«Io venni qui a Pontida prima di tutti voi. Ci venni da solo, in silenzio, in questi prati, nella basilica. Prima di venirci in tanti». Il 20 giugno del 1999 il leader carismatico, padre fondatore della Lega Nord Umberto Bossi incontra militanti e simpatizzanti sul pratone in provincia di Bergamo.

Il senatur è all’epoca ancora il capo indiscusso e indiscutibile, ha inventato il “Nord” sostituendolo alla questione meridionale, grazie all’intercessione del Cavaliere, “piduista e mafioso”, come lo definisce nel 1998 il quotidiano La Padania, organo ufficiale del partito. Silvio Berlusconi ha accolto le ambasce indipendentiste ed autonomiste, fondendole con le rivendicazioni nazionaliste degli ex missini di Gianfranco Fini.

La Lega Lombarda/Nord nasce in contrapposizione a “Roma ladrona”, ossia alla denuncia del patto nazionale e al perseguimento di autonomia e semmai anche di indipendentismo: l’appello al nord è combinato con la grande diversità dei cittadini lombardo-veneti, terre di immigrazione consistente.

Il richiamo alla (presunta) identità etnica lombarda, poi superata e annacquata dalla Padania, era da sola insufficiente a mobilitare e ampliare le basi del consenso.

Rimane però nella retorica, e spesso proprio a Pontida con toni lugubri, l’ostracismo identitario leghista rivolto verso i meridionali, o meglio i «terroni» in un’accezione deliberatamente razzista. Del resto, la Lega Nord puntava alla revisione della Costituzione seguendo il modello di divisione territoriale/amministrativa definito da Gianfranco Miglio con le sue macroregioni.

L’esordio elettorale nazionale vero (Bossi e Salvadori eletti nel 1987) si ha nel 1992 e contribuisce a destabilizzare il sistema politico e partitico, proprio grazie a percentuali altissime nel nord-est, dove la Democrazia cristiana molla la presa e il cuore produttivo cerca nuovi interlocutori.

Il 1994 rappresenta l’apogeo leghista con l’accesso al governo, ma anche la fine repentina dell’amore forzato con Berlusconi – storicamente detestato dalla base – proprio per il controllo del nord, dove nelle elezioni europee gli azzurri sottraggono consensi al Carroccio e inducono Bossi a mollare l’alleanza. L’avviso di garanzia che raggiunge il leader di Forza Italia durante il G7 di Napoli è solo il pretesto per la corsa solitaria.

La corsa solitaria

04/05/2014, Pontida, raduno della Lega Nord. Nella foto Umberto Bossi

La vittoria della coalizione Ulivo guidata da Romano Prodi è possibile nel 1996 anche in virtù della scelta leghista di restare fuori dalle coalizioni. La Lega è il partito più votato in Veneto e Lombardia, prima forza del nord, ma l’esclusione dal governo ne rende l’azione poco incisiva.

Per uscire da questa impasse si ha una radicalizzazione delle posizioni per rinsaldare il legame con la base e smarcarsi rispetto al tentativo di riforma federalista del centrosinistra.

Le istanze autonomiste si trasformano nella richiesta di secessione dall’Italia, fino all’insediamento di un «Comitato di liberazione» e al giuramento a Pontida proprio nel giorno delle celebrazioni della Festa della Repubblica. Matteo Salvini era capolista dei Comunisti padani. Il Carroccio diventa «Lega Nord per l’Indipendenza della Padania».

Il 1997 evidenzia una chiara mutazione nella strategia elettorale: il partito non è più una confederazione di leghe regionali ma il «sindacato» dell’intero nord.

Segue la convocazione di un referendum autogestito per la costituzione di una «Repubblica federale padana». Matteo Salvini era capolista dei Comunisti padani.

L’invenzione del Nord 

Il nord è stato il bene rifugio della Lega nelle sue altalenanti fortune elettorali, legate alla solida alleanza forza-leghista e al rapporto con i post-fascisti di Alleanza nazionale e Fratelli d’Italia poi.

Pontida è stato un chiaro tentativo di costruire una nuova entità, una nuova società, quella del nord, staccata dal resto del paese.

