Laura Donnini, publisher di Harper Collins Italia, è il suo editore italiano. Commossa e orgogliosa mi dice al telefono in una domenica mattina triste per il mondo dei lettori che non amano annoiarsi: «Ho avuto il grande privilegio di conoscere Wilbur Smith nel 2017 dopo essere stati scelti come suo nuovo editore in Italia e ricordo con grande emozione le ore trascorse con lui e la sua amata Niso a Londra, conversando con incredibile energia e passione dei suoi romanzi e dei progetti futuri. Wilbur Smith non ha mai smesso di scrivere e ci lascia in eredità molte storie che continueremo a pubblicare con grande orgoglio e ha saputo inventare progetti totalmente nuovi, a partire dalla sua auto-biografia Leopard Rock fino alla serie di Jack Courtney per bambini, con l’ambizione di lasciare una grande eredità per le generazioni di tutto il mondo. Ricordo che mi colpirono molto la vivacità e curiosità nei suoi occhi azzurri e l’eccitazione di iniziare con noi una nuova avventura, l’ultima della sua carriera di scrittore». 

Maestro di avventure

Wilbur Smith, uno degli autori più prolifici e famosi al mondo, è morto sabato 13 novembre a Cape Town, in Sudafrica. Aveva 88 anni. A darne notizia è stato il suo editore: «Se n’è andato in modo inaspettato, dopo una mattinata di lettura e scrittura, con al fianco la moglie Niso».

È stato il maggiore scrittore di romanzi d’avventura della nostra epoca. Inventore della serialità, per saghe storiche e cicli familiari. Capace di costruire trame mozzafiato, ambientazioni storiche, personaggi emozionanti, eroi romantici. Maestro indiscusso di quel genere di scrittura, aveva Hemingway e Steinbeck come modelli dichiarati.

È stato il Jules Verne, l’Emilio Salgari contemporaneo: incantando milioni di lettori e trasportandoli con la fantasia nello spazio e nel tempo in un enorme atlante di mondi possibili disegnato per ambientare le sue fantastiche avventure. Dalle miniere d’oro in Sud Africa alla pirateria nell’Oceano Indiano, tra i tesori sepolti nelle isole tropicali, nel conflitto in Arabia e Khartoum, nell’antico Egitto dei Faraoni, in Germania e Parigi durante la Seconda Guerra mondiale, l’India, le Americhe e l’Antartico, incontrando spietati commercianti di diamanti e schiavi e cacciatori di selvaggina grossa nelle giungle e nella boscaglia delle terre selvagge africane.

I romanzi di Wilbur Smith hanno catturato i lettori per oltre mezzo secolo, vendendo oltre 140 milioni di copie in tutto il mondo in più di trenta lingue. Una montagna di questi libri anche in Italia, dove Smith ha moltissimi appassionati lettori. Divisi per 49 titoli. Suddivisi tra la saga sull’antico Egitto, da "Il dio del fiume” all’ultimo capitolo de “Il nuovo regno”, e i cicli dei Courtney e dei Ballantyne in cui racconta le storie secolari di famiglie di bianchi come lui. Gente cresciuta nella Rhodesia dell’apartheid, regime che lui condannò senza riserve, poi passata attraverso la fine del colonialismo e l’inizio di una nuova era di uguaglianza razziale.

«Il tuo destino è quello del leone. Perché il leone viva, qualcuno deve morire». Il primo romanzo, “Il destino del leone” del 1964, introduce la saga della famiglia Courtney, è la storia di un giovane che cresce in un ranch sudafricano, un bestseller mondiale che pone le basi del suo più grande successo, la monumentale saga dei Courtney, una serie di quindici romanzi che raccontano il destino di una famiglia lungo più di tre secoli. La più lunga serie di romanzi nella storia dell'editoria, attraversando generazioni e periodi critici dall'alba dell'Africa coloniale alla guerra civile americana e all'era dell'apartheid in Sudafrica.

Una vita movimentata

Nato in Zambia nel 1933 da una famiglia britannica, era un cacciatore di caccia grossa, cresciuto sperimentando la foresta, le colline e la savana dell'Africa nel ranch dei suoi genitori. Aveva anche un brevetto da pilota ed era un subacqueo. Come ambientalista, ha gestito la sua riserva di caccia e possedeva un'isola tropicale alle Seychelles. Tratti distintivi assai distanti dallo stereotipo dello scrittore imbranato, ingobbito e occhialuto.

«Ho ucciso il mio primo leone a 12 anni, per autodifesa, sono stato quasi ammazzato da un bufalo, ho visto uomini uccisi dagli elefanti e ho nuotato in mezzo agli squali», ha raccontato a Claudia Morgoglione in una intervista a Repubblica di qualche mese fa. Come in un suo romanzo, il primo manoscritto viene rifiutato dagli editori.

Quando viene pubblicato, il successo è travolgente e non si ferma più. «Scrivi di ciò che conosci», gli suggerisce l’editore. «E allora ho scritto di mio padre e mia madre, di mio nonno, della storia dell’Africa, dei bianchi e dei neri, della caccia grossa e delle miniere, di avventurieri e donne».

Nel suo libro di memorie del 2018 Leopard Rock, Smith racconta di aver avuto «tempi duri, cattivi matrimoni...bruciato l'olio di mezzanotte senza arrivare da nessuna parte, ma alla fine tutto questo ha contribuito a una vita fenomenale, soddisfacente e meravigliosa. Voglio essere ricordato come qualcuno che ha dato piacere a milioni di persone».

Smith «lascia dietro di sé un tesoro di romanzi», compresi molti libri inediti scritti con giovani co-autori, secondo Kate Parkin, amministratore delegato della Bonnier Books. Kevin Conroy Scott, il suo agente letterario negli ultimi dieci anni, lo descrive come «un'icona, più grande della vita» e ha detto che la sua «conoscenza dell'Africa e la sua immaginazione non conoscevano limiti».

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