Terra di vite tranquille, la bassa padana. Del lavoro e della nebbia che, nel distretto industriale numero 6, contribuiscono alla maggior parte della produzione delle calze italiane ed europee.

Castel Goffredo è la capitale in questo regno dei filati e, così, lo era al tempo dei Gonzaga di cui rimangono le architetture austere a scandire il ritmo delle sue algide mattine.

A due passi dalla torre del palazzo fa capolino il ristorante vietnamita Phở Phương che, con i colori sparati del suo ingresso, interrompe il procedere tutto bianco e regale del piccolo e calmo centro storico.
Phương Trần ha dato il suo nome al ristorante, unendolo a phở, la tradizionale zuppa di manzo e noodles di riso, che lascia a sobbollire per ore. È l’unica a lavorarci e si occupa di tutto. Dalla cucina osserva la sala attraverso uno di quegli specchi convessi usati sui passi carrai e arrivato lì chissà in che modo.

A volte, ad aiutarla, ci sono il marito Văn Dũng Nguyễn e il figlio Davide, soprattutto la sera e per le occasioni speciali come il Tết Nguyên Ðán, il capodanno lunare vietnamita.

Lo festeggiano all’interno del ristorante, mostrano le foto alle pareti, indossando i vestiti tradizionali e condividendo il bánh tét, portata celebrativa dolce-salata dalla forma di un polpettone, avvolto in foglie di bambù e a base di riso glutinoso e maiale.

Il menù di Phương si concentra sui piatti tradizionali vietnamiti, con influenze laotiane e thailandesi.

Ondeggiando tra la cucina e la sala, a Trần bastano poche domande per sapere cosa dovresti mangiare, se si tratta di una introduzione alla sua geografia o di un percorso più approfondito.

Il punto di partenza sono sempre e comunque i Chả Giò, gli involtini ripieni di carne, verdure o gamberi e fritti, da arrotolare in una foglia di insalata con menta e verdure fermentate in casa prima di immergerli in salsa di pesce e noccioline.

«Il phở dovresti provarlo», ti raccomanderà sicuramente, «e poi potresti passare ai bánh xèo (frittelle di farina di riso e latte di cocco, ripiene con maiale, gamberetti e germogli di soia, NdR) e, magari, hai anche posto per un bánh bao (versione vietnamita dei bao cinesi)?».

Non è difficile ritrovarsi con il tavolo, la pancia e lo spirito pieno quando si è con Trần.

Un ristorante tra i filati

Come molti altri, anche Trần è arrivata in queste zone per lavorare nel settore tessile ma, quando nel 2017 la sua azienda ha chiuso a pochi anni dalla pensione, ha deciso di lanciarsi nella ristorazione.

Originaria di Saigon, oggi Ho Chi Minh City, Trần è cresciuta in Laos prima di partire per l’Italia: «Sono arrivata nella provincia di Brescia nel 1980, avevo quindici anni e ho cominciato subito a lavorare nel settore delle calzature» racconta.

«Ho fatto la saldatrice e altri lavori finché non ho trovato un posto in una fabbrica a Mantova. Mi trovavo bene e pensavo sarei rimasta lì fino alla pensione ma, poi, l’azienda ha dichiarato fallimento. Non trovavo un nuovo posto di lavoro e, allora, ho pensato di provare con il ristorante ripartendo da zero, mettendomi a cucinare le cose che facevo a casa per la mia famiglia. Inizialmente non è stato possibile aprire e sono ritornata a casa per stare accanto a mia madre. Mentre ero là ho ricevuto il via libera e, così, abbiamo aperto con mia sorella a darmi una mano in cucina e altri dipendenti. Poi è arrivato il Covid ed era impossibile tenere tante persone a lavorare e ho iniziato a fare da sola. Per questo motivo penso sempre a ridurre le portate del menù ma ci sono i clienti più affezionati che continuano a chiedermi certe portate e non me la sento, anzi, le persone mi aiutano sparecchiando i loro tavoli, facendomi sapere in anticipo cosa vorrebbero, come se fossimo in famiglia».

Quella vietnamita è una delle provenienze straniere meno rappresentate nel nostro paese, contando circa 5mila cittadini residenti secondo i dati forniti dall’Ambasciata del Vietnam, concentrate principalmente nelle grandi città, a Milano e Roma.

Nelle zone industriali simili a quella di Castel Goffredo e del distretto della calza, si distribuiscono in comunità molto piccole ma che, insieme, rappresentano percentuali rilevanti (attorno al 35 per cento dell’intera Lombardia, aggregando i dati Istat per le province di Mantova e Brescia, che non contano le seconde e terze generazioni). Il ristorante di Phương Trần è, anche per queste ragioni, uno dei pochi vietnamiti in Italia, nonostante i piatti vengano proposti in molte cucine asiatiche e l’immensa cucina di questo paese stia effettivamente attraversando un periodo di espansione grazie anche alle nuove generazioni: «Non sono tanti i vietnamiti che vengono al mio ristorante, spesso perché le famiglie sono grandi e la spesa diventa troppo elevata», prosegue Trần, «ma alcuni, che vengono da fuori, da Brescia e Mantova da tanti anni, mi dicono di sentire i sapori della loro infanzia e, per questo, continuano a tornare. Se non ci sono tanti ristoranti vietnamiti in Italia credo sia perché ci si concentra più sul rischio di perdere, invece di pensare a quello che si può ricevere. Anche io mi sono sempre detta di non voler fare la titolare, per le grandi responsabilità e il rischio di fallire. I primi tempi sono rimasta senza stipendio ed è stata durissima ma, oggi, il ristorante va bene e sono orgogliosa di quello che è diventato».

Storia di due paesi

Anche se il numero di cittadini vietnamiti è ridotto, quello tra Italia e Vietnam è un rapporto storico nato agli inizi degli anni Settanta: «In Vietnam c’è una conoscenza profonda dell'Italia e di tutto quello che rappresenta, si conoscono i brand e lo stile di vita.

Negli ultimi anni questa conoscenza è aumentata anche in Italia, grazie alla maggiore facilità nel viaggiare con l’esenzione del visto turistico, i voli diretti e alle aperture di nuovi ristoranti.

Quando ero bambina, era quasi impossibile per me trovare all’esterno il cibo che mangiavo a casa ma, oggi, per fortuna, molte cose sono cambiate», racconta Maily Anna Maria Nguyễn, presidente della Fondazione Italia-Vietnam, che, nel 2023 in occasione del cinquantesimo anniversario dei rapporti diplomatici ed economici fra i due paesi, ha ricevuto titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e la Medaglia dell’Amicizia, la massima onorificenza conferita dal governo vietnamita.

«È un rapporto di amicizia profondo e radicato», prosegue Nguyễn, «e il Vietnam ha molte similitudini con l’Italia. La sua conformazione verticale permette un’estrema territorialità e specificità in termini di clima, paesaggi, cibo e ricettazione, oltre ad abitudini come il consumo del caffè o l’utilizzo della baguette per i tradizionali bánh mì.

Il Vietnam è fra le economie più in crescita e l’impegno dell’Italia è sempre stato importante, più che semplice esportatore è un vero e proprio partner, creando progetti di cooperazione direttamente nel paese per lo sviluppo e la reciproca collaborazione economica, in un’ottica di crescita comune e sostenibile».


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