Dall’insediamento del governo, i detenuti sono aumentati a un ritmo di 6,5 al giorno mentre i posti regolamentari solo di uno ogni otto giorni. L’emergenza degli istituti penitenziari peggiora. La loro direzione resta confusa e inconcludente. Mentre si sono aggiunti nuovi reati e aumenti di pena per quelli già previsti, così determinando anche un aumento della permanenza detentiva
Gentile presidente Meloni,
ho sentito proprio tre giorni fa il suo discorso al congresso della Cisl nel quale ha ricordato i suoi 1.000 giorni di governo e, accanto a questo considerevole traguardo, ha anche fornito altri numeri relativi all’occupazione. I numeri nelle sue parole avevano un carattere di importanza.
Accanto agli auguri, gliene fornisco allora di ulteriori, certo che potrà citarli in altre simili occasioni. In questi mille giorni le persone ristrette in carcere sono aumentate di 6.503, sei e mezzo in più al giorno.
Un buon record, ed è anche approssimato per difetto: perché ho preso come dato iniziale quello fornito dal suo ministro della giustizia alla data del 31 ottobre 2022, così abbonandole otto giorni, e come finale quello della stessa fonte al 30 giugno 2025, anche qui con un abbuono di altri diciotto giorni. Erano 56.225 a quella data pochi giorni dopo il suo giuramento sulla Costituzione, sono diventati 62.728 alla fine del mese scorso. Nessuno ha percepito in tutto ciò una maggiore sicurezza nella propria quotidianità.
Intanto il numero di posti regolamentari – non considero quelli realmente disponibili per carità di patria – sono aumentati nei mille giorni solo di 126: quindi, all’incirca uno ogni otto giorni.
Il calcolo è così semplice: si è avuto un nuovo posto mentre si avevano 52 persone in più da sistemare e si è andati avanti con questo ritmo. Ogni giorno e il numero cresceva non per maggiori nuovi ingressi in custodia cautelare, come ho sentito dire da qualcuno compiacente, bensì per minori uscite.
Il ministro della giustizia nel frattempo ci ha intrattenuti con varie ipotesi risolutive: una caserma quasi pronta da riconvertire per alloggiare persone, un imponente programma di investimento edilizio che ci porterà alla fine del prossimo anno circa 600 posti modulari – che con il ritmo attuale dovranno essere pronti ad alloggiare, basta fare 6.5 per 365, ben 2.373 persone detenuti in più.
Ci ha poi informato sugli effetti di un decreto legge pre-estivo, numero 92, ed era il 3 luglio dello scorso anno, configurandoli addirittura come «umanizzazione carceraria»; quindi sulla possibilità di aumentare le telefonate da parte delle persone ristrette, senza aver però mai dato esecutività a tutto ciò, di un albo delle comunità accreditate per l’esecuzione penale in casi specifici, di una semplificazione del calcolo della liberazione anticipata in modo da favorire una maggiore fluidità verso l’esterno, che nulla ha risolto se non aggravare il lavoro della magistratura di sorveglianza, fino a prevedere oggi una task foce per esaminare, dopo l’estate, le situazioni più semplici di possibile accesso alle misure alternative.
Un insieme vario e talmente eterogeneo da dare la sensazione della mancanza di una qualsiasi linea adeguata alla consapevolezza del problema e alla sua drammaticità.
Anche perché, nel frattempo, il governo da lei presieduto si è distinto per la creatività nell’introduzione di nuovi reati nonché aumenti di pena per altri già previsti nel nostro codice, così determinando anche un complessivo aumento della permanenza detentiva, perché molti di essi hanno trasformato ciò che era “disciplinare” in carcere in nuovo reato penale: anche in questo caso senza che abbia avvertito un qualche sollievo o miglioramento chi in carcere lavora. Tantomeno sono diminuite le situazioni di fragilità e gli esiti funesti che queste spesso determinano.
Mille giorni, signora Presidente, sono un traguardo che va letto sotto una molteplicità di lenti: quella del mondo della vulnerabilità, quella del mondo dell’incertezza e quella del mondo dell’abbandono sono buoni occhiali. E la realtà detentiva sta lì a dirci che spesso proprio le immagini che tali lenti ci consegnano vanno a confluire in quel luogo e vi trovano amplificazione. Ancor più se si persevera a considerarlo come luogo di minore interesse, luogo altro, luogo deposito di difficoltà sociali che richiederebbero altri strumenti di contrasto e supporto anche fuori da quelle mura.
Ma è anche un luogo che per chi, pur esercitando un ruolo politico apicale, ha avuto esperienza delle difficoltà sociali, perché nel sociale ha costruito la sua strada, anche se con percorsi ben diversi e distanti dai miei, dovrebbe suonare come un luogo di consapevolezza. Forse quello in grado di far capire quanto possano essere effimeri gli altri numeri elencati nella celebrazione dei mille giorni.
*ex Garante dei diritti delle persone private della libertà personale
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