La Cassa depositi e prestiti (Cdp) ha speso quattro miliardi di euro per acquisire dalla finanziaria Atlantia della famiglia Benetton la quota di controllo della concessionaria Aspi (Autostrade per l’Italia). Ma in realtà non controlla niente. Comandano i fondi Blackstone e Macquarie, ai quali è bastato comprare il 49 per cento per ottenere i pieni poteri. Decidono tutto loro grazie a un sostanziale diritto di veto su ogni delibera del consiglio di amministrazione di Aspi.

In particolare hanno ottenuto il potere più ambito da quel tipo di fondi che pure la Cdp, umiliando l’intelligenza dei cittadini di cui amministra il denaro, ha definito «capitali pazienti»: poter spremere dalla concessionaria dividendi a più non posso. Un diritto che discende dalla decisione di far contenti i Benetton strapagando Aspi, valutata 9,3 miliardi al netto dei 3,4 miliardi di oneri assunti per espiare la colpa del Morandi: è stato dunque riconosciuto il valore di 12,7 miliardi sul quale va calcolata una congrua redditività, dividendi tra i 700 milioni e un miliardo all’anno vita natural durante.

I patti parasociali

Il 3 maggio scorso, due giorni prima del contratto definitivo per l’acquisto di Aspi, la Cdp ha firmato, per motivi che non vengono spiegati, un documento dai contenuti gravissimi e perciò tenuto scrupolosamente segreto. Sono i cosiddetti patti parasociali, il documento che regola i rapporti di potere tra i soci della holding Hra. Cdp Equity, interamente posseduta da Cdp, ha il 51 per cento delle azioni, il fondo americano Blackstone e il fondo australiano Macquarie il 24,5 per cento ciascuno. Hra a sua volta possiede l’88,06 per cento delle azioni di Aspi.

Il punto 6.5.1. dei patti parasociali, intitolato “Policy dividendi”, recita: «Quale regola generale, le Parti si sono impegnate a fare in modo che Hra e le entità rientranti nel Gruppo (quindi Aspi e le sue controllate, ndr) distribuiscano ai rispettivi soci, su base semestrale, la cassa disponibile risultante dal bilancio di esercizio». In pratica ogni euro di utile diventerà automaticamente un euro di dividendo. Non un solo euro verrà accantonato, e semmai ci fosse una nuova emergenza tipo pandemia saranno di nuovo i contribuenti a versare “ristori” per centinaia di milioni, com’è avvenuto nel 2020 e 2021.

L’avidità dell’azionista è il vero imputato del processo penale in corso a Genova per il crollo del ponte Morandi. Secondo la pubblica accusa, i manager di Aspi e i dirigenti dello stato che avrebbero dovuto vigilare, agli ordini dell’amministratore delegato Giovanni Castellucci, avrebbero provocato il crollo del Morandi e l’uccisione di 43 persone risparmiando sulla manutenzione in modo da aumentare i profitti della concessionaria, i dividendi per gli azionisti (i Benetton e numerosi fondi internazionali) e i premi di fine anno per sé stessi.

Può dunque apparire inspiegabile, o spiegabile solo con ipotesi indicibili, che lo stato acquisti Aspi per toglierla agli avidi Benetton e quindi, asseritamente, per garantire una gestione più responsabile, ma al tempo stesso la consegni ai due “fondi impazienti” insieme al diritto di spolparla. Inspiegabile, ma è andata così.

Tanto che l’amministratore delegato di Cdp, Dario Scannapieco, ha già chiesto a Blackstone e Macquarie una revisione dei patti parasociali dopo aver visto le prime avvisaglie del nuovo corso. Il 20 luglio scorso l’assemblea degli azionisti di Aspi ha deliberato di distribuire come dividendo l’intero utile netto del 2021, 682 milioni, che la precedente assemblea, ancora sotto la guida dei Benetton aveva deciso di destinare a riserve. Subito dopo è partito l’assalto agli utili del primo semestre 2022, tuttora in corso. Le autostrade “nazionalizzate” ci faranno rimpiangere l’avidità dei Benetton.

La trattativa con i due fondi Blackstone e Macquarie è stata gestita, sotto la guida dall’amministratore delegato di Cdp Equity Pierpaolo Di Stefano, dal manager Gianluca Ricci che fino a maggio scorso, cioè fino alla firma del contratto di acquisto di Aspi e dei patti parasociali, è stato presidente della holding Hra. Il 5 settembre il fondo Macquarie ha annunciato di averlo assunto come managing director, con l’incarico, tra l’altro, di gestire l’investimento del fondo australiano in Aspi. Sarà un osso durissimo per Scannapieco nella trattativa per la revisione dei patti parasociali che hanno firmato insieme per conto dello stato.

© Riproduzione riservata