«Educato al comunismo e al rispetto delle istituzioni dal nonno stalinista e dal babbo carabiniere. Infanzia cattolica, adolescenza ingraiana, giovinezza maoista, tarda giovinezza filoalbanese, pre maturità togliattiana, post maturità tra Arbasino e García Márquez (…). Fuma MS, veste camicie militari e, nel portafoglio, ha una foto di Che Guevara. Ascolta musiche di Conte, De Gregori, Guccini e non sa ballare».

È un’autobiografia dell’italiano di sinistra dell’epoca del partito che via via era costretto a cambiare nome scambiando instabilità onomastica e declino politico: da Pci a Pds, Ds, fino a Pd, quella che Sergio Staino scrive di se stesso. Bobo, il suo eroe, era il ritratto delle sembianze di Gianni Carino, un suo e mio amico, compagno dell’epoca. A qualcuno ricordava anche Umberto Eco, (occhiali, barba, corpulento, scettico, amletico, ironico), uno che di fumetti ne capiva e scrisse: «Lo storico del futuro che voglia capire che cosa è successo a una generazione (intendendo di italiani), oltre ai molti saggi e ai rispettabili documenti che si troverà a sfogliare, dovrà tener presente anche Bobo, forse più di molti libri e di altrettanti discorsi…».

Eco aveva sdoganato i fumetti in Italia, un paese talmente arretrato, prigioniero della triste retorica delle maestre, che il primo numero di Linus, aveva dovuto mettere in campo Umberto Eco, Elio Vittorini e il suo direttore Oreste Del Buono, per convincerle, le maestre, che leggere fumetti non era peccato e non si diventava ciechi. Sfortuna, una degenerazione retinica che lo ha reso per molti anni quasi cieco, che accadde purtroppo a Staino, che proprio su Linus aveva debuttato nel 1979. Quando ci incontravamo, spesso a Forte dei Marmi per il Premio di Satira Politica, lui lo aveva vinto nel 1984, Sergio mi riconosceva al volo dalla voce, è una mia caratteristica, afona e svociata. Ed è sempre stata una festa della satira e dell’intelligenza con lui e con la sua meravigliosa moglie brasiliana, Bibi. Il suo valore aggiunto. Mi sfotteva e provocava. Non sono mai stato comunista, né fedele alla linea, attratto piuttosto da ogni pulsione libertaria. E Bobo metteva in scena genialmente i dubbi, i tormenti, le contraddizioni, le frustrazioni soprattutto, dei compagni e degli elettori di sinistra, da Togliatti a Berlinguer fino a Renzi, che, ora sembra incredibile, ma è stato segretario di quel partito. Raccontandone anche la storia sentimentale, di grandi passioni e di grandi delusioni.
«Questa è una storia parziale e non ha la pretesa di ricostruire alla perfezione gli accadimenti storici. È una storia d'amore personale, a tratti assai stramba e picaresca, che però somiglia a quella di tanti altri. Una storia, quella del comunismo italiano, tanto forte da far tremare i polsi.»

È che Sergio Staino è stato uno dei più importanti fumettisti italiani. Maestro di satira politica e di ironia. Attraverso la sua creatura di fantasia, Bobo, prendendo per i fondelli un certo umore e sentore di ortodossia comunista, ha raccontato i passaggi fondamentali della storia del PCI, gli snodi cruciali, le battaglie campali, gli errori madornali e le ipocrisie. Quello di Staino è un viaggio nella sua memoria che tiene dentro tutto: Togliatti e Berlinguer, Brecht e Che Guevara; l'Unione Sovietica e la Cina; le differenze tra il comitato centrale del partito e le masse, sempre indomite e pronte alla rivoluzione; gli anni a l'Unità di Macaluso, il crollo del Muro di Berlino e la fine del mondo comunista. E poi l’invenzione di Tango, settimanale satirico, prima dentro l’Unità poi da solo. La tv con Teletango e Cielito lindo, il cinema con Cavalli si nasce. La sua storia sentimentale è una lettura moderna di tutto ciò che è stato e ciò che poteva essere. Un atto d'amore verso un'idea che non tramonta e che seppur in forme diverse chiede ancora conto alle società di oggi e di domani. «Io e Bobo abbiamo in comune tutto, o quasi: moglie, figli, amici. Lui è rimasto ai quarant’anni, mentre io sono invecchiato. Ma in compenso io, grazie a lui, non soffro di ulcera», disse Staino sulla sua creazione più celebre. Ciao Sergio. Eri un uomo, un intellettuale e un disegnatore libero: libero e radicale nelle idee, libero e lucido nel pensiero.

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