Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha annunciato una serie di provvedimenti severissimi contro chi organizzerà rave party, con pene putiniane (da tre a sei anni di carcere).

Insomma vuole spezzare le reni ai rave party, per decreto urgente e introducendo il nuovo reato (di dubbia costituzionalità) di invasione pericolosa di spazio pubblico.

È il primo atto di ordine pubblico del nuovo governo; era così urgente, anche più urgente del caro bollette, dato che il prossimo rave party sarà eventualmente organizzato tra molto tempo? No, evidentemente; ma è un provvedimento ideologico, emanato “pe’ ffà vedé chi semo”.

Varrà anche per i raduni No-vax o per altre forme di manifestazioni pubbliche o studentesche, alla faccia delle libertà proclamate dalla Costituzione? Attenzione: al primo Consiglio dei Ministri (come già vari hanno notato) è stata approvata una norma limitativa della libertà, con facoltà persino di intercettazioni telefoniche, che potrebbe essere messa in atto ovunque si radunino più di cinquanta persone, anche nei confronti di una festa sulla spiaggia (come scrive Flavia Perina sulla Stampa).  

Sciagurati ragazzi

Contro i rave party di certo non funzionerà, ministro Piantedosi, perché i raver continueranno a radunarsi e certo non potrete mettere in prigione tre o quattromila persone alla volta. E nemmeno prevenire, a costo di scontri.  Forse servono altre forme di regolamentazione.

Che sciagurati, però, questi ragazzi: prima di tutto sono giovani, con due anni di Covid alle spalle, e osano cercare forme di socialità autonome e fragorose in un paese che non è per giovani come il nostro, sono vestiti in modo strambo, non vedono l’Isola dei famosi, e soprattutto nessuno di loro vota per i partiti ora al governo. 

Benissimo, il raduno non era autorizzato. E i raver sono il simbolo del male. Peccato però che contemporaneamente, a Predappio, si svolgesse una manifestazione di commemorazione per la data più sciagurata della storia italiana del XX secolo, il centenario della Marcia su Roma, con ampio contorno di saluti romani, gagliardetti, camicie nere e canti fascisti. Speriamo almeno che i nostalgici non abbiano intonato tra le altre una strofetta che le camicie nere cantavano durante l’invasione dell’Etiopia del 1936: «Il general Graziani aspetta da più sere / la pelle di abissini per far camicie nere». 

Nessuno a Predappio

Grande dispiegamento di polizia ed elicotteri a Modena, nessuno a Predappio. Il ministro dell’Interno si è giustificato dicendo che «questa manifestazione» (anch’essa non autorizzata) si svolge da molti anni, e perciò lasciamo fare.

Ma ministro, anche i rave party si svolgono da molti anni. Però una differenza c’è. Mentre la manifestazione di Modena era un incontro per sentire musica, anche se in forme eccessive, chiassose e fastidiose (io tra l’altro amo la musica classica), quella di Predappio si configura come apologia del fascismo, reato previsto nel nostro codice penale.

I raver non mettono in pericolo il nostro sistema democratico, il modo di pensare fascista e autoritario sì. Mi è dispiaciuto, poi, sentire la nostra presidente del Consiglio usare la parola «delinquere» a proposito di quei raver, che il ministro Matteo Salvini definisce «delinquenti» tout court.

A Viterbo l’anno scorso «se ne andarono da soli», ha detto la presidente Giorgia Meloni. Dovevano essere portati via dalla forza pubblica o in treni piombati? Qualcuno può informarla del fatto che i rave party si tengono in tutta Europa e non solo in Italia? Questa parola insultante, delinquere, lei si è permessa di usarla verso cittadini italiani ed europei, la massima parte dei quali è incensurata e quindi non “delinque” abitualmente.

Trovo inaccettabile sentirla sulla bocca della presidente del Consiglio del mio paese: usiamola caso mai nei confronti dei trafficanti di droga o di esseri umani, dei mafiosi, dei violenti e degli stupratori. 
Lei ha fatto molto bene a dire che non ha «simpatia» (simpatia?!) per i regimi e a ricordare che le leggi razziali rappresentano la data più buia della storia italiana.

Ha perfettamente ragione: ma ci sono date altrettanto buie, come il 28 ottobre celebrato a Predappio nella totale indifferenza delle istituzioni, o il 10 giugno 1940, quando l’Italia fascista ha aggredito una Francia prostrata dall’invasione tedesca (un atto vigliacco, da veri maramaldi), o quello in cui il governo di Benito Mussolini ha deciso d’invadere l’Etiopia, con centinaia di migliaia di morti (loro).

Quando lei andrà a Kiev, onorando con questo l’Italia, penso che non sarebbe inopportuno che portasse dentro di sé anche questi ricordi, perché la polvere della storia si può nascondere sotto il tappeto, ma resta lì e potrebbe ancora scivolare fuori.

La Marcia su Roma

Torniamo però al 28 ottobre. Questo giorno che i nostalgici (per fortuna non lei) festeggiano, è stato una data infame per noi, ma gloriosa per altri.

Infatti il 28 ottobre 1940 l’Italia di Mussolini ha iniziato a invadere la Grecia, che non ci aveva fatto alcun torto. «Spezzeremo le reni alla Grecia» è una sua frase rimasta famosa.

Ebbene, questo giorno è diventato la festa nazionale dei greci: perché essi – come gli ucraini di oggi – hanno detto “no” all’invasore. Ochi, “no”.

E questo ochi li ha portati a resistere eroicamente contro un aggressore molto più forte; il risultato sono stati ancora decine di migliaia di morti, loro e nostri. L’uomo di Predappio pensava di fare una rapida marcia su Atene nell’anniversario della Marcia su Roma, e invece le truppe italiane sono state messe in fuga e poco è mancato che fossero i greci a fare una marcia su Tirana.

Sono stati poi i tedeschi a salvarci, ma l’onore e il prestigio italiano sono rimasti per sempre macchiati. Ochi, signori nostalgici di Predappio e loro fiancheggiatori, “no”. E speriamo che il ministro Piantedosi, oltre a disperdere le orde barbariche dei raver, in una prossima occasione si ricordi anche di intervenire su raduni dichiaratamente fascisti e quindi contrari al giuramento di difendere la Costituzione repubblicana che ha prestato pochi giorni fa.

In quel lontano 1940 i greci hanno respinto l’aggressione di un bullo che pensava di essere onnipotente; all’incirca 2.500 anni prima i loro antenati avevano respinto l’invasione dell’Impero persiano, che cercava di assoggettare le libere città greche; e da quegli eventi nacque un esperimento di cui ancora oggi tutti noi, e anche lei, presidente Meloni, il ministro Piantedosi e persino il ministro Salvini e i marciatori di Predappio, si avvantaggiano: si chiama democrazia.

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