Domenica scorsa

Gigi Morabito scrive: «Ho letto la sua ultima rubrica. Ma perché sconsiglia il film Tre ciotole? A me è sembrato bello (non ho letto il libro di Michela Murgia, ma mia figlia dice che è splendido)».

Gentile Gigi, potrei cavarmela con un’altra mail a contrasto. Davide Benati scrive: «L’ho finalmente scovata! Colpito al cuore con quel magnifico “(Hor)Rohrwacher”. Grazie, e non la mollerò più». Perché al cinema i sogni muoiono all’Alba (intesa come Rohrwacher, protagonista del film in questione).

Voglio fare di più, invece, e consigliarle Le città di pianura, pellicola di rara bellezza, poesia, divertimento e commozione. Una specie di Sorpasso alla veneta con attori e regista in stato di grazia (Sergio Romano, Pierpaolo Capovilla, Filippo Scotti e Francesco Sossai). Due irresistibili debosciati (della classe di Lemon & Matthau) portano a spasso uno studente di architettura per insegnargli il segreto della vita. È un sequestro di persona alla Gassman con Trintignant e anche un rito di iniziazione, che si conclude con un rovesciamento delle parti.

Il senso della vita, forse, coincide con il senso della morte che si respira in un luogo incantato, il Memoriale Brion. L’incredibile tomba, la Divina Commedia del cemento armato, progettata da Carlo Scarpa (il più grande architetto italiano, non segue dibattito) ad Altivole, è l’ultima tappa del viaggio al termine della notte (e del giorno) girata da Sossai. Un finale che si impenna come fanno i purosangue.

Foto Filippo Poli/Wikimedia
Foto Filippo Poli/Wikimedia
Foto Filippo Poli/Wikimedia

Gentile Gigi, immagini che tutto questo glielo ho raccontato nel posto più giusto dove raccontare la grandezza di Carlo Scarpa e, cioè, bevendo un Martini all’angolo bar del Grand Hotel Minerva a Firenze. Lo disegnò Scarpa con Edoardo Detti alla fine degli anni Cinquanta. Oggi non esiste più, lo distrussero facendo una ristrutturazione. Superstiti soltanto gli sgabelli. Nella loro leggiadria sono i muti testimoni di come transita la gloria del mondo.

Lunedì

La mattina, appena sveglio, dopo aver dato un’occhiata ai titoli della Gazzetta, guardo sempre, come un oroscopo, i morti del giorno che Giorgio Dell’Arti annota puntualmente su Anteprima, e calcolo l’età media degli scomparsi. Oggi è di 88,5. Rasserenato, scendo al bar. Cappuccino e maritozzo (uno, piccolo).

A mezzogiorno e venti ho il treno per Milano.

Martedì

Ho tanta posta arretrata e dispero di riuscire mai a sbrigarla tutta. Questa mail, per esempio, è vecchissima (ero ancora al Corriere) e mi chiedo come mai non ho risposto prima. Scriveva Roberto Esposito: «La ringrazio per aver trovato il tempo di rispondere sull’ultimo numero di “7”, con l’abituale cortesia, a una delle mie amichevoli segnalazioni. La sua prosa è sempre accattivante e di facile lettura; le critiche letterarie sono attente e documentate, anche se a volte non mi trovo d’accordo con lei. Per farla sorridere (lo spero, almeno) le racconto qualche mia esperienza con i suoi colleghi. 

– Umberto Eco. Anni fa commisi un delitto di lesa maestà. Gli feci notare l’uso del termine scorretto «areoporto». Anziché imputarlo a un possibile errore di stampa, affermò piccato – nel settimanale su cui allora scriveva – che la parola, benché di origine popolare, è perfettamente valida. Ipse dixit!

– Aldo Cazzullo. Risponde con estrema rapidità e a qualsiasi ora, chiarendo con grandissima cura le incomprensioni del lettore. A mio parere ha una capacità di scrittura straordinaria, soprattutto nelle pagine dei quotidiani: un romanzo di Enzo Biagi (e sempre sicuramente originale). Penso lo preoccupi il pensiero dell’aldilà, poiché a tutti i suoi intervistati chiede che idea ne abbia. Il bello è che la maggioranza di loro ne esclude l’esistenza!

– Luigi Ferrarella. Cronista giudiziario del Corriere, dalla fluviale prosa joyciana. Gli feci notare l’estrema lunghezza e complessità dei periodi dei suoi articoli. Riconoscente, mi ha promesso un maggior ricorso ai segni d’interpunzione, ma finora non ho mantenuto l’impegno.

