Il femminicidio non è stato ufficialmente classificato come reato in Messico prima del 14 giugno 2012, quando è stato incluso nel Codice Penale Federale come un delitto: «Articolo 325: Commette il delitto di femminicidio chi priva della vita una donna per questioni di genere».

I nomi che si davano

Gran parte dei femminicidi commessi prima di quella data erano chiamati delitti passionali. Erano chiamati ha preso una cattiva strada. Erano chiamati perché si veste così? Erano chiamati una donna deve sempre stare al suo posto. Erano chiamati qualcosa deve aver combinato per fare quella fine. Erano chiamati i genitori la trascuravano. Erano chiamati la ragazza che ha preso una decisione sbagliata. Erano chiamati, addirittura, se lo meritava. La mancanza di linguaggio è impressionante.

La mancanza di linguaggio ci lega, ci soffoca, ci strangola, ci spara, ci scuoia, ci fa a pezzi, ci condanna. Per questo, quando il gruppo femminista Las Tesis ha organizzato la performance “Uno stupratore sulla tua strada” nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, nel centro di Santiago, in Cile, l’esibizione ha avuto così tanta risonanza dappertutto. E la colpa non era mia / né per dov’ero / né per come ero vestita.

Si trattava di un linguaggio già in uso, un linguaggio che diversi gruppi di attiviste, e diversi gruppi di vittime, avevano già utilizzato nei processi e nelle piazze, durante concitate manifestazioni e intorno al tavolo da pranzo, ma che poche volte prima di quell’inverno del 2019 aveva risuonato in quel modo. Così contundente. Così diretto. Così vero. Il patriarcato è un giudice / che ci giudica per essere nate / e il nostro castigo / è la violenza che non vedi.

Cercare giustizia

Sai che la prima volta che ho parlato con la Procura per fissare un appuntamento mi hanno chiesto per filo e per segno che cosa volevo? Sorais fuma con una dedizione incrollabile. C’è qualcosa di voluttuoso nel modo in cui tiene la sigaretta fra le dita e poi la avvicina al viso e se la deposita fra le labbra. C’è qualcosa di determinato e di disciplinato nel modo in cui inspira; nel modo in cui trattiene il fumo nei polmoni e lo lascia sfuggire dopo qualche drammatico secondo.

Sai che sulle prime non ho saputo cosa rispondere? Balbettavo. Esitavo. Le dico questo: le dico che balbettavo. Che esitavo. Voglio il fascicolo, ho detto, mangiandomi le parole. Il fumo nell’aria. L’aroma di qualcosa di molto antico fra i nostri corpi. Solo questo?, mi ha chiesto, stupita, la voce all’altro capo della linea. È femminicidio. / Impunità per il mio assassino. / È la scomparsa. / È stupro.

Allora mi sono resa conto, nel corso di quella telefonata, del poco che stavo chiedendo. No, ho detto, interrompendo quella che sembrava essere la fine intempestiva della chiamata. No. Voglio qualcos’altro. Lo stupratore sei tu.

Le figure formate dal fumo della sigaretta si elevano e, a poco a poco, scompaiono nell’aria. Voglio che si trovi il colpevole e che il colpevole paghi per il crimine che ha commesso. Sono rimasta di nuovo in silenzio. Ho deglutito. Voglio giustizia, ho detto infine. E l’ho poi ripetuto ancora, trasformandomi nell’eco di tante altre voci. L’ho ripetuto ancora una volta, ora con più decisione, con assoluta chiarezza.

Lo stato oppressore è un maschio stupratore. Voglio giustizia. E la colpa non era sua / né per dov’era / né per come era vestita. Voglio giustizia per mia sorella. Lo stupratore sei tu.

A volte devono passare trent’anni per dire ad alta voce, per dirlo ad alta voce di fronte a un impiegato del sistema giudiziario, che si vuole giustizia. A volte c’è bisogno di tutto quel tempo per tornare ad Azcapotzalco e sedersi sotto la chioma inaudita di un albero e ascoltare, tremando di paura, piena d’incredulità, l’improbabile canto degli uccelli.


Il testo è un estratto da “L’invincibile estate di Liliana” (Sur, 2023), in cui Cristina Rivera Garza racconta il femminicidio della sorella. L’autrice sarà oggi alle 18.30 al Book Pride di Milano per un reading collettivo, mentre domani alle 17.30 presenterà il libro con Annalisa Camilli. Il10 marzo alle 17 sarà alla Galleria Metronum a Modena, con Adriana Barbolini, e l’11 marzo alle 18 all’auditorium Biagi di Bologna con Samanta Picciaiola per l’anteprima di Gender Bender Festival. Il12 marzo alle 18.30 sarà a Firenze alla Gonzaga University con Alessandro Raveggi, mentre il13 marzo alle 18.30 alla libreria Tuba di Roma dialogherà con Giulia Caminito per l’anteprima di InQuiete Festival.

© Riproduzione riservata