Scrivo questa quarantacinquesima missiva a un’ora dall’uscita del libro che si è nutrito, negli ultimi diciotto mesi, di quel che è successo nelle nostre caselle postali intorno alle cose (tradizionalmente o sorprendentemente) da maschi, presso tutte le età e latitudini. Quando la riceverete, quel libro (eccolo!) sarà già ufficialmente in giro, e forse c’è tra voi chi ne prenderà in mano una copia prima di me – ho ancora un paio di lezioni da fare prima dello Spring Break, non atterrerò nelle vicinanze di una libreria italiana prima dell’11 marzo.

Come ho confessato a Mario Desiati – che con fraterna generosità ha conversato con me su Cose da maschi per un duetto che uscirà su L’Espresso – qualche timore, a dire la verità, mi attraversa, sebbene sia elettrizzato dall’imminente uscita. E se i troll che commentano sbeffeggianti sotto ai post della casa editrice convincessero chi legge (e in particolare i maschi più giovani, così difficili da coinvolgere quando si parla di loro) che questo libro è la solita predica? E se passassi per un integralista del ggiender postmoderno, che pretende di castrare la lingua e le narrazioni per imporre alla nazione una visione univoca del mondo attraverso l’imperialismo della sessualità?

Queste angoscette da accademico pusillanime si sono diradate, a dir la verità, domenica scorsa. In una diretta instagram di Staffetta Librai ho parlato di Cose da maschi in pubblico per la prima volta, con Ludovica Giuliani della libreria Notti Bianche di Vigevano e Andrea Geloni della libreria Nina di Pietrasanta. La generosità di questi librai libreschi, pieni di arguzia e di simpatia autentica, ha messo a tacere quel senso di solitudine che – ne abbiamo parlato in video – è un po’ tipico della condotta maschile.

Sulla solitudine, sulla difficoltà dei maschi a connettersi e a dialogare, abbiamo insistito anche con Claudio Nader, curatore di Osservatorio Maschile, nel corso di un’altra diretta instagram. E ho pensato che, in me, un tale distacco di genere è raddoppiato dal fatto di lanciare queste scritture di là dall’oceano, in regime di calorosa ma pur sempre digitale virtualità.

Per lenire ulteriormente una tale nube da lonesome cowboy senza prendere troppi aerei ho organizzato con Livia Senic-Matuglia (altra libraia formidabile) una presentazione qui negli Stati Uniti, a New York, nell’incredibile spazio della Rizzoli Bookstore che ha già disegnato gli inviti per il 7 aprile. Dialogherò con Eli Gottlieb, un grande scrittore americano che, avendo insegnato come lettore all’Università di Padova nel corso di una una delle sue molte vite, parla un fine, rarefatto italiano. Per chi tra voi abitasse in questi pizzi, ci si prenota qui.

A Roma invece, dove come ho detto atterro tra una settimana, la prima presentazione si farà al Libraccio di via Nazionale 254, la grande libreria in cui da ragazzo andavo a spendere le giftcard vinte ai concorsi letterari del mio liceo. Lì dialogherò con le due amiche del cuore che, in origine, mi avevano spronato a non fare troppo il secchione e a scrivere, invece che un saggio sui romanzi di cavalleria o sulla narratologia degli universi espansi, questo libro (che poi, alla fine, è anche un po’ quelle robe là).

Michela Murgia e Chiara Valerio, alle 18 di lunedì 13 marzo, mi diranno qual è la cosa più virile che hanno posseduto nella loro vita, nonché cosa ne pensano del rapporto tra moda futurista e ufologia toscana – questione che, giuro, è in effetti affrontata in Cose da maschi.

Nelle due settimane che trascorrerò in Italia parlerò del libro anche con Maria Luisa Frisa a Venezia, con Jonathan Bazzi a Milano, e probabilmente un paio d’altre volte, a Pisa e altrove. Vorrei inviarvi già la settimana prossima un calendario, magari anche qualche link a recensioni che forse usciranno (se ne scrivete, speditemele!).

È il primo giro del genere che faccio nella mia vita, fin qui costellata di pubblicazioni accademiche e intellettuali da bravo ragazzo, e spero di incontrare chi tra voi ho finora solo incrociato per via di posta elettronica, di storie su instagram, di dm su twitter. Come sapete, la traiettoria di questo laboratorio si è progressivamente spostata dalle cose alle relazioni, e ora non riesco a vedere Cose da maschi se non come un rizoma di connessioni – sì, persino dopo il terrificante ultimo episodio sulla maschilità tossica di The Last of Us su HBO, in cui un patriarca finto-soft si paragona al fungo iper-connettivo che ha determinato l’apocalisse zombie.

Illustrazione originale di Didier Falzone per Cose da maschi

Su questo tema, come promesso, ho scritto l’articolo che accompagna il libro fuori dal mio scrittoio. Sul tema delle relazioni voglio dire, delle complicità creative, non dei funghi zombie.

Ciononostante un po’ fungheschi sono i capelli di uno dei protagonisti del pezzo, il mio editor Ivano Pierantozzi, e sospetto che un altro, il nostro Didier Falzone, guardi sovente HBO (magari riconoscendo brani d’iconografia manierista in certe inquadrature da prestige tv).

Trovate questa specie di autopresentazione, in cui del libro in sé parlo invero molto poco, qui su Domani online, e sabato come di consueto la troverete in edicola. È un ragionamento di libri e condomini, di citofoni e metafore arboree, in cui cerco di capire perché mi piace dire “autore” invece di “scrittore” e vi racconto un po’ di alcune persone che nomino nei ringraziamenti del libro – da Stefano Feltri e Beppe Cottafavi all’instancabile curatrice editoriale di questa newsletter, la mitica Serena Vitale.

Assonnato ed emozionato, vi chiedo con tutto il cuore di farmi sapere cosa pensate di questo libro. Giacché se è, come suggerisco nell’articolo di oggi, un palazzo con un citofono solo che conduce in molte dimore, a vantare residenza in quelle stanze siete soprattutto voi. Grazie per la lettura.

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