Il capitale umano o il capitale di rischio

Istat: «Ogni anno le pensioni in Italia costano quasi il 17 per cento del Pil. Tale cifra, con la popolazione anziana in aumento, è destinata a crescere nei prossimi decenni».

Nel 2020 si registra un nuovo minimo storico di nascite dall'unità d'Italia, e un massimo storico di decessi dal secondo dopoguerra. Viene rilevato un calo del 3,8 per cento delle nascite: quasi 16mila in meno rispetto al 2019. Nel 2020 sono stati iscritti in anagrafe per nascita 404.104 bambini. Mentre i decessi sono aumentati del 17,6 per cento: quasi 112mila in più rispetto al 2019.

Nel 2020 sono state cancellate dall'anagrafe per decesso 746.146 persone. Lo rileva l'Istat nel report "La dinamica demografica durante la pandemia Covid-19- anno 2020" diffuso oggi”.

Considerando i dati statistici preoccupanti che sono stati rilevati l’anno scorso, non ci possiamo stupire del fatto che tra qualche anno, la nostra Italia avrà il problema con il cosiddetto “capitale umano”. Economicamente parlando la risorsa umana è fondamentale per poter parlare di un’economia attiva e produttiva, e ci chiediamo anche, nel caso non ci fosse questa risorsa vitale, la possiamo prendere in prestito come fanno anche le aziende (capitale di terzi) nei momenti di crisi? La risposta è sì, ed è ciò che accadrà.


Il presente può cambiare il futuro

In questo estratto del libro di Andri Snær Magnason Passanger, si riflette su come il vero problema della terra siano gli esseri umani; basti pensare alle celebri foto dei delfini a Venezia durante il periodo di chiusura a causa del Covid-19 o delle map zone sull’inquinamento cinese che si ridusse addirittura in alcune zone del 39 per cento in pochi mesi.

Ora con un “ritorno” alla riapertura delle imprese, seppur ancora limitato, le notizie che giungono sono spaventose, dopo una lunga riflessione su come trattare gli scarti liquidi radioattivi dell'impianto di Daiichi di Fukushima, il governo Giapponese il 13 aprile ha annunciato di scaricarli in mare, affermando che l'operazione non provocherà danni alla salute umana, mettiamo subito un punto a questa affermazione. Sappiamo tutti che l’oceano è un sistema circolatorio complicato, una volta scaricati i materiali radioattivi questi in poco meno di 2 mesi, occuperanno oltre l’80 per cento dell’oceano Pacifico e se ci trasportassimo in avanti di 10/50 anni vedremo che tutto l’oceano sarà completamente inquinato e tutti gli organismi sulla terra subiranno mutamenti che causeranno conseguenze irreversibili.

La grandissima peculiarità della terra è l’innumerevole varietà delle forme viventi che essa offre ed è uno spettacolo più unico che raro nell'universo esplorato e l'essere umano, la specie considerata la più intelligente tra tutte, sta minando l'integrità di questo pianeta.

Il 13 maggio 2019, l’esploratore americano Victor Vescovo è disceso a bordo di un batiscafo alla fossa delle Marianne, la più profonda parte del mondo, pur battendo il record di immersioni profonde, e sono state trovate tracce di rifiuti di plastica anche lì. Questo indica in larga misura che non ci sono aree marine che non siano state inquinate dalla plastica.

Negli ultimi decenni la società umana ha avuto un grande sviluppo sia a livello tecnologico che a livello economico, sacrificando talvolta un pezzo dell'ambiente in cui viviamo, mettendo a repentaglio l'ecosistema per un benessere labile, effimero.

Perché sì, cosa sono 30 anni di benessere in confronto alla disfatta di una civiltà che dura da migliaia di anni in sintonia con il pianeta?

Attualmente, secondo le statistiche autorevoli, ci sono circa 8 milioni di tonnellate di plastica che fluiscono nell’oceano ogni anno in tutto il mondo, queste causano altri problemi più seri tra cui lo scioglimento dei ghiacciai, danneggiamento di circa 260 specie e altro.

Per quanto tempo gli esseri umani possono fare del male?  

Oggi, quando l'ambiente globale è in costante deterioramento, è quindi fondamentale che si investa nella cultura e nell’educazione e sulla sensibilità ambientale, e ricordare che questo pianeta è di tutti, non solo dei presenti che ci vivono ma anche delle future che verranno, non possiamo controllare gli altri, né possiamo controllare altri paesi, quello che possiamo fare sono in realtà le piccole cose, anche una singola scintilla può innescare un incendio nella prateria, iniziare noi stessi a proteggere la terra sarà una cosa significativa!

