Quando ho conosciuto Alfredo avevamo 16 anni e mi colpì la sua pelle. Una carnagione scura, luminosa, fiera eredità di nonno calabro mi avrebbe spiegato poi. E uno sguardo penetrante e furbo. Alfredo ha un fisico buffo; ha il culo pronunciato, le gambe corte e la tendenza a mettere su un filo di pancia che comunque porta con una discreta fierezza. Ama ripetere che a scopare da magri sono bravi tutti.

Capacità manipolatorie

Si era spostato dalla sua vecchia scuola perché preso di mira dai professori e a rischio di bocciatura. Girava con le polo di marca esibendo il gusto un po’ grossolano dei nuovi arricchiti. I genitori avevano fatto i soldi con un negozio di vestiti negli anni Novanta. Era buffo che una persona che dedica tanta cura al suo vestiario, potesse risultare comunque così fuori contesto in una scuola in cui le magliette attillate e le felpe zarre erano una divisa non detta ma inequivocabile. 

Una cosa che mi colpì è come riuscisse a manipolare le persone. Una volta decise, dopo aver letto che in classe c’è un obbligo legale di una temperatura di almeno 18 gradi, che avrebbe dovuto convincere la preside ad alzare i caloriferi per stare in polo e soprattutto per fare stare le compagne senza maglioncioni nasconditette.

Tutte le mattine si presentava a scuola mezz’ora prima della campanella per aprire tutte le finestre dell’istituto, era gennaio, e a quel punto, poco prima dell’inizio delle lezioni, le richiudeva e chiedeva alla preside di venire a sentire lei stessa quanto facesse freddo. La convinse ad alzare il riscaldamento e Alfredo compiaciuto poté tornare ad indossare solamente la sua polo mentre il termometro segnava 24 gradi e le nostre compagne restavano in canottiera.

Questi capolavori di ingegno mi affascinavano e penso lui lo sapesse; Alfredo non voleva solo piacere ai suoi interlocutori, voleva sedurli. Anch’ io. Ci invidiavamo, ci cercavamo, ci riconoscevamo.

Giocavamo a calcio nello stesso centro sportivo in quartiere Feltre. Mentre correvamo durante gli allenamenti, fra i respiri affannati della corsa, ci raccontava le sue imprese. Sudavamo su un pista da atletica che sembrava infinita e lui ci raccontava di come avesse scopato con una tizia di Milano Due di 18 anni e di quanto fosse porca.

Noi acceleravamo e rallentavamo e ascoltavamo i racconti di un mondo da cui eravamo esclusi; a 16 anni al mondo puoi partecipare o puoi osservarlo e io avevo la sensazione di guardare le storie di Alfredo attraverso un periscopio che affiora da abissi di inadeguatezza. Avanzavamo verso il sesso, lui pieno di euforia io di terrore.

In spogliatoio rivelando una malcelata invidia dicevamo che raccontava solo cazzate. Prima di andare nelle docce allora Alfredo ci forniva le prove che noi poliziotti della virilità esigevamo. Nudo fra le panche in legno si aggirava mostrandoci a turno le foto delle ragazze con cui usciva; a volte gli account Instagram, altre volte foto e video che scattava furtivamente durante il sesso.

Io ero vergine e convinto che lo sarei rimasto. I miei amori si svolgevano tutti nella mia testa; idealizzavo e romanticizzavo le mie compagne di classe fino ad un punto in cui inevitabilmente finivano per deludermi oppure ero io terrorizzarle con l’intensità di quello che provavo.

Le ragazze che mi piacevano, non mi piacevano nel modo volgare di Alfredo; cercavo di più. Mentre Alfredo sembrava conoscere le scorciatoie verso la vita adulta, nella mia camera passavo interi pomeriggi a scrollare vedendo le foto delle ragazze che conoscevo su Instagram e ogni tanto, quasi meccanicamente, facevo uno screen pensando con malinconia a quanto fossero belle e fuori portata.

Le ragazze del bar Zengo

Oggi che frequentiamo il primo anno di università Alfredo è fidanzato con una ragazza che abita nel mio quartiere e che frequenta la nostra compagnia da una vita ma non me ne sono mai accorto. Esistono persone vocate all’anonimato e Matilde lo era. Quando mi ha detto di essersela scopata, ha dovuto ripetere il nome un paio di volte per aiutarmi a visualizzare una ragazza seduta silenziosa all’angolo di una lunga tavolata in via Teodosio al Bar Zengo, nostro ritrovo abituale.

Matilde ha i capelli ricci e biondastri, occhi scuri e acquosi come le pozzanghere, e indossa tute della Hollister e maglioni larghi a nascondere un seno abbondante e un po’ fuori luogo sul suo corpo magro. È il tipo di persona che se siamo al bar in 10 passa la serata a parlare solo con la sua migliore amica.

