Dopo un mese e tre giorni di detenzione al Cpr di Gijader, in Albania, era tornato a Torino da meno di 48 ore. Sabato pomeriggio, dopo essere stato derubato della sua scheda sim, si è rivolto a un tabaccaio per chiedere di chiamare la polizia. Arrivati sul posto, però, gli agenti hanno comunicato di non poter intervenire e gli hanno consigliato di sporgere denuncia. Fuori di sé per la situazione, ha reagito con un calcio all’auto della polizia ed è stato arrestato tra le proteste dei testimoni increduli. Meno di ventiquattro ore dopo l’uomo si è impiccato con i lacci delle scarpe. Aveva paura di ritornare in Albania. Al suo avvocato aveva detto: «Meglio il carcere che il Cpr».

È la drammatica storia di Hamid Badoui, 40enne originario del Marocco da oltre quindici anni nel nostro paese insieme alla madre e alla sorella, entrambe con regolare permesso di soggiorno. Un caso che ha generato dolore e polemiche per la situazione delle carceri e la gestione delle persone migranti. Sul tema è intervenuta in particolare l’Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, con una lettera che pubblichiamo integralmente, per denunciare le condizioni di carceri e Cpr. L’Asgi, nata nel 1990, riunisce avvocati, docenti universitari, operatori del diritto e giuristi con uno specifico interesse professionale per le questioni giuridiche connesse all'immigrazione e punta a promuovere l’'informazione, la documentazione e lo studio dei problemi, di carattere giuridico, attinenti all'immigrazione.

La lettera

L’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione - Asgi - denuncia l’ennesimo dramma del suicidio in carcere di un cittadino straniero, vittima di un sistema repressivo che l’ha visto prima trattenuto in un centro per il rimpatrio perché privo di permesso di soggiorno, poi deportato in Albania nell’ambito dell’operazione propagandistica del governo italiano, successivamente riportato in Italia per effetto della decisione giudiziale di non convalida del trattenimento e infine incarcerato per un reato verosimilmente commesso in un contesto poco chiaro.

Hamid Badoui ha posto fine alla sua vita durante l’ultima detenzione e non è difficile immaginare la insopprimibile stanchezza di vedersi ancora una volta confinato e senza possibilità di via d’uscita.

Perché la vicenda sottende proprio l’impossibilità per le persone straniere che già vivono in Italia di ottenere un permesso di soggiorno, ma sottende anche la disumanità di un sistema sempre più feroce che vede nel contenimento dei corpi dei migranti lo strumento propagandistico da veicolare agli elettori.

Corpi trattenuti in Cpr o nelle carceri, poca è la differenza, corpi deportati fuori dal territorio nazionale come prova di forza anche se concretamente inutile, corpi che diventano sempre più strumento di esercizio di un potere diseguale e che non ammette inversioni.

L’obiettivo finale è l’implementazione di una società basata non sull’eguaglianza dei diritti, non sulle pari opportunità di tutti coloro che vivono in una data comunità, non su una razionale gestione di questioni di trasformazione sociale (e l’immigrazione è tale), ma la creazione di una società divisa in classi sempre più subalterne, che formano una scala sociale in cui il gradino più basso è oggi destinato ai migranti ma che facilmente si estende ad altre categorie socialmente non accette.

Questo ci rappresenta la drammatica vicenda di Hamid Badoui, ultima vittima, per ora, di questa disumanizzazione tenacemente perseguita dal governo.

Ecco perché ci indignano e ci allarmano le parole del ministro dell'Interno che ha definito “legittimi contributi” quelli espressi dai gruppi di estrema destra il 17 maggio a Gallarate nel Remigration summit. Non sono affatto legittimi perché si pongono in netta contrapposizione ai principi di non discriminazione e di uguaglianza espressi dalla Costituzione italiana, mirando a creare società divise innanzitutto in classi razziali.

Asgi chiede un cambiamento netto, che metta al centro i diritti umani, la dignità e l’uguaglianza di tutte le persone e inverta l’attuale pericolosa deriva antidemocratica.

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