È scomparso a Cosenza il religioso che affrontò l’accusa di stupro di una suora e fu assolto nel 2015. Dalle missioni in Africa fino alla sospensione a divinis, il ritratto del francescano che fu pure assessore
Dalla provincia di Cosenza un altro religioso, oltre a Gioacchino da Fiore, ha fatto parlare di sé: padre Fedele Bisceglia, il monaco francescano che si è spento oggi all’età di 87 anni. Di lui, al contrario dell’abate Gioacchino, non parla Dante nella sua Commedia: lo fa, invece, la gente comune dalle storie minute, lo fanno gli ultimi, gli emarginati, gli scartati a cui il religioso è sempre stato accanto dall’Africa fino alla città in riva al Crati e al Busento. Lo ha fatto per un decennio anche la cronaca giudiziaria, per la vicenda della violenza da cui uscì assolto, ma che lo ha segnato fino all’ultimo.
«Io credevo che i murales li fanno ai morti», disse in un’ultima intervista al Corriere della Calabria il religioso all’indomani della comparsa di una sua raffigurazione su un muro della città dei bruzi. Quella città amica-nemica: lui per Cosenza aveva fatto tanto, con la creazione dell’Oasi Francescana, struttura di accoglienza e inclusione ante litteram che distribuiva pasti caldi o dava un tetto sulla testa a chi non l’aveva.
Riuscì persino a convincere Luana Borgia, ex pornostar, a donare un’ambulanza all’Oasi. I due si conobbero a Lecco negli anni Novanta nel corso di una manifestazione contro la violenza negli stadi: Borgia, dopo la morte di Moana Pozzi, stava diventando fiore all’occhiello del cinema a luci rosse dell’epoca, padre Fedele era un giovane cappuccino. Un’amicizia che destò l’ira funesta della provincia, sia al Nord sia al Sud, poi la “casta diva” della settima arte decise di convertirsi e di abbandonare la sua carriera.
«Padre Fedele conteneva moltitudini», dicono i parrocchiani, citando vuoi Walt Whitman vuoi Andrea Pazienza, mentre corre veloce la notizia della sua scomparsa. Le missioni nelle periferie dei mondi, la parentesi politica – quando divenne assessore della giunta comunale guidata dall’attuale senatore forzista Mario Occhiuto, fratello del governatore dimissionario –, l’appuntamento fisso nella curva del Cosenza Calcio. Il monaco ultrà, oltre all’amore per il tabernacolo e per il pallone, di fedi laiche ne aveva davvero moltissime: mai nascosta quella per le donne.
Ha del resto spesso raccontato di quando studiava a Milano per diventare monaco. L’episodio in cui alla fermata del tram arrivò una ragazza bellissima e lui, con indosso il suo saio, non poté fare a meno di girarsi a guardarla, suscitando ilarità e disappunto tra i passanti. «Fui quasi costretto a giustificarmi – raccontava il frate –, dissi che se il Signore aveva creato una donna così bella, figuriamoci quanto bello dovesse essere lui».
La battuta pronta e la voglia di fare. Con i poveri e per i poveri. Poi però l’arrivo delle accuse. Il presunto stupro di una suora e l’inizio di un vero e proprio calvario giudiziario che si concluse nel 2015 con la completa assoluzione. Padre Fedele, ricoverato all’Inrca di Cosenza, come ultimo desiderio, ha espresso quello di poter guardare negli occhi la religiosa che mosse le contestazioni nei suoi confronti. Non è stato possibile. Disse di averla perdonata, di volerglielo comunicare.
Questa storia una “macchia”, nonostante la verità accertata in un’aula di giustizia, che è rimasta addosso al monaco: non solo l’allontanamento dalla sua Oasi (la gestione oggi è affidata alla fondazione Casa San Francesco che continua a dare una casa a chi non ce l’ha), ma anche la sospensione a divinis dalle funzioni religiose.
Sullo sfondo, ancora una volta, la provincia borghese e benpensante a cui negli ultimi giorni, prima della morte, il vescovo della diocesi di Cosenza Giovanni Maria Checchinato aveva quasi dato uno schiaffo morale, dichiarando che, una volta rimessosi, padre Fedele avrebbe potuto celebrare di nuovo messa. Anche questo non è stato possibile.
«Maracanà, maracanà», ha tuttavia continuato a cantare, fino all’ultimo respiro, il monaco allo stadio davanti alle partite dei Lupi rossoblù. Tra un canto e l’altro, parlava del Vangelo. «I primi tempi – raccontavano gli ex ragazzi degli anni Ottanta e gli ultras dei Nuclei Sconvolti – lo prendevamo per pazzo. Poi abbiamo capito che avevamo bisogno di umanità e lui ce ne dava un assaggio». Negli ultimi tempi, padre Fedele stava seduto su una sedia di paglia sul corso principale della città, corso Mazzini. Poteva piovere ma lui era lì, seduto e con l’ombrello in mano, a chiedere un’offerta per i suoi ultimi. Ai tempi dell’Oasi Francescana, si racconta pure che quando le offerte erano laute i pranzi alla mensa dei poveri si concludevano persino col gelato: e quella era una vera festa. Il gusto delle cose semplici.
I funerali del monaco verranno celebrati domani, 14 agosto. Della sua morte, si legge sul manifesto funebre, danno l’annuncio gli ultras. Le donne e gli uomini del tifo organizzato che, ogni domenica, si trovano sugli spalti dello stadio San Vito Marulla o nella curva intitolata al beniamino del pallone Denis Bergamini. Non fiori, ma opere di bene.
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