Tornando con la memoria a un adagio anime anni Ottanta verrebbe da dire: son due sorelle che han fatto un patto. Il patto di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri è però un patto tutto di racconto, e proprio per proseguire l’alleanza narrativa le due autrici sono da poco tornate in libreria con la seconda trasposizione su carta del loro podcast Morgana, mitopoiesi contemporanea a puntate, che da ormai tre anni mette al mondo variazioni di immaginario al femminile, nell’intento di intravedere varchi alternativi, altri, rispetto alla trama delle possibilità prescritte dai copioni dell’appartenenza sessuata e di genere.

Il denaro

Questa volta il filo conduttore che lega i dieci profili di donne più o meno celebri è il denaro: L’uomo ricco sono io, recita infatti il sottotitolo della raccolta (impreziosita dalle illustrazioni del collettivo capitanato da Luca Fontò, autore della cover), riprendendo un fulminante episodio che appartiene alla biografia di Cher: quando la madre del contralto più paiettato del pop tentò di raccomandarle la necessità di sposare un uomo facoltoso, lei rispose proprio così, ribaltando una fissità di genere di cui ancora non riusciamo a fare a meno.

L’uomo porta a casa la pagnotta, la donna resta a badare al nido e ai pargoli, o se lavora fuori casa, il suo contributo spesso vale meno, è pagato meno: sono molte le menti ancora irretite da questo schema binario che il progetto di Tagliaferri e Murgia abbatte a suon di immagini memorabili e aneddoti tratti da esistenze che si dipanano tra tutti i continenti e svariate epoche storiche.

Dieci ritratti di donne che hanno avuto il piglio immaginativo necessario per diventare icone, o quantomeno pioniere – da Beyoncé a J.K. Rowling, passando per Oprah Winfrey, Angela Merkel e Asia Argento, ma anche per figure decisamente meno pop come Francesca Sanna Sulis, imprenditrice e stilista della Sardegna del Settecento – e che confermano il talento affabulatorio del duo autoriale.

Figure tridimensionali

Dieci profili biografici che tutto sono fuorché immaginette, agiografie: qui passa il punto forse più interessante della nuova galleria di Murgia-Tagliaferri, qui si vede la stoffa delle narratrici di razza: non si tratta mai di santini femministi, non tutto è esemplare, ispirazionale nelle parabole delle celebrità, imprenditrici, rivoluzionarie su cui il libro sceglie di puntare di volta in volta i riflettori. Le autrici prendono queste figure note o meno note e le investono di una luce dialettica multidirezionale, restituendo loro uno spessore il più delle volte non univoco, il che rende il libro un testo militante ma non ideologico, dato che rimane sulle storie, e sull’ambivalenza, mostrando come le persone siano una faccenda complessa, irta di vettori divergenti che chiedono lavoro di pensiero e ciclici riadattamenti.

Nei racconti che compongono la raccolta vivissimo è infatti il senso della tridimensionalità e quindi dei chiaroscuri: mentre tematizzano disparità e ingiustizie sistemiche, le autrici rivelano come spesso l’eroina conviva con la vittima, la pioniera con l’affamata, la liberata con la succube. Se il denaro è l’inevitabile premessa di qualsivoglia processo di emancipazione – «volere dei beni propri e volere il proprio bene spesso sono la stessa cosa» – nel libro questo tema è presentificato in molti modi diversi, scandagliando anche le ombre e le contraddizioni delle vite inanellate.

Così il talento empatico, psicanalitico di Oprah Winfrey, regina del talk show americano e della commozione catodica, va di pari passo con i sospetti di manipolazione e ipocrisia anche sulla sua stessa storia personale, i successi olimpici di Nadia Comăneci, la “poker face” fiore all’occhiello del regime comunista rumeno, con la sua incapacità di fare i conti con gli abusi subiti, il rigore di Angela Merkel con le scaltre ambiguità di una figura dotata del superpotere di «arrivare nella stanza dei bottoni senza che nessuno la veda» e il femminismo di Beyoncé è presentato assieme alle ricorrenti critiche di pinkwashing di cui è stato oggetto da parte delle attiviste.

Contro l’idea che esista “la donna”, o “le donne” come categoria unica e uniforme, il lavoro ermeneutico di Tagliaferri-Murgia onora la “novità di ognuna” e gli stili diversi di ascesa, le strategie differenti – virtuose, casuali o prive di scrupoli – che ciascuna di queste donne ha inventato per spostarsi dai margini in cui la società le avrebbe volute confinare.

