Il Festival di Sanremo è stato sicuramente un successo. Amadeus ha costruito in pochi anni una macchina che ha fatto tornare centrale nel paese la kermesse della città dei fiori. Sanremo dovrebbe fargli un monumento.

Va detto che a questo hanno contribuito molto gli indipendenti della prima edizione di “stampo Amadeus” che, totalmente sconosciuti al grande pubblico, hanno avuto subito risultati di ascolti eccezionali. Loro hanno fatto tornare i giovani a Sanremo, a testimonianza che oggi la musica indipendente realizzata dalle piccole factory e start-up creative italiane è la musica attuale delle nuove generazioni.

Ciò non toglie che purtroppo, forse proprio a seguito dell’immediato successo delle scorse edizioni, il Festival di Sanremo e la Rai siano diventate sempre meno attente alle aziende del Made in Italy musicale. Il rischio è che a breve lo scouting venga fatto dalle multinazionali direttamente su Tik Tok, asfaltando le mille e mille realtà attive e produttive della scena indipendente ed emergente italiana. La scena indie ha offerto grandissimi artisti italiani negli ultimi trent’anni, mentre adesso si rischia l’inaridimento, portando fino alla chiusura della filiera dell’innovazione musicale, fondamentale per la cultura giovanile (e no) del nostro paese.

La classifica

Che le cose stanno così, lo dice direttamente la classifica di Sanremo. In testa la Sony con Marco Mengoni, poi la Universal con Lazza e subito dietro la Warner con Mr Rain. Tre major ognuna con un posto, senza lasciare spazio sul podio purtroppo a una sola azienda tutta italiana.

Ecco i dati nudi e crudi ma molto chiari. Su 600 canzoni dei big e 1200 dei giovani presentate, sono state selezionate 28 canzoni finaliste: 23 su 28 delle major, una di una grossa agenzia live e solo quattro di case discografiche italiane.

Serve un intervento urgente che riservi una quota del 40 per cento agli indipendenti in Rai, pari a quella di mercato e a quelle dei paesi avanzati che tutelano le aziende del proprio paese.

Altrimenti così facendo si valorizzano poco le imprese discografiche indipendenti del Made in Italy, le prime che fanno scouting, investono, e producono artisti nuovi e nuovi progetti. Le stesse che in questo clima non riescono mai, da sole, salvo casi eccezionali, ad approdare alle fasi finali dei festival che si affacciano in tv.

Affinché questo patrimonio culturale, musicale ed economico di migliaia di realtà emergenti italiane non vada disperso, serve dare loro una possibilità grazie alla visibilità Rai.

Monitoraggio

Il servizio pubblico può cominciare facendosi carico di tutti gli altri artisti emergenti selezionati nelle fasi finali, non abbandonandoli al loro destino, ma studiando passaggi in radio, web e tv. Il governo dal canto su deve monitorare. Così come non convince l’esclusione di alcuni nomi della nuova scena indipendente, da segnalare infine che anche quest’ultimo Sanremo conferma, come ha detto lo stesso vincitore Mengoni, il gender gap verso il mondo femminile, in un settore praticamente tutto maschile, sia operativamente che artisticamente. Un percorso che deve invertirsi assolutamente, per rendere il nostro paese veramente al passo coi tempi.

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