Magnason nel suo libro scrive che se gli alieni venissero a fare visita sulla terra ogni 50 anni non riuscirebbero a riconoscere il pianeta, infatti se guardassero il cielo non potrebbero più ammirare le stelle e immaginare l’infinito guardando il lato oscuro della terra essendo sempre illuminato da luci artificiali, questo non è perché la terra è cambiata ma perché l’uomo l’ha cambiata.

L’ecosistema terrestre ha subito un mutamento incredibile negli ultimi anni tanto che se andasse avanti così si stima che entro il 2030 la temperatura salirà di 1.5 gradi, mettendo a rischio la vita di molte specie viventi; inoltre nelle sue righe Magnason scrive «non esiste un pianeta B»; forse su questo si sbaglia siccome lo studio di architettura Nuwa ha realizzato un progetto per abitare Marte con 250000 persone entro il 2100, ma io mi chiedo, ed anzi chiedo a chi non sta agendo per aiutare a cambiare questa situazione, il 2100 non sarà troppo tardi?


L’Earth Day e l’economia circolare

Al termine della cosiddetta fase uno della pandemia gli scienziati avevano erroneamente pensato che la chiusura totale delle attività produttive ed il quasi azzeramento degli spostamenti avessero causato degli enormi benefici dal punto di vista ambientale. Tuttavia i dati statistici raccolti a tal proposito vanno a dimostrare il contrario. Non serve citare chissà quale esempio, ma basta pensare al fatto che l’anno 2020 è stato uno dei tre anni più caldi mai registrati (si è raggiunta una temperatura addirittura di 38°C, senza contare le cinquanta milioni di persone colpite da inondazioni, siccità e tempeste). Ebbene, a questo punto occorre certamente porsi delle domande a proposito delle scelte politiche, economiche, ma anche riguardanti la sfera privata di ciascuno di noi. L’agricoltura, un settore alla base delle nostre economie e, da un altro punto di vista, alla base della nostra sopravvivenza ne sta risentendo fortemente. Senza contare i pesticidi e gli agenti chimici che certamente non hanno un buon impatto sull’ambiente e sulla salute; senza considerare, inoltre, su come talvolta le moderne tecniche di coltivazione intensiva abbiano ridotto allo stremo i terreni.

Una maggior attenzione a ciò, potrebbe salvarci o perlomeno limitare questa condizione in cui versa il nostro pianeta. La pratica di una economia di tipo circolare potrebbe essere una soluzione.

Per economia circolare si intende tutta una serie di gesti volti ad abbattere lo spreco di risorse e, dunque l’impronta ecologica di ciascuno di noi. Un esempio potrebbe essere il riciclaggio dei rifiuti, non solo attraverso la raccolta differenziata, ma dando nuova vita a ciò che si scarta, trovando così un impiego alternativo. Utilizzare i mezzi pubblici anziché l’automobile, praticare il car pooling, comprare prodotti a chilometro zero. Piccoli gesti, apparentemente banali e già sentiti, ma che nella realtà possono fare davvero la differenza. Nel lungo periodo di sicuro se ognuno di noi nella sua quotidianità compisse questi gesti di certo molti problemi tra cui il surriscaldamento globale verrebbero contrastati. Nella filosofia di un’economia più circolare rientra anche un’agricoltura basata sul rispetto dei tempi della natura evitando lo sfruttamento intensivo dei terreni e l’utilizzo eccessivo di agenti chimici. Insomma possiamo dire che è fondamentale ispirarsi, a grandi linee, alle tecniche di coltivazione che definiremmo arretrate dei Paesi in via di sviluppo. I vantaggi di un’agricoltura più sostenibile e a chilometro zero sarebbero innumerevoli anche dal punto di vista economico, soprattutto nel tessuto aziendale italiano il quale è caratterizzato soprattutto da piccole e medie imprese. Senza ombra di dubbio, come affermato dall’Agenzia europea dell’ambiente, causerebbe un aumento del Pil, ma soprattutto si sottrarrebbero molti prodotti “comodi per il nostro portafoglio”, ma legati alla deforestazione o alla violazione dei diritti umani. A seguito di queste elementari, ma non scontate considerazioni si può dire che sta a noi decidere cosa ed in che modo consumare.

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