In Manifest Destiny, Alexis Rockman immaginava una Brooklyn del futuro, sommersa a causa del riscaldamento globale. Il ponte, gli edifici, le strade... Tutto sott’acqua. E secondo un nuovo studio della Virginia Tech University pubblicato su Nature Cities è il rischio che corrono le principali città degli Stati Uniti per via della densità abitativa e dell’estrazione massiva di acque sotterranee. In 28 metropoli americane il suolo si sta abbassando dai due ai dieci millimetri l’anno, con un primato poco invidiabile per Houston, che in alcune aree sfiora i cinque centimetri.

La subsidenza – ovvero l’abbassamento – del suolo negli Stati Uniti interessa più di 17.000 miglia quadrate, con casi documentati in più di 50 città, che costituiscono circa il 65% del campione esaminato. Il team, guidato da Leonard O. Ohenhen, ha realizzato una mappa delle variazioni altimetriche delle città, abitate in media da 34 milioni di persone – circa il 12% della popolazione statunitense totale – sfruttando dati satellitari ad alta risoluzione.

Le osservazioni hanno rivelato cedimenti a velocità differenti e variazioni spaziali all'interno di 25 città su 28, con oscillazioni da due millimetri – a New York, Chicago, Columbus, Seattle e Denver – a oltre quattro millimetri annuali – a Houston, Fort Worth e Dallas. A Houston più del 40% della superficie sta calando a un ritmo di oltre cinque millimetri all’anno e il 12% a una velocità doppia, in alcuni punti fino a cinque centimetri.

Episodi di sollevamento e abbassamento del suolo sono dovuti anche a fenomeni naturali come l’aggiustamento isostatico glaciale (GIA) – a causa dello scioglimento dei ghiacciai, tonnellate d’acqua si riversano negli oceani, aumentando i livelli dei mari e “alleggerendo” il terreno sottostante, che si solleva gradualmente – che interessa, ad esempio, l’Alaska, ma anche New York, Philadelphia, Washington (DC). Ma se parte degli Stati Uniti stanno “inabissandosi” è soprattutto a causa dell’eccessiva urbanizzazione e dell’estrazione storica di acque sotterranee.

La punta dell’iceberg

La subsidenza è connessa anche alle variazioni dei livelli dei bacini idrici nel sottosuolo. Partendo dai dati dell’US Geological Survey su 13 città (circa il 46% del campione) relativi al periodo 2015-2021, i ricercatori hanno osservato una riduzione del livello delle acque sotterranee da 0,01 a oltre 3 metri all’anno nel 24% delle falde confinate in città come Memphis, Washington, New York, Houston e San Diego – sebbene a rischio siano soprattutto la metà delle falde libere e il 47% di quelle sconosciute.

La probabilità di subsidenza (superiore a un millimetro) era maggiore quando i livelli dei bacini idrici scendevano al di sotto della media a lungo termine soprattutto a New York, Memphis e San Diego, al contrario di Washington e Houston. Infatti, oltre che dalle estrazioni, queste differenze sono dovute anche ad altri fattori come la maggiore o minore permeabilità dell’acquifero che può determinare una deformazione più rapida della superficie terrestre all'esaurimento delle falde.

Una lama sottile

Gli spostamenti più o meno lievi del terreno sono ancora più insidiosi di eventi estremi come un’inondazione, dove i rischi si manifestano solo quando c’è un abbassamento al di sotto di una soglia critica. In circa l’1% della superficie delle città analizzate l’integrità delle infrastrutture può essere compromessa da un danno latente, che nel lungo termine può causare crepe, fessure e collassi strutturali, diventando visibile solo quando è troppo tardi.

Su 5,6 milioni di edifici esaminati, sono poco più di 29.000 quelli ad alto e altissimo rischio e si trovano principalmente a San Antonio (1.515), Austin (706) e Houston (376). Il discorso non è però così lineare, perché entrano in gioco anche altri fattori come il tipo di suolo e i materiali da costruzione.

Le città occupano meno del 3% della superficie terrestre, ma sono responsabili della maggior parte del danno climatico, emettendo oltre il 70% di CO₂ a livello globale. Danno che, come un boomerang, torna indietro per abbattersi su infrastrutture inadeguate a fronteggiarlo.

Eppure, secondo le recenti proposte dell’amministrazione Trump, la scienza rischia di subire tagli senza precedenti, mettendo in pericolo quegli stessi enti di ricerca che ispirarono il murale visionario di Rockman e che orientano le scelte strategiche di governi e agenzie internazionali.

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