La sanità pubblica è stata devastata, non solo in Lombardia. Molti servizi vengono dirottati verso il privato, con costi per le famiglie semplicemente insostenibili. Per di più, sembrano essere disponibili quasi esclusivamente le prestazioni più remunerative.
Quando il disturbo bipolare raggiunge livelli insostenibili — ed è una malattia che non si augura a nessuno, nemmeno al peggior nemico — sarebbe lecito aspettarsi che la psichiatria pubblica disponesse almeno di soluzioni temporanee per i casi difficilmente governabili. Così non è.
Proviamo a raccontare un caso concreto. Il 25 dicembre, alle sette del mattino, una persona affetta da disturbo bipolare è uscita di casa convinta di doversi recare al lavoro, vagando per le strade di Mariano Comense. Poco dopo, intorno alle 7.30, l’addetta incaricata di verificare l’assunzione della terapia non lo ha trovato in casa e, comprensibilmente, si è allarmata. Tutte le finestre erano aperte, lasciando presagire il peggio. Fortunatamente — esistono ancora persone di buona volontà — qualcuno lo ha rintracciato e ricondotto a casa, con grande sollievo di tutti.
Episodi simili si sono ripetuti. Durante la notte l’uomo chiama il padre e la madre chiedendo aiuto, disturbando inevitabilmente anche i vicini. Peccato che entrambi i genitori siano morti da tempo. Negli ultimi quindici giorni, inoltre, l’ambulanza è intervenuta almeno cinque volte.
La persona a lui più vicina ha tentato più volte la strada del pronto soccorso di San Fermo, nella speranza di un ricovero in psichiatria. L’esito è sempre stato lo stesso: non sussistono condizioni tali da giustificare il ricovero. È stata coinvolta anche una psichiatra di Como, che ha indicato come necessaria una degenza in una clinica specializzata, ad esempio San Benedetto. La risposta è stata disarmante nella sua franchezza: il Cps ha provato, ma non ci sono posti disponibili. La situazione della psichiatria è drammatica.
Smantellamento del sistema sanitario
La sanità pubblica è stata devastata, non solo in Lombardia. Molti servizi vengono dirottati verso il privato, con costi per le famiglie semplicemente insostenibili. Per di più, sembrano essere disponibili quasi esclusivamente le prestazioni più remunerative.
Per essere chiari: la persona cara avrebbe anche individuato una Rsa a Carugo disposta ad accoglierlo, ma al costo di 3.700 euro al mese, più una sorta di cauzione di 1.500 euro è incompatibile con il reddito disponibile, che consiste in una pensione di invalidità lavorativa.
Esistono anche i cosiddetti servizi alla persona: un operatore per quattro ore al giorno costerebbe circa 2.100 euro mensili. Nemmeno da dirigente della Cgil, né come tecnico della Commissione Industria della Camera dei deputati al fianco di Nerio Nesi, mi è mai capitato di maneggiare cifre simili. Applicando lo stesso metro, avrei dovuto percepire almeno 5-6 mila euro al mese.
Nel frattempo, le manifestazioni della “realtà virtuale” dell’ammalato si intensificano, compromettendo profondamente la vita familiare. La famiglia è consapevole che chi soffre di disturbo bipolare vive una condizione soggettiva incomparabilmente più dolorosa rispetto a quella delle persone care, eppure resta un vuoto, una stanchezza profonda che erode anche le poche certezze rimaste. Maturano pensieri pericolosi: non sono giusti, sono sbagliati. Ma emergono.
Per chi ha lottato per tutta la vita in difesa di ciò che di buono la sanità pubblica offriva, tutto questo rappresenta una sconfitta. Sono sempre stato contrario alla riduzione delle tasse anche per il lavoro dipendente, perché il vantaggio garantito dai servizi pubblici era di gran lunga superiore alla mancia di qualche euro in più in busta paga. Col tempo si è affermata un’idea di uomo e di donna svuotata della necessità di un soggetto terzo capace di garantire un “pavimento” comune, senza il quale una società non può più dirsi tale. La società liberale, il cattolicesimo sociale e persino la mia tradizione familiare socialista sono evaporati.
Ogni tanto leggo di uomini e donne che, travolti dal dramma di queste malattie, cedono e compiono atti che non dovrebbero nemmeno affacciarsi nella mente delle persone perbene. Eppure accadono. Subito dopo arrivano le condanne della politica e della cosiddetta società civile: fratelli, mogli, mariti crudeli; persone che “si sapeva” non si prendevano cura dei più deboli. Si invoca il carcere a vita, se non addirittura la pena di morte.
Ma chi è costretto a farsi carico del disturbo bipolare psichiatrico, con il pubblico ormai assente e al netto del business, ha spesso una sola colpa: aver esaurito tutte le energie disponibili, schiacciato dalla devastazione.
Posso sbagliarmi, possiamo sbagliarci, ma non vedo nessuno disposto a raccogliere il loro grido di dolore. Siamo soli, in balia di eventi incontrollabili. Continuerò a difendere il pubblico e a lottare per la sua riqualificazione. L’ho fatto per ragioni economiche e politiche — resto pur sempre un socialista lombardiano — e ora lo faccio anche come vittima di un sistema che ha perso persino la pietà. Mi dichiaro colpevole di qualunque cosa possa accadere, ma non conosco persone innocenti.
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