Quanto tempo è passato per Volodymyr Zelensky negli ultimi 40 giorni? È la prima cosa che mi chiedo riguardando le prime puntate di Servitore del popolo, serie tv andata in onda in Ucraina dal 2015 al 2019 e ora trasmessa in italiano su La7. Qualche anno fa mi era già capitato di vedere questa serie tv su 1+1, un canale ucraino. L’ho vista nella sua lingua originale, il russo, via satellite, da una tv in una cucina italiana.

Anticipa incredibilmente la storia dello stesso Zelensky. Allo stesso tempo racconta la storia di una nazione, segnata dalla corruzione, ma che sogna un futuro europeo fatto di innovazione. Una rappresentazione realistica del paese e dello stesso presidente ucraino, fino al 24 febbraio.

Contrasti

Ho rivisto nel volto fresco di  Zelensky il presidente ucraino di poco più di un mese fa. Molto lontano da quello che parla con i giornalisti da Bucha, a pochi metri dai cadaveri dei civili uccisi durante la ritirata russa.

La metamorfosi forzata di Zelensky mi sembra che incarni quella del suo paese. L’Ucraina dove sono nata e cresciuta per i primi anni di vita è quella di Servitore del popolo: bella, giovane, imperfetta, che parla ucraino, ma anche russo, come il protagonista della serie, come lo stesso Zelensky, russofono nato in una città ucraina, come tanti altri. Così diversa dall’Ucraina di oggi, con la contrapposizione delle immagini che diventa straniante.

«Amo il mio paese», è la traduzione delle prime parole della sigla, rimasta in lingua originale anche nella versione italiana della serie. «Amo il mio paese, amo mia moglie, amo il mio cagnolino», canta la canzone mentre Zelensky attore attraversa Kiev in bici, scansando il traffico in una giornata di sole, mentre passanti gli sorridono passeggiando per le strade. Immagini che stridono così tanto con quelle della capitale ucraina oggi. La serie ora sembra davvero una finzione e non la profezia della realtà, come invece è stata interpretata dopo la vera elezione del presidente.

Democrazia incontrollata

Volodymyr Zelensky nasce comico prima di diventare presidente. Non è solo protagonista di Servitore del popolo, ma anche ideatore e regista. Da comico qual era si è affidato spesso nel suo racconto all’espediente caricaturale per raccontare la realtà. Se devo cercare un paragone italiano mi viene in mente Antonio Albanese in Qualunquemente.

Personaggi stereotipati mischiati all’ironia amara raccontano l’Ucraina, senza nascondere i suoi difetti. «Democrazia incontrollata, mi piace questo gioco», dicono gli oligarchi all’inizio della prima puntata della serie riferendosi alle imminenti elezioni in Ucraina, in cui avrebbe vinto appunto Vasily Petrovyc Goloborodko a cui Zelensky presta il volto. 

Libertà

Battute sulla democrazia, insieme a denunce della corruzione si alternano nei primi due episodi, sottolineando appunto le imperfezioni di un pese che rivendica però il pregio di essere libero. «C’è libertà di parola nel nostro paese», dice Zelensky-personaggio a una giornalista nella sua prima conferenza stampa dopo l’elezione.

Oggi queste parole per me hanno un suono nuovo. Cresciuta in Italia, fino al 23 febbraio avrei sorriso, paragonando la libertà degli ucraini a quella a cui sono abituata. Per fare un esempio, nel 2021, l’Italia era al 41esimo posto del World Press Freedom Index sulla libertà di stampa. L’Ucraina al 97esimo. 

Finzione e realtà

Eppure oggi l’Ucraina sta combattendo per non perdere proprio quella libertà, difendendola da chi vorrebbe strappargliela via. In un assurdo gioco di specchi, Servitore del popolo racconta un personaggio che poi diventa vero presidente in un paese giovane e fiorente, ma che non c’è più.

Oggi vediamo invece il volto segnato di Zelensky che deve difendersi da attentati veri alla sua vita vera, dopo aver recitato in una serie tv in cui si ironizzava sulla possibilità della sua morte da presidente per mano di cecchini. In una serie tv dove alla fine, scusate lo spoiler, sarà arrestato.

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