Quale immagine prodotta dalla cultura d’occidente appare più binaria e normativa, più essenzialmente disciplinante, del giudizio universale alla Sistina? In quella formidabile cappella che ha visto generazioni di principi della chiesa sequestrarsi dal mondo per deciderne l’assoluto monarca spirituale si erge, dipinto tra le due arcate del monumentale muro affrescato, un possente protagonista, con le muscolari braccia a separare i sommersi dai salvati, il basso dall’alto. Quel severo Cristo michelangiolesco mette ordine, interrompe l’autonomia della razza umana attraendo inesorabilmente ognuno nella posizione eterna che ha meritato. Agli occhi di chi tra noi resiste alle norme, alle divisioni, ai giudizi, il Gesù magistrato di Michelangelo risulta dunque un gendarme, un autoritario vigile che governa il traffico definitivo dei corpi e delle anime risolvendo, nei gesti inequivocabili delle terribili mani, qualunque ambiguità, qualunque ambivalenza. E tuttavia, su un tale palcoscenico pittorico di totale cattolico controllo c’è posto – come su quello televisivo dell’Ariston nella scorsa edizione di Sanremo – per due uomini che si baciano.

Da Michelangelo a Giotto

Si baciano proprio, non c’è dubbio. In bocca, come Rosa Chemical e Fedez. Andate in Vaticano, o aprite l’immagine in alta risoluzione su internet: verso destra, nel parapiglia di beati sulle nuvole, si librano due riccioluti bodybuilder abbracciati e volanti, destinati alla salvezza celeste e intenti a baciarsi sulle labbra. Vanno in paradiso, non all’inferno. E sono, malgrado gli inverosimili corpi titanici dello stile michelangiolesco, uomini veri, veri individui il cui bacio è un dato di realismo, non il simbolo di qualcos’altro.

Due fanciulle discinte si baciano in un raggiante olio seicentesco di Francesco Furini a Palazzo Pitti, nella Sala di Berenice, ma si tratta di un’allegoria della concordia tra poesia e pittura – arti sorelle e, suggerisce il quadro, un po’ incestuose. Altre due fanciulle, in uno dei più celebri acquerelli preraffaelliti di Simeon Solomon, si sono appena baciate (o stanno per baciarsi) in un giardino di Mitilene, ma si tratta di Saffo ed Erinna. I maschi che si baciano nel cielo apocalittico di Michelangelo sono, invece, solo loro stessi. E dire che il Cristo che li salva era stato condannato a morte proprio dal bacio di un altro maschio.

Quel bacio fatale si staglia luminoso nell’altra cappella più straordinaria dell’arte italiana: quella degli Scrovegni a Padova, dove Giotto dipinse un altro, più calmo e sereno (almeno in cielo) giudizio universale. Avvolto in un drappo dorato in cui a sua volta avvolge, in un partecipato abbraccio, l’amico che sta tradendo, Giuda ha le labbra protruse, gli occhi immersi in quelli dell’altro maschio al centro della scena.

Dai calciatori ai comunisti

Non c’è un’ombra di tradimento, però, nel bacio tra maschi di Michelangelo. Addirittura non c’è malizia, certo non c’è peccato. Non è il bacio di condanna che Michael Corleone stampa sulle labbra dell’inetto fratello Fredo, a Cuba, nel capodanno della rivoluzione, né quello di devozione che, secondo Cicerone, migliaia di fedeli e pellegrini lasciarono sulla villosa bocca di marmo dell’Ercole di Agrigento, consumandone la pietra. Forse quei due biondi ragazzi dipinti sono solo felici, come i calciatori che tanto spesso esultano allo stesso modo, baciandosi sulla bocca.

Quando Maradona baciò in bocca Caniggia, nel 1996, sul finale giubilante di un clamoroso 4 a 1 inflitto dal Boca al River Plate, i giornali titolarono «ecco il bacio dell’anima». Stoichjov e Koeman si baciarono quando il Barcellona vinse la sua prima Champions League, e più recentemente (a Torino!) si baciarono Rakitik e Carriço, vincendo l’Europa League con la maglia del Siviglia. Gary Neville, in un impeto di scontrosa tenerezza commovente, si portò alle labbra il volto di Paul Scholes in un celeberrimo derby di Manchester, dopo un lungo abbraccio di vittoria.

