Mi è stato chiesto di raccontare cosa sia la Fomo per un dizionario digitale, ma non brillo per sintesi, quindi: perché non accollarmi anche a voi lettori di Domani? Il Festival di Sanremo è l’esempio perfetto di che cosa sia la Fomo.

Fomo è l'acronimo della frase Fear of missing out, traducibile con “paura di essere tagliati fuori”. È un'ansia sociale: con quel “fuori” si intende fuori da eventi collettivi, esperienze condivise, conversazioni comuni. Un fenomeno legato a filo doppio alla nostra presenza sui social, spazi di aggregazione, e quindi di esclusione, se per caso ci perdiamo ciò che sta succedendo.

Come diceva Oscar Wilde, «c’è soltanto una cosa al mondo peggiore di essere oggetto di chiacchiera, ed è non essere oggetto di chiacchiere». Possiamo aggiungere il corollario: «E ancora peggio è non poter dire la propria».

Ognuno cerca disperatamente il suo spazio nella settimana dell’anno in cui, cascasse il mondo, non si parla di altro che di Sanremo. Inizio di una pandemia? Non fa niente, tanto ormai è arrivata, accendi su Rai 1. La Russia e l’Ucraina cosa? Vabbè, ne possiamo parlare tra una settimana? Mattarella presta giuramento? Durante questa settimana? Non possono mandare il video della volta scorsa?

Farsi leone nella savana

Ci sono vari modi di reagire a questa Fomo, primo tra tutti: farsi leone nella savana. Il leone della Fomo apre le conversazioni su Sanremo non appena passato Capodanno, con ancora il panettone sul tavolo. Riparte dall’anno precedente, facendo lo spiegone del dove eravamo arrivati, come nelle serie tv, e studia la nuova edizione raccogliendo ogni indiscrezione, pronostico, comunicato stampa.

Anticipa tutti, detta la linea, è lo standard della preparazione sul Festival. Ha la casa piena di fiori freschi per settimane, una gran spesa ma che bell’effetto signora mia. Ci sono poi i Festivalari della domenica, che recuperano le informazioni necessarie all’ultimo, nel tempo libero che precede la settimana santa, hanno letto l’elenco dei cantanti in gara ma si ricordano solo i due tre che interessano a loro.

Non hanno ancora capito perché così tante serate per una ventina di canzoni circa, fanno battute sull’ennesima assenza dei Jalisse e si indignano per alcuni scivoloni patriarcali. Il minimo sindacale, sono dentro per un soffio. Sono quelli che di solito, per i regali di Natale, si riducono al 23 dicembre.

Ci sono poi quelli che arrivano davvero impreparati, sotto le bombe, che arrancano tutta la settimana, rinunciano in partenza ad ascoltare le canzoni, e della diretta vedono solo una parte, massimizzano lo sforzo là dove realmente serve: sui social.

La loro esperienza è un’eau de toilette, anche a buon mercato. Commentano i tweet che commentano le notizie che riportano gli avvenimenti della serata. Per riportare la metafora della savana, sono dei saprofagi, come le iene o i condor, arrivano a banchetto finito, per gli avanzi, ma alla fine mangiano comunque.

Tutti ne parlano

Ma non ci sono solo questi modi di prendere parte alla liturgia nazionale sanremese. La Fomo è clemente, non ti impone un punto di vista, ti chiede solo di prendere posizione. Sbaglio o dopo San Valentino è stata inventata la festa dei single? Proprio festa per tutti!

E quindi, se tra le fila dei fan di Sanremo pensi non ci sia posto per te, nessun problema, puoi serenamente diventare il bastian contrario, il diffidente, l’annoiato, o financo l’hater. Dopotutto, gli hater hanno un’ossessione per chi odiano molto simile a quella dei fan innamorati.

Io non so dove mi colloco di preciso, forse sono solo arrivato tardi alla festa e devo capire con chi parlare e chi evitare. Devo ammettere che non ho mai veramente guardato Sanremo fino a pochissimo tempo fa. Quando ero piccolo, in famiglia, non si guardava. Mia madre da sempre crolla a letto verso le dieci di sera, quindi per onestà intellettuale non ci ha mai provato. Mio padre proprio dalle dieci inizia a godere di quell’oretta di silenzio in casa, non la scambia certo con della pur bellissima musica italiana.

Da che mi ricordi, non se ne parlava in classe al liceo, né all’università. È successo all’improvviso, intorno ai trent’anni: a un certo punto tutti intorno a me hanno iniziato a parlare di Sanremo. Qui inserirei un meme con Morgan che dice “che succede?”, ma è una delle battute invecchiate più in fretta, completamente travolta dal lockdown di marzo 2020.

La kermesse della kermesse

Sì, ma quale è il tuo stato d'animo, Pierluca? Cosa pensi tu, storia della tua vita a parte? Prendi posizione! NON LO SO! Non ho capito, sto solo cercando di non essere irrilevante! È la Fomo che mi spinge qui, per ora sto tamponando la situazione con un articolo su Domani in cui comunque prendo parte alla kermesse sulla kermesse. Commento il commentare. Osservo gli osservatori.

Come sedersi al contrario al cinema: non guardi il film ma lo vedi riflesso sui volti illuminati degli spettatori, lo segui attraverso le loro espressioni e i suoni sullo sfondo. No, sto esagerando, il Festival lo guardo, e mi sto anche ambientando.

Il problema è che la Fomo funziona come un videogioco: non appena accedi a un livello di partecipazione, se ne sblocca un altro. Segui Sanremo e conosci le canzoni? Bene, ora ti tocca il gruppo di ascolto. Ne hai trovato uno? Ok, ora c’è il FantaSanremo, chi hai in squadra? In che lega sei? Non se ne esce.

Ci sentiamo prossimamente, quando passa il frastuono di Sanremo, anche perché qualsiasi altra cosa avessi voluto raccontare su queste pagine avrebbe riscosso ben poca attenzione. Parole al vento. Fiumi di parole al vento.

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