Progetto da costruire in maniera legale oppure illegale, con i 300 fucili evocati da Bossi pronti a scendere verso Montecitorio dalle colline bergamasche.

Pontida può essere letta come scampagnata, ma anche quale indicatore di un malessere. Su quell’erba hanno trovato spazio i propositi guerreschi di Bossi, le intemerate nazistoidi di Mario Borghezio, le corna, finti araldi, simbologia medieval-neorealista e prosa secessionista, e l’ostinata retorica da birreria anni Trenta.

In filigrana si sarebbe potuta però anche leggere la necessità di adattare il sistema istituzionale, rafforzando il ruolo delle autonomie, ma rispettando l’unità, e la solidarietà, nazionale, temi di cui in realtà la Lega non teneva conto.

Nel 2000 il secessionismo è ricondotto a un mite progetto di Devolution dalla persuasione berlusconiana, anche per accedere al governo l’anno dopo, ma solo grazie alla magnanimità del Cavaliere posto che la Lega Nord non supera la soglia del 4 per cento e comunque non è determinante per la maggioranza parlamentare.

La malattia di Bossi dal 2004, la sconfitta del 2006 e il risultato del 2008 mettono la Lega nord e i suoi progetti separatisti in minoranza. L’ondata padana è in risacca. E Pontida rimane uno stanco appuntamento per ri-animare la base sempre più affaticata e usurata.

Il 2011 è un momento drammatico che si consuma a Pontida. L’attesa diligente dei militanti prima che parli il Capo, nel grande prato sacro, conferma che la base ha una relazione speciale, simbiotica con il leader indiscusso, con il fondatore carismatico del partito.

Le vicende del cerchio magico, l’investimento in diamanti dei fondi pubblici del partito, la distrazione di 49 milioni, fiaccano la leadership bossiana e minano le fondamenta del partito. Il fondatore ha tradito, lo shock è notevole, la tenuta della Lega è incerta. Il carisma è messo in discussione e l’uccisione freudiana del padre/padrone avviene proprio a Pontida.

Bossi addio

L’appuntamento di Pontida del 2011 rappresenta uno spartiacque cruciale nella storia del partito. Il proscenio della valle bergamasca rende palesi le potenti frizioni interne alla classe dirigente, in particolare il duro scontro tra il cerchio magico e la componente guidata da Roberto Maroni, a sua volta osteggiato da Roberto Calderoli nella corsa alla leadership del partito.

L’esito della scalata alla segreteria della Lega avrebbe probabilmente portato, in tempi più o meno brevi, a un avvicendamento tra Bossi e Maroni, o comunque a un ruolo di maggiore centralità di quest’ultimo, affiancato a Bossi. Ma la crisi del governo Berlusconi ha inciso sulle sorti di questa lotta intestina, stoppandone l’epilogo, per poi riacuirne le frizioni agli inizi del 2012.

Durante il congresso «a porte aperte» di Pontida emerge il contrasto tra la base, una quota attiva e rumorosa degli elettori/iscritti, e la classe dirigente. Una critica aspra accompagnata dal dissenso anche nei confronti del Capo indiscusso e indiscutibile, per la prima volta in forma plateale si percepisce il distacco tra una parte cospicua del popolo di Pontida e Bossi.

L’illusione della Lega nazionale

Esistono «varie leghe» e quella di Pontida, con le prime file di camicie verdi agghindate a guisa di celti, rischia di trarre in inganno. Pontida è stato il termometro però del sentimento leghista verso la leadership e verso il paese.

Un chiaro esempio è il cambiamento della questione federalista. Da movimento autonomista la Lega con Salvini tenta di diventare un partito nazionale, ma ne è emerso solo un tratto nazionalista.

La Lega di Salvini è ancora chiara espressione degli interessi sociali, economici e politici solo del Nord, quello profondo, dove tornerà ad arroccarsi vista la fine della spinta espansiva nei territori un tempo profani del Sud.

La Lega nazionale è un progetto mai esistito in natura, il partito di Salvini torna a fare la Lega Nord. E torna a Pontida. Ma senza Bossi, che una volta disse: «La Padania esiste perché c’è qualche milione di persone disposte a credermi». No Bossi, no Padania.

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