Approvata in prima lettura la legge sul divieto universale di “gravidanza per altri” (Gpa), la ministra della Famiglia Eugenia Roccella ha esultato dicendo che con questo divieto «l’Italia si pone all’avanguardia nella difesa dei diritti delle donne e dei bambini a livello internazionale».

Forse Roccella non ricorda di aver detto cose simili anche 20 anni fa per la Legge 40/04, che invece ci ha fatto fare una pessima figura nel mondo, tanto che la nostra corte costituzionale si è affrettata a smantellarla subito nei limiti del possibile. Ora il disastro è anche peggiore, perché il divieto universale approvato il 26 luglio dalla Camera infligge del male e danneggia la felicità generale.

Impedire un bene

In primis, il divieto universale arreca dolore ai possibili genitori che vorrebbero quella nascita e che sono pronti a esercitare le responsabilità genitoriali per assicurare il miglior interesse del loro bambino. Oggi si diventa genitori non per matrimonio, per biologia o per continuare il casato, ma perché ci si assume la responsabilità genitoriale per il benessere del nato (la genitorialità viene meno in assenza di essa, o dovrebbe). Vietare di diventare genitori a chi, per farlo, deve ricorrere alla tecnica riproduttiva è una palese discriminazione fatta sulla scorta delle capacità “naturali”.

Inoltre, il divieto è teso a impedire la nascita di nuove persone che, ove venissero al mondo, sarebbero contente di vivere e possono venire al mondo solo grazie alla Gpa, perché senza di essa loro (quei nati specifici) non nascerebbero e resterebbero nel nulla. In breve, il divieto è sbagliato perché sottrae al mondo la felicità e la gioia dei nati-Gpa che altrimenti non nascerebbero e che, quando nati, stanno bene, sono felici come gli altri, e come loro sono risorse per la società. Impedire che ci sia un bene equivale a produrre un male e a infliggere sofferenza.

Discriminare i bambini

Ancora, il divieto approvato reca un danno infinito ai nati-Gpa che già esistono, i quali si vedono stigmatizzati e bollati come fossero “nati da crimine” e per di più un crimine orrendo: tanto che si pretende diventi universale. Ma che han fatto di male i nati-Gpa? Loro sicuramente nessuno. Il divieto è ingiustificato e pare sia discriminatorio: un tempo esisteva una discriminazione sulla scorta della legittimità o meno di nascita, mentre ora è sulla diversa “modalità di nascita”.

È vero che fino a pochi decenni si poteva nascere in un modo solo, da “sotto le lenzuola”, ma ora si può nascere anche in altri modi, da atti “in laboratorio”: il 7,2 per cento di tutti i nati-2022 alla clinica Mangiagalli di Milano è da fecondazione assistita. Discriminare sulla scorta della modalità di nascita è un residuo dell’idea della sacralità della riproduzione umana: quella cultura che in nome del matrimonio portava a discriminare tra figli legittimi e illegittimi e che, ancora qualche tempo fa, portava a “purificare” la puerpera per il parto, con tanto di apposito rito liturgico celebrato dal prete con stola e aspersorio.

Offesa alla solidarietà

Il divieto approvato alla Camera, infine, offende le gestatrici: le donne che volontariamente e liberamente (non costrette) si offrono per il servizio. Può darsi siano poche, ma ci sono donne che si offrono per pura solidarietà. Per queste il divieto approvato è un’offesa immensa, un insulto inaudito. Sono donne eccezionali che operano per aumentare la felicità generale: le nuove nascite felici, la gioia dei genitori elettivi e la loro stessa gioia, perché sono contente di aver aiutato e di aver acquisito un ruolo nella nuova famiglia. 

Invece di essere ammirate e valorizzate come dovrebbero, dal divieto vengono fatte passare per criminali. Questo non va bene, perché criminalizzare la gravidanza solidale è come criminalizzare il volontariato per la Croce Rossa o per la donazione di organi: è vero che non tutti fanno volontariato, ma la beneficenza (solidarietà) va promossa e valorizzata, non criminalizzata.

Resta la situazione della gestatrice remunerata, tema che solleva altri problemi che qui non possiamo trattare. Se, però, è vero che la Gpa solidale è moralmente buona, allora anche le eventuali difficoltà circa la remunerazione, l’eventuale “sfruttamento” e altre problematiche sono risolvibili. Non dico sia facile farlo, ma è possibile. Di certo la risposta non sta nel divieto universale che, invece di porre l’Italia all’avanguardia come dice Roccella, si rivela essere un attacco indiscriminato e insensato alla felicità generale sferrato in nome di pregiudizi atavici derivanti dalla sacralità della riproduzione umana.

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