«E a mano a mano si scioglie nel pianto/ quel dolce ricordo sbiadito nel tempo». Prima di chiedersi se sia legittimo iscrivere Rino Gaetano al pantheon della destra, ci si può interrogare sulla scelta di un canzone tanto crepuscolare, dove si contempla la caducità dei sentimenti e il loro eventuale rifiorire, come inno dell’ultima campagna elettorale di Giorgia Meloni.

«Quando vivevi con me in una stanza», si strugge il protagonista, «non c’erano soldi ma tanta speranza». Cosa dovrebbero evocare quella stanza (e quella speranza) agli elettori? Forse lo spirito della piccola sezione Msi della Garbatella nella quale la giovane leader muoveva i primi passi? O la passione che durante i grandi momenti di trasformazione può vacillare e perdersi nella foga dei «sabato sera»? «Dammi la mano e fatti vicino/ Può nascere un fiore nel nostro giardino», rilancia nel finale la canzone. Basterà? 

Canzoni di tutti

Riccardo Cocciante aveva scritto A mano a mano col suo paroliere Marco Luberti. Usando una progressione armonica da chanson francese ne aveva fatto il veicolo di uno dei suoi impressionanti crescendo vocali, ultrakitsch, rubati a Jacques Brel. Rino Gaetano nel 1981 seguiva più fedelmente la dimessa lettera del testo, pure se c’entrava poco o niente col suo stile teatrale, nonsense e sbandato. 

La formula del Q-concert dal vivo con Riccardo Cocciante e il New Perigeo, con la quale la Rca cercava di far quadrare i conti della promozione, consegnava il cantautore calabrese-romano a una posizione di seconda linea rispetto alla triade Venditti-De Gregori-Dalla. Passato dalla piccola etichetta discografica It! alla grande Rca da quasi due anni, non era ancora riuscito a ripetere l’exploit delle sue hit di fine anni ‘70, da Il cielo è sempre più blu ad Aida. Per qualcuno, A mano a mano incrociava una malinconia personale, un inizio di crisi artistica.

Le canzoni appartengono a tutti. Così ripete chi pensa che Rino Gaetano possa venire suonato senza problemi nei comizi di Fratelli d’Italia. Di certo appartengono alla storia personale di ciascuno, anche a quella di Giorgia Meloni, chitarrista in erba, fan per sua ammissione di Rino Gaetano, Lucio Battisti, Francesco Guccini. Diverso è il caso della fortuna pubblica, l’eventuale uso politico delle canzoni.

Lucio Battisti è amato dalla destra fin dai tempi dell’Msi, forse l’unico a essere suonato nelle manifestazioni quando la cosa poteva essere molto imbarazzante. Se ricambiasse non si è mai saputo davvero; la sua sparizione dalla scena ha dato il via a ogni genere di leggende, la più nota delle quali sostiene che fosse un finanziatore dell’ultradestra di Ordine nuovo. In compenso il suo paroliere Mogol – al quale semmai andrebbe ascritto il famoso verso sui “boschi di braccia tese” – ha tranquillamente partecipato a iniziative politiche della destra fin dai tempi di Alleanza nazionale.

Gaetano revival

Rino Gaetano, scomparso in un incidente nel 1981, è stato oggetto di culto e riscoperta a partire dagli anni Zero. Anche politica. Tra il 2004 e il 2007 Ma il cielo è sempre più blu ha concluso comizi e congressi della Lista Prodi, della Margherita e infine dei Ds, prima accanto alla consueta Internazionale, poi in commovente solitudine fino all’ultimo congresso della Quercia a Firenze. Registrato nel 1975, questo catalogo di azioni quotidiane spesso dolorose o ingiuste («chi vive in baracca, chi suda il salario/ chi ama l'amore o i sogni di gloria») rivela il procedimento compositivo più tipico di Rino Gaetano, il catalogo. Non implica reazioni né predicati di alcun tipo: lo specchio del blu del cielo sembra in qualche modo riscattare tutto con un ultima speranza; la musica, un giro di do con un coretto anni ‘50, risolvere in nonsense e filastrocca l'assenza di qualsiasi sintesi politica.

La scelta di suonare Rino Gaetano ai congressi Ds venne fatta probabilmente da Walter Veltroni, “dj” del centro sinistra che aveva copiato l’uso dal partito democratico americano. L’ispirazione, raccontava, gli era venuta dopo aver assistito alla campagna elettorale di Clinton coi Fleetwood Mac di Don't stop. L’Ulivo aveva vinto nel 1996 con La canzone popolare di Ivano Fossati. Veltroni arruolò la nuovissima Mi fido di te di Jovanotti nella sua campagna del 2008, ma andò male. Usare Rino Gaetano sembrò appropriato e di buon gusto, considerato che tra gli inni del centrodestra figurava in quegli anni anche il fantozziano Meno male che Silvio c'è.

