Cara Giulia,

sono una donna di 41 anni e posso definirmi realizzata. Ho un lavoro che mi piace e in cui sono brava, una vita sociale soddisfacente, una buona salute (toccando ferro). Ho anche un partner da quasi sei anni, ma questo è l’unico aspetto della mia vita che mi sembra non proprio perfetto. 

Nonostante tutti questi anni insieme, sembriamo ancora all’inizio di una relazione. Viviamo in città diverse e ci vediamo solo nei weekend, a volte in giornata, prima che ognuno torni a fare la propria vita. Ci vediamo poco e in quel poco tempo è difficile far progredire la relazione. Ci divertiamo abbastanza, ma non è più come all’inizio, manca un po’ di entusiasmo, e io sento che sarebbe arrivato il momento di fare un passo avanti o lasciarsi. Non è facile riorganizzare la vita alla nostra età, ma io penso che se ci teniamo ce la faremo

La mia paura è però che a lui vada bene il nostro rapporto così com’è e non senta il bisogno di avvicinarci o di fare dei progetti a lungo termine. Come glielo dico?

D.


Cara D.,

mi stupisco sempre quando mi arrivano lettere come la tua e mi viene da rispondere solo con altre domande. Come si fa a stare sei anni con una persona e a non sapere cosa vuole questa persona dal futuro? Perché chiederlo alla cretina che tiene la posta del cuore sul giornale invece che al diretto interessato? Di cosa parlate quando vi vedete? Del meteo? Del Pd? Di Pechino Express? Non lo dico con giudizio, ma con sincera curiosità, perché io trovo impossibile frequentare una persona per più di tre giorni senza definire il rapporto, che sicuramente è un approccio sbagliato per altre mille ragioni, ma lascia molti meno margini di fraintendimento. 

A rischio di sembrare un disco rotto, visto che lo scrivo in media tre volte al mese, il mio consiglio è di parlare con lui. Perché a meno che non siate molto bravi con le ombre cinesi non vedo altri modi per esporre la questione se non comunicando verbalmente. C’è caso che avendo impostato il rapporto in questo modo a lui vada bene così e questo bisogno che tu hai di progredire lui non lo senta, oppure anche lui è lì che rimugina e non aspetta altro che un segnale di fumo per fare le valigie e raggiungerti ovunque tu sia. 

Poi sinceramente penso quando c’è un ultimatum di mezzo («fare un passo avanti o lasciarsi») non sia mai un buon segno. Non conosco molte coppie che dopo che uno dei due se ne è uscito con «o così o pomì» poi hanno festeggiato le nozze d’oro, però chissà, c’è sempre una prima volta. 

Giulia

Cara Giulia,

sto per finire il liceo e non ho la più pallida idea di cosa voglio fare da grande. Non sono un asso dello studio, ma me la sono sempre cavata, sono uno studente senza infamia e senza lode. Vado meglio nelle materie scientifiche, ma non posso dire di avere una passione travolgente per qualcosa. I miei genitori mi spingono in una direzione che non sono sicuro di voler prendere (giurisprudenza), ma d’altra parte se non so cosa voglio fare tanto vale dare retta a loro, no? So solo che vorrei uscire di casa, cambiare città, magari addirittura cambiare paese. Ma mi sento in ritardo su tutto e ho paura di imboccare una strada di cui poi mi pentirò. 

Se chiudo gli occhi e provo a immaginare la mia vita fra cinque o dieci anni non vedo niente, ma il tempo stringe e presto dovrò prendere una decisione. Tu come hai deciso cosa fare dopo la maturità? Si accettano consigli di ogni tipo. 

M.


Caro M.,

spero scuserai il mio pragmatismo, ma la domanda che ti devi porre credo abbia poco a che fare con le tue passioni e molto con il vil denaro. Puoi permetterti di cazzeggiare? La tua famiglia è nelle condizioni economiche di mandarti un anno all’estero a trovare te stesso? Se la risposta è sì, io penso che tu possa avanzare questa proposta e comprare almeno qualche mese. L’università non è prescritta dal medico e se uno non ha particolari inclinazioni o desideri non è scritto da nessuna parte che debba studiare tanto per fare, di avvocati ne abbiamo già abbastanza. Sei giovanissimo, hai il diritto e il tempo di cambiare idea sul tuo percorso un centinaio di volte, procedere per tentativi e sbagliare fa parte delle prerogative della tua età. 

Visto che me lo chiedi espressamente ti rispondo volentieri. Io ho scelto il corso di studi come lo scelgono quasi tutti: senza sapere che cazzo stavo facendo. Avevo 19 anni e dopo una vita da secchiona, intorno ai 17, avevo deciso di tirare a campare, quindi dopo una maturità ridicola e con il desiderio di scrivere per lavoro (che temo sia la cosa peggiore che le orecchie di un genitore possano sentire), non abbinato a quello di studiare per davvero, mi iscrissi a Scienze della comunicazione a Milano, più che altro perché volevo venire a Milano, dove c’erano due cose che mi interessavano: il mio fidanzato e il corso di scrittura narrativa che volevo frequentare. 

Mio padre, amareggiato dal mio voto di maturità e giustamente diffidente, tentò di reindirizzarmi altrove, ma si fece convincere da una letterina accorata che gli scrissi per spiegare le mie motivazioni (prerogativa dell’età è anche credere di sapere tutto senza sapere niente). Insomma la storia mi ha dato più o meno ragione: eccomi qui a scrivere, proprio come volevo, ma poteva andare in mille modi diversi e meno fortunati e allora forse mi sarei pentita delle mie scelte (il fidanzato, per dire, l’ho cambiato). Avrei potuto scoprire altri talenti, altre voglie, altri problemi. E sarebbe stato normale e prevedibile, perché alla fine del liceo siamo degli abbozzi di persone e le forme che possiamo prendere sono infinite. 

Quindi andrà tutto bene, sia che tu possa garantirti un po’ di tempo per esplorare le tue alternative, sia che ti iscriva a un corso di studi a caso per fare contenti i tuoi. Niente di quello che decidi adesso deve essere per sempre e penso che questo sia il pensiero più rassicurante che ti posso offrire.

Giulia


 

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