Poche balle. Finite le feste, finita la festa. I cinema sono vuoti, i giornali perdono copie, la discografia, in attesa del suo Natale spostato a febbraio a Sanremo, si è trasferita su Spotify. Nelle librerie ci sono invece le pile ma soprattutto le file. Il libro di memorie del principe Harry registra vendite da record. Il ritmo incessante delle rivelazioni che hanno preceduto l’uscita il 10 gennaio per Mondadori ha contribuito a spingere gli ordini e le vendite iniziali, rendendo Spare, nel suo primo giorno, uno dei libri più venduti della storia dell’editoria.

C’è poco da fare gli schizzinosi frignando sui barbari che invadono le cittadelle librarie del sapere, c’è poco da cavillare. Il fenomeno dell’autobiografia del piccolo principe è globale e contemporaneo in tutto il mondo. Nelle librerie e sulle piattaforme. Delle editorie, ben più mature della nostra, di Usa, di Germania e di Francia. Non solo nel Regno Unito. Solo gli editori hanno accesso ai dati di vendita dei loro libri e tendono a rilasciare cifre solo quando sono favorevoli.

GfK, su cui baso le analisi di questa rubrica, traccia le vendite in modo indipendente e riporterà i dati della prima settimana di vendite la prossima settimana. Intanto in Gran Bretagna, Spare ha venduto 400mila copie in un solo giorno, secondo l’editore. Se aggiungiamo gli Stati Uniti e il Canada arriviamo a più di 1,43 milioni di copie in tutti i formati. La cifra è la maggiore per vendite del primo giorno per qualsiasi libro di saggistica mai pubblicato da Penguin Random House, il più grande editore del mondo. Negli Usa, ha detto Shannon DeVito, direttore dei libri della catena Barnes & Noble, «alcune persone sono entrate subito prima del lavoro, alcune persone sono entrate in pausa pranzo, alcune persone sono entrate dopo, ma la velocità delle vendite durante il giorno è stata gigantesca».

Analizzeremo i volumi italiani la prossima settimana, ma già sappiamo che sono portentosi, come soltanto si ricordano quelli del maghetto omonimo: Potter.

Una cosa che si può già dire, mentre sui social tutti scrivono «basta, Harry: hai già rotto il cazzo», è che Harry è diventato la serie di sé stesso e, dopo l’ottima The Crown, lo storytelling ha completamente saturato la realtà. La narrazione della buona penna di Moehringer, quello che aveva scritto anche Open, la bellissima biografia di Agassi, è diventata la realtà, e della royal family non gliene frega niente a nessuno. È lo storytelling che batte l’algoritmo tiktokiano. Ancora in auge questa settimana, per l’ultima volta prima dell’arrivo del ciclone piccoloprincipesco, nel testa a testa finale tra i due colossi del young adult lacrimevole, di impianto ottocentesco, dickensiano, e di lettura scorrevolissima: Il fabbricante di lacrime di Erin Doom, che riguadagna la prima posizione, vs Dammi mille baci di Tillie Cole, al secondo posto.

La scomparsa di Mauri

È morto in Argentina a 83 anni Achille Mauri, e il mondo del libro e della cultura perde un grande uomo che ha fatto della curiosità intellettuale e dell’amore per la libertà una ragione di vita.

Ultimo dei cinque figli di Umberto Mauri e Maria Luisa Bompiani, Achille è stato l’esponente più irrequieto e avventuroso di una delle più importanti dinastie culturali, editoriali e imprenditoriali Italiane, un intreccio parentale di nomi, Mauri-Bompiani-Spagnol-Ottieri-Zanuso, dentro cui stanno la più grande distribuzione libraria di Messaggerie italiane e una ventina di case editrici del Gruppo editoriale Mauri Spagnol, guidato dal nipote Stefano Mauri.

Achille era presidente di Messaggerie Italiane, della Scuola per librai Umberto ed Elisabetta Mauri, di BookCity a Milano, e si è sempre speso per portare i libri, quanti più numerosi e diversi possibile, all’attenzione dei lettori italiani. Era una persona che viveva con gioia e così tutti lo ricorderemo a Venezia tra pochi giorni, in occasione della prima edizione della Scuola durante la quale purtroppo non potremo sentire la sua voce.

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