Il 2007 è anche l’anno della miniserie di Raiuno con Claudio Santamaria nei panni del cantautore. Anni dopo, nel 2016, risulterà un vero colpo (basso) ritrovare l’attore cantare Rino Gaetano durante la campagna elettorale per Virginia Raggi sindaco di Roma.

La canzone scelta è un altro “catalogo” di nomi celebri, ma di segno opposto: Nuntereggaepiù («...avvocato Agnelli Umberto Agnelli/
Susanna Agnelli Monti Pirelli/ dribbla Causio che passa a Tardelli»), un cabaret satirico di pura indignazione scritto in pieno 1977 nello stile degli indiani metropolitani, dove si distingue anche l’imitazione della voce sarda di Enrico Berlinguer. L’elenco di personaggi viene più volte riscritto. I Cinque stelle per esempio se la prendono con «Renzusconi, Bruno Vespa, l’immunità parlamentare». I veri fan qui stringono i denti, ma sopportano.

L’anno dopo la Lista Pisapia suonava in piazza Io ci sto, titolo del secondo e ultimo album del cantautore inciso per la Rca nel 1980. Scelta sofisticata. «Mi alzo al mattino con una nuova illusione, prendo il 109 per la rivoluzione», dopo un’introduzione rock di chitarre elettriche alla Toto, carica della solita teatrale ironia. «Ma ci ripenso però, mi guardo attorno e mi accorgo che sono solo», ripete nel ritornello. «In fondo è bello però», conclude, «È il mio paese e io ci sto». Intanto Ma il cielo è sempre più blu, liberata dall’associazione coi Ds, viene suonata durante una manifestazione della Lega, tra Povia e Nessun dorma.

La scelta appare casuale ma non passa inosservata: la sorella di Rino Gaetano, Anna, se ne lamenta pubblicamente per la prima volta. Ma è come se fosse un liberi tutti. Quando nel 2019, da leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni vuole attaccare i Cinque stelle lo fa usando Rino Gaetano, con grande perizia. Cita i versi di Ti, Ti, Ti: «A te che non ami i servi di partito/ Che ti chiedono il voto, un voto pulito /Partono tutti incendiari e fieri. Ma quando arrivano sono tutti pompieri».

Poco politiche

Neppure questa canzone, come la gran parte delle altre, “dice” veramente qualcosa. Cerca piuttosto un’identificazione con l’ascoltatore al quale è dedicata la successione di anafore fino al termine: «A te che ascolti il mio disco forse sorridendo/ Giuro che la stessa rabbia sto vivendo/ Siamo sulla stessa barca». Di nuovo la stessa sottile malinconia di A mano a mano, incisa poco dopo. La stessa consapevolezza che neppure la musica sarà capace di rimettere insieme i cocci (come accadeva in Aida, e nella iperfemminista Gianna).

Le canzoni di Rino Gaetano non sono di destra né di sinistra, si ripete, senza cogliere il punto. Vivono nel passaggio tra i ‘70 e gli ‘80, tra furori rivoluzionari e cocenti disillusioni, che cambiano in fretta il pubblico e i suoi gusti. Densissime di riferimenti alla politica e alla società. Cabaret sintetico, teatro di strada. «Un gioco di distruzione del testo, come Ionesco, come Majakowskj», spiegava lui in una famosa intervista a Gianni Boncompagni in tv. «I cantautori politici sono un po’ in ribasso?», lo incalzava allora il presentatore. «Forse è la politica che è in ribasso», sorrideva con l’imbarazzo dei timidi.

Le polemiche oltreoceano

BRUCE27_047_LH.JPG Bruce Springsteen and E Street Band at Oracle Arena. Liz Hafalia/The Chronicle/San Francisco/10/26/07 ** cq (Liz Hafalia/San Francisco Chronicle via AP)

In questi giorni di fronte alle lamentele della famiglia Gaetano per l’uso delle canzoni di Rino nei comizi di Giorgia Meloni, il quotidiano Il Secolo ha sottolineato polemico di non aver notato la stessa attenzione della famiglia per gli spot del Montepaschi e dei supermercati Lidl, ai quali è stata concessa la musica di Ma il cielo è sempre più blu. Può darsi.

C’è una voce di Wikipedia in inglese che si intitola così: «Musicisti che si oppongono all’uso che Donald Trump fa della loro musica». Comincia con Adele e finisce con i White Stripes. Ricorda che la famiglia di Pavarotti ha chiesto di non usare mai più il Nessun dorma, i Rolling Stone hanno minacciato azioni legali nel caso venga ancora suonata You can’t always get what you want, e Bruce Springsteen di fronte all’ennesimo uso di Born in the Usa (40 anni dopo lo scontro con Ronald Reagan) ha semplicemente dichiarato il suo voto per l'avversario.  Quando i politici chiedono aiuto a una canzone forse dovrebbero avere il buon gusto di accertarsi che il cantante sia vivo, e possa almeno discuterne di persona.

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