– Beppe Severgnini. Gli segnalai alcuni errori nei suoi stucchevoli acronimi (alcuni, addirittura, nella lingua inglese da lui adorata). Non mi degnò di risposta.

– Camilla Cederna. Incredibile la tronfiaggine e la boria dei suoi scritti, inzeppati di errori non soltanto di valutazione, ma anche di ortografia. Nessuna risposta alle ripetute contestazioni, ormai lontane.

Mi auguro di non averla annoiata e la saluto cordialmente».

Ma no che non mi ha annoiato, gentile Roberto, e perdoni il ritardo. Qualche considerazione sparsa in merito alla sua lettera. Nel mio personale Pantheon del giornalismo Enzo Biagi non c’è. Giorgio Bocca fu il grande maestro di quegli anni e se non ha mai letto Il provinciale lo faccia, è un capolavoro. Luigi (Ferrarella) l’ho sempre adorato ed è il massimo scrittore di corse di cavalli che abbiamo in Italia. Il genere è in disuso, ma ha un passato glorioso. Non ho spazio ora per raccontarle un mio siparietto qualche anno fa con Umberto Eco nella sua casa di piazza Castello. Prometto che lo farò prossimamente. Anche su Camilla Cederna il discorso sarebbe lunghissimo e mi tocca rimandare. Ma ci tornerò. La storia recente del giornalismo italiano merita di essere raccontata bene (finora c’è riuscito solo il professor Franco Contorbia nei suoi bellissimi Meridiani).

Mercoledì

Un capitolo importante del giornalismo è stato quello delle rubriche televisive. Le tengono grandi firme: Achille Campanile, Sergio Saviane, Beniamino Placido. Oggi il genere è in decadenza come tante altre cose e credo che Aldo Grasso ne abbia intuito il perché proprio sul Corriere di stamattina scrivendo del GialappaShow. «Fanno più ridere i frammenti di Monica Setta con le sue assurde e inquietanti domande o la sua imitatrice che vira sul grottesco? Fa più ridere Valeria Bruni Tedeschi, ogni volta che interviene fuori copione, o la sua imitatrice?» si domanda Grasso. La realtà ha superato la satira, surclassato il trash televisivo.

Giovedì

Scorrendo i social trovo un post di Leonardo Ciomei in cui pubblica perplesso un’immagine così descritta in didascalia: «Il meglio del giornalismo italiano in una foto: Bruno Vespa, Pietro Senaldi, Peter Gomez, Federico Rampini». Aiuto! Professor Contorbia, sono circondato come il generale Custer a Little Bighorn.

Ieri

Scrive Ermi Bagni: «Ho letto con curiosità la sua rubrica sull’assegnazione del Nobel allo scrittore ungherese Krasznahorkai che non conoscevo. Sono rimasto stupito dal tifo da curva tipo Pallone d’oro e dalla sua affermazione che non avrebbe più scritto se il Nobel l’avesse vinto Murakami, ma l’asso di briscola è il suo post del giovedì in cui suppone che il premio a Krasznahorkai potrebbe essere una scelta anti Orbán. La supposizione stride – appena un po’ – con l’assegnazione del Nobel per la pace a María Corina Machado la quale siede all’estrema destra del parlamento venezuelano. Non ricordo commenti da meandri ipogei in occasione dei Nobel a Steinbeck, Montale, Camus, Canetti, Saramago, le Clézio, Dylan. Cordialmente».

Un premio è anti-Orbán, l’altro anti Maduro. Tutto si tiene, non le pare? La pace e la letteratura non c’entrano niente, e nemmeno «i meandri ipogei». Il Nobel è da rottamare, come lo Strega, come il Premiolino. Il Pallone d’Oro.

Adesso torno a cercare in archivio l’articolo su Alberto Ongaro che non riesco a trovare.

Prima, però, devo scrivere il finale della rubrica con la morale della settimana, ma non mi viene e il tempo stringe. Mi distraggo preparando la cena. Mi mancano anche le enchiladas stasera (anti María Corina Machado?).

Mi cade l’occhio sul calendario appeso in cucina. Non è quello di Diabolik, a cui ero molto affezionato. Quest’anno non l’ho ricevuto e l’ho sostituito con Frate Indovino. Vedo che è rimasto aperto sulla pagina di settembre. Prima di girarla, la leggo: «Movimenti celesti del mese: Mercurio praticamente invisibile, Venere molto brillante all’alba, Marte è sempre più vicino al Sole e tramonta nei bagliori del crepuscolo». Ecco il finale! Chiude un cerchio cosmico con il Memoriale Brion del Maestro Scarpa.

per scrivere ad Antonio D’Orrico: lettori@editorialedomani.it

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