Potere e ambizione

C’è qualcosa di innaturale – ci hanno detto nei secoli – e di scandaloso, fuori misura nella donna che fa i soldi o detiene il potere: l’identità femminile al comando sin dalla notte dei tempi, sin dal castigo di Lilith, è ammantata di un’aura nera, persino mortifera, le donne ricche e potenti sono delle arpie, erinni, frigide, simulatrici, automi senza emozioni. Invece storie come quelle di Morgana ci dicono che dietro le donne di potere c’è tutto, ci può essere tutto: il riscatto da un’infanzia grama e abusata e il duro lavoro in sordina per anni e anni, ma anche la vanità, il desiderio di sfarzo e gli eccessi, oppure una semplice «ostinata normalità», per citare sempre il caso di Angela Merkel.

Il denaro nel nostro mondo è possibilità di senso e conferitore di valore, di peso ontologico e assiologico, e così queste donne sono donne che ricercano la loro incidenza esistenziale anche attraverso il potere e i soldi, in definitiva tutte incarnazioni e simboli del desiderio.

Soldi e potere, per i quali però molte di esse inventano nuove forme e relazioni, anche proprio sfruttando il fatto di essere arrivate sulla scena di soppiatto, per sbaglio o contro il volere degli altri: è il caso del modello imprenditoriale etico di Francesca Sanna Sulis, che tenne molto all’emancipazione e alla formazione dei suoi lavoratori – introducendo qualcosa di simile ai primi asili nella Sardegna del suo tempo e assicurando una sorta di smart working per le sue operaie –, o della mistica mondana Chiara Lubich, fondatrice del movimento dei Focolarini, che tentò di sovvertire il capitalismo non con una cieca opposizione ma provando, dall’interno, ad attutirne gli squilibri, in particolare attraverso quella che viene definita “economia di comunione” e che molto si avvicina alle teorie economiche contemporanee del premio Nobel Amartya Sen.

Le morgane possono essere animate dalla stessa ambizione che la tradizione ci ha insegnato a vedere agitarsi nel petto nei maschi: vogliono esaudire i loro desideri, e per farlo a volte sono disposte anche a cose ben poco edificanti. Nel portarci a contatto con esempi non sempre concilianti di empowerment risulta chiaro che l’intento delle autrici non è paternalistico o rigidamente pedagogico: il punto è marcare quello spazio ulteriore, espandere linee narrative a cui per molto tempo non siamo stati abituati.

La libertà non è solo un’idea, è una pratica, e come tutte le pratiche è fatta di compromessi, strappi, prezzi da pagare, contraddizioni, immagini illusorie, prove ed errori: in questo continuo movimento emerge la differenza tra i princìpi e la vita, tra gli ideali e la loro traduzione terrena.

Oscillazioni proibite

E proprio le contraddizioni, che il libro riconosce e accetta, si prestano qui e là anche a notevoli affondi teorici, che vanno al cuore del dibattito contemporaneo. Come nel caso dello scandalo social che ha travolto J.K. Rowling a causa delle sue prese di posizione contro le identità trans: usando in qualche modo Rowling contro Rowling, e analizzando la vicenda con estrema lucidità, le autrici mostrano che l’intera opera della creatrice di Harry Potter è costellata di messaggi che vanno nella direzione opposta, è un’“epica di emarginati”, e che è possibile – e auspicabile – separare l’opera dall’artista, criticando (magari senza insulti sessisti) il secondo, o la seconda, senza buttare via il bambino con l’acqua sporca. Perché la letteratura resta e resterà, mentre i tweet insensibili e sbagliati verranno spazzati via dal vento del futuro.

La bellezza del lavoro di Tagliaferri e Murgia sta soprattutto nell’andare alla ricerca di sempre nuove storie che amplino la forbice immaginativa: da qui forse la scelta di aggiungere in chiusura la storia (non presente nel podcast) di Asia Argento, paladina “sbagliata” del MeToo e groviglio ambulante di contraddizioni.

Nella nostra società le vittime devono essere sante o vengono liquidate, e poiché il superpotere di Asia Argento è quello di generare un caos «per certi aspetti meraviglioso», scardinando, disseminando deflagrazioni, ecco guadagnato il posto di gran finale del libro. In pochi ci permettiamo di essere tutto e il contrario di tutto: Asia Argento è la morgana col gusto per le oscillazioni proibite, sconcertanti.

Al termine della raccolta nel lettore resta allora nitida la sensazione che, nel caso delle morgane, a essere esemplare è l’intero concreto di bene e male, virtù e imperfezione o persino bassezza, perché è questo intero che rivendica, di per sé, un posto, uno spazio, spesso negato, o contratto, umiliato: la pratica del racconto può aiutarci a erodere le calcificazioni presenti negli sguardi condivisi, rendendo chiaro che molto più di ciò che ci ha trasmesso il canone è possibile che solchi in libertà la scena del mondo.

© Riproduzione riservata