Nell’universo sportivo forse più omofobo del mondo insomma, come nel cuore della chiesa forse più omofoba del mondo, baciarsi tra maschi non è poi così strano. Né lo era, famosamente, nella socialità pubblica di uno dei regimi più omofobi del mondo moderno: quello sovietico, in cui tra maschi imperversava la virile pratica del “bacio di fratellanza socialista”. Tra le decine di fotografie che immortalano tale costume rimane leggendario il bacio tra Brezhnev e il presidente della Germania Est Erich Honecker, che Dimitri Vrubel dipinse sul muro di Berlino in un’icona d’amore micidiale poi ricopiata mille volte, fino alla recente versione con Salvini e Di Maio.

Che c’è di strano a Sanremo?

Se ci sono così tanti baci tra maschi, persino al centro dei nodi simbolici più radicati nella maschilità tradizionale (se non tossica) di tutti i tempi, perché ha suscitato tanto clamore il bacio che Rosa Chemical, in uno scintillante fuoriprogramma di grande carisma, ha rubato a Fedez durante la sua esibizione per l’ultima finale di Sanremo, nell’anno del Signore duemila e ventitré? Che c’è di tanto strano?

Sanremo stesso, del resto, è uno spettacolo nient’affatto nuovo ad analoghe effusioni. Come gli affezionati della kermesse hanno subito mostrato, postando foto d’epoca e screenshot su Twitter, all’Ariston di baci in bocca tra maschi se ne sono visti a bizzeffe: di Fiorello con Tiziano Ferro (e, anni fa, col direttore della Rai), di Bonolis con Laurenti, di Morandi con Luca Bizzarri, di Benigni con Baudo, e via baciando. E poi non si erano baciate, proprio la sera prima, anche Elodie e BigMama, splendidamente truccate e in vampireschi abiti assai chic? Urge capire cosa ci sia di speciale nel bacio tra Fedez e Rosa Chemical: che cosa lo distingua dagli altri sanremesi, da quello michelangiolesco, da quelli dei calciatori e dei comunisti.

Nè una parodia né una cosa seria

Ai maschi si insegna sin dalla prima infanzia a mostrare disgusto per le espressioni fisiche d’affetto. Li si addestra a tollerare il bacio della mamma al limite, e a baciare educatamente in cambio di regali, di premure, di cortesie. Per il resto, si bacia nel contemplabile orizzonte di un’effettiva o plausibile attrazione eterosessuale, possibilmente dalla posizione attiva di chi il bacio lo assegna o se lo prende. Il bacio tra pari, tra ragazzi della stessa età o adulti dello stesso sesso, è semmai uno scherzo, una pagliacciata, una cosa talmente fuori dal costume che fa ridere. Se non è una parodia, diventa dunque automaticamente un gesto addirittura politico, di rivendicazione, come quello dei due coniugi gay che, esattamente dieci anni fa, furono invitati proprio a Sanremo a replicare il video virale che li aveva resi celebri in rete come attivisti per l’uguaglianza matrimoniale. Il bacio che chiudeva quel video fu tagliato al festival perché, secondo la stampa d’allora, divisivo, problematico, osceno.

Secondo la stessa logica, nel regime di Putin si criminalizzano i baci tra maschi in pubblico, considerati atti di propaganda abusivi nei confronti dei bambini: non è illegale l’omosessualità ma sono puniti come violenti i baci che, secondo la legge, la diffondono come un virus ideologico. Come nell’Italia (e nella Rai) governata dalla destra, il problema è senz’altro l’omofobia, il conservatorismo bigotto. Ma è anche, forse soprattutto, l’angoscia di voler governare la condotta affettiva maschile. Ecco cosa ha minacciato, con michelangiolesco stile divino, Rosa Chemical. Ha osato baciare un uomo in mondovisione senza essere né una donna, né un buffone, né un martire dei diritti. Lo ha fatto senza copione, a differenza del più performativo Achille Lauro col chitarrista Boss Doms, e truccato anche meglio di Elodie. Ma soprattutto – ecco il capolavoro da cappella Sistina – né a lui né a Fedez è venuto da ridere, o da vomitare, o da dichiararsi eterno amore.

Due maschi si sono baciati come ci si bacia davvero, senza che fosse né un gioco né una cosa seria, con quel movimento di mandibola che fa il bacio simile a un assaggio, a un sondarsi di papille. E così direi che hanno esteso i margini del contemplabile, nel reame un po’ meno asfittico delle cose da maschi.

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