“COS’HAI NEL SANGUE” DI GAIA GIOVAGNOLI

La provincia esiste come atto di sospensione del credo

Illustrazione di Dario Campagna
Illustrazione di Dario Campagna
  • La provincia è il luogo del miracolo o della sciagura, quello in cui la lentezza costringe alla riflessione, al riparo da quella febbre del fare che Verga diceva a Capuana utile al continuare incessantemente a procedere senza rannicchiarsi su di sé.

  • Anche la religione in provincia sembra risemantizzarsi, mescolare alle raccomandazioni dei libri sacri dettami altri più preziosi del dogma perché più consoni al posto e alle leggi che si abitano.

  • La nostra preghiera è il lavoro, suggeriva Atzeni e sopravvive solo chi riesce, completa Gaia Giovagnoli, che nel suo Cos’hai nel sangue (Nottetempo) e nella sua Coragrotta proietta un luogo capace di una religiosità e di regole altre.

A volte mi perdo nelle pubblicità televisive che promettono di unire l’Italia a colpi di lampi e motociclette tenendo insieme centro e bordi, scavando così tanta terra e impiantando così tanta fibra da permettere a nessuno di sentirsi solo, sistemando le cose come Garibaldi e, a cuore aperto, anche meglio. Mi fa impazzire il pensiero che un abitante di Depressa, piccolissimo centro nel cuore delle Puglie, possa trovarsi disperso nel centro di Bologna grazie alle mappe visuali di un programma

Per continuare a leggere questo articolo