economica, e i prodotti industriali importati cessarono di arrivare.

Come misura adottiva, l’America Latina iniziò a produrre autonomamente prodotti industriali, puntando all’indipendenza economica. Anche dopo la Seconda guerra mondiale, l’America Latina continuò con politiche commerciali protezionistiche, come alte barriere tariffarie e restrizioni alle importazioni, oltre a investimenti pubblici e guida del credito per sostenere l’industria nazionale.

Naturalmente, l’America Latina continua a soffrire dell’eredità di 500 anni di colonialismo. Tuttavia, offre una lezione per l’oggi. Trump sta usando i dazi per costringere i governi del Sud Globale ad accettare le richieste statunitensi. Si tratta di una vera e propria minaccia. È necessaria un’alleanza Sud-Sud per spostare la produzione dall’export verso il nucleo imperiale e costruire una nuova economia volta a soddisfare i bisogni umani e gli obiettivi di sviluppo nazionale. Se riuscita, potrebbe essere una vera decrescita ecosocialista e decoloniale.

Cosa dovrebbero fare gli altri Paesi del Nord Globale? Sostenere tale trasformazione. Può essere l’inizio di una modalità di vita solidale nell’era della crisi cronica del capitalismo.

Questo è il testo della Salvatore Veca Lecture che Kohei Saito terrà oggi 16 maggio alle ore 18.30 in Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

L’autore sarà anche: sabato 17 maggio, ore 14.30, Torino, Salone del Libro, Sala Azzurra, con Francesca Coin e il gruppo di lettura di Fridays For Future di Torino, e domenica 18 maggio, ore 18.30, Genova, Palazzo Ducale - Sala del Maggior Consiglio

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