Io e lei ci dividiamo Alfredo come le coppie divorziate; mio il venerdì tuo il sabato. Matilde è più piccola, ha 17 anni e non vede di buon occhio i nostri venerdì sera. Non che accada niente di particolarmente drammatico; solitamente ci becchiamo a fumare nel parchetto di piazza Durante, ci spostiamo al Moscow Mule e poi nelle serate in cui Alfredo è più euforico si avvicina alle prostitute di via Porpora o mi chiede di andare allo strip club in San Babila.

Lui mi dice di non aver mai fatto sesso a pagamento ma che lo farebbe senza nessun problema; io dico che trovo squallido a 19 anni pagare per scopare.

Dalla finestra di camera mia al piano rialzato nelle sere d’estate se tengo le finestre aperte sento nitidamente il tariffario; 30 un pompino 50 tutto e fantasticavo su come sarebbe stato seguirle, caricarle in macchina, su come funzionasse quel mondo. In che senso “tutto”? Una sera dalla strada le ho sentite litigare perché una aveva abbassato le tariffe, a suo dire perché meno richiesta, e aveva reso costretto le altre ad una gara al ribasso. Hai voglia poi a dire che il mercato si autoregola.

Le ragazze lavorano negli hotel a due stelle in via Lulli, gli stessi in cui si spaccia la cocaina. Davanti all’hotel Dolorean accostano le auto, mettono le quattro frecce, e a quel punto dalle finestre viene lanciata una piccola bustina. Anche noi compriamo la droga in hotel ma l’erba viene venduta in modo molto meno ingegnoso nella borghese via Della Sila. Entriamo in hotel dopo le 22 e diciamo un numero corrispondente ai grammi.

Il custode notturno seduto al bancone estrae un bilancino e una grossa busta d’erba, la pesa, ce la consegna senza togliere gli occhi da un vecchio televisore catodico sintonizzato su skysport24. Viviamo un quartiere da una parte abbastanza borghese da avere spacciatori al bancone, dall’altra abbastanza sincero da sapere con precisione dove trovare la cocaina, l’erba e le ragazze.

Tutte le sere, quando torniamo da me sfasciati, Alfredo mi dice che avrebbe voglia di scopare e affoga la faccia nel cuscino con l’aria sofferta. Ridendo gli dico che per quello deve aspettare domani sera che è il turno di Matilde.

Lui mi guarda serio e mi dice che lei è tutta la sera che lo tormenta. Estrae dalla tasca il suo cellulare, lo sblocca e mi fa vedere delle foto di Matilde completamente nuda davanti a uno specchio.

Nella prima con una mano si solleva le tette quasi per gioco mentre ride, nella seconda è appoggiata sul lavandino e si sta masturbando mentre guarda in camera. Imbarazzato dico che sono cazzi suoi e lo prendo in giro dicendo che lo sa che Matilde non è il mio tipo.

Lui lo sa, io sono pazzo di Alice, un’amica di Matilde e proprio da qualche settimana, ho cominciato ad uscirci. Alice è più figa di Matilde e questo mi fa sentire bene. Certo lei non mi manda queste foto e io non saprei neanche come chiedergliele.

Alfredo mi chiede se vogliamo fumare l’ultima e prepara la mista mettendo via il cellulare e interrompendo i miei pensieri. Apro la finestra e recupero l’accendino. Dalla finestra entra freddo, fumiamo in bagno affacciati fuori sperando che mia madre non senta l’odore. Metto i Griffin e nel giro di qualche minuto Alfredo sta russando.

Quando sono sicuro che stia dormendo allungo gli stacco il cellulare dal caricatore. Conosco il codice, lo sblocco e comincio a cercare le foto di Matilde. Le trovo subito e ce ne sono altre, c’è anche un video. Mi giro tutto con Airdrop per non lasciare tracce nei messaggi e poi con attenzione le archivio. Mi rimetto a letto nel buio e prima di addormentarmi guardo, stavolta con calma, tutto quello che ho trovato. Non mi sarei mai aspettato tanto dalla trascurabile Matilde ed è proprio questo che mi eccita.

Apro Telegram, seleziono le foto e premo invio, aspettando notizie dagli altri. Mi rispondono subito dicendomi che hanno del materiale nuovo da scambiarmi; seguono delle immagini di altre ragazze del quartiere. Qualcuna l’ho vista allo Zengo, altre non le conosco ma rapidamente in mio soccorso arriva l’account Instagram. Mi chiedono come si chiami la ragazza e digito svelto il nome di Matilde. Salvo tutto quello che mi è arrivato e chiudo gli occhi di nuovo eccitato.

La mattina Alfredo si lamenta perché per qualche motivo il telefono non si è caricato. Eri troppo fatto, ti sarai dimenticato di attaccarlo.

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