Il messaggio a Giorgia Meloni arriva per iscritto da Bruxelles e non lascia spazio a fraintendimenti: «Nell’Unione europea non c’è spazio per intimidazioni nei confronti dei giornalisti».

La Commissione europea, che è stata chiamata in causa dall’Europarlamento sul tema degli attacchi del governo Meloni a Domani e alla libertà dei media, adesso batte un colpo e soprattutto bacchetta palazzo Chigi. Lo fa con la risposta all’interrogazione presentata a marzo dalla eurodeputata liberale olandese Sophie in’t Veld.

Intanto proprio in questi giorni sta prendendo forma un teatro dell’assurdo degno di Beckett: dopo che la Commissione europea ha lanciato una proposta di legge per frenare le querele temerarie (slapp) che tanto piacciono al governo Meloni, quest’ultimo sta boicottando la legge assieme ad altri governi in Consiglio Ue.

Il vero scontro non sta tanto nelle parole che la commissaria Ue Vera Jourova mette insieme nella sua risposta sul caso Domani: come d’abitudine, in queste cose Bruxelles usa la patina della democrazia. Il braccio di ferro si sposta nel dietro le quinte dei negoziati sulle querele temerarie. Dove per l’ennesima volta Meloni non mostra certo simpatia verso le istanze della stampa libera.

Botta e risposta

«Nell’Ue non c’è spazio per intimidazioni nei confronti dei giornalisti e per l’abuso delle procedure a loro discapito. Tali minacce e attacchi possono compromettere seriamente la libertà di espressione. Questa è la mia risposta tutte le volte che qualcuno mi interpella sul caso delle querele e del raid della polizia a Domani. In diverse occasioni ho condannato gli attacchi contro i giornalisti, poiché tali minacce e attacchi possono seriamente minare la libertà di espressione». Così comincia la risposta ufficiale della commissaria europea Vera Jourova, che sta seguendo proprio il dossier della libertà dei media.

L’interrogazione alla Commissione europea da parte dell’eurodeputata in’t Veld è stata formalizzata a marzo e si inserisce nel contesto di una ampia mobilitazione a livello europeo, che ha coinvolto tutto l’arco progressista dell’Europarlamento – socialdemocratici, liberali, verdi e sinistra – e un’ampia galassia di organizzazioni per la libertà di stampa.

La mobilitazione è cresciuta a marzo dopo che i carabinieri si sono presentati nella redazione di Domani per sequestrare un articolo pubblicato online e che concerneva anche un membro del governo Meloni. Il sottosegretario Claudio Durigon aveva sporto querela senza allegare l’articolo in questione, e i carabinieri si erano presentati al giornale esigendone la stampa. «Non ce n’era alcuna necessità, l’atto è intimidatorio», aveva subito denunciato il segretario generale della Federazione europea dei giornalisti Ricardo Gutiérrez.

Dopo la mobilitazione su scala europea, il procuratore di Roma stesso aveva giudicato invalido quel sequestro. Ma – come nota non a caso in’t Veld nella sua interrogazione – le pressioni sui giornalisti, siano esse sotto forma di querele temerarie (slapp) o di raid dei carabinieri, valgono anche per l’effetto inibitorio (il “chilling effect”) che possono avere. Colpisce quindi che il segnale di attacco ai giornalisti arrivi anche dalla premier in persona: nonostante le organizzazioni per la libertà di stampa la abbiano sollecitata in tal senso, Giorgia Meloni pur guidando un governo non ha ritirato la sua querela contro Emiliano Fittipaldi e Stefano Feltri, che finiranno in tribunale nell’estate 2024 pur essendosi limitati a riportare i fatti.

Alla Commissione europea, in’t Veld aveva quindi domandato: «Non pensa che queste querele temerarie il raid dei carabinieri rappresentino una grave minaccia per la libertà di stampa, e che abbiano un effetto inibitorio? Se la Commissione parla dell’importanza della libertà dei media, come mai rifiuta di condannare gli attacchi ai giornalisti quando provengono dai governi? Non è paradossale che a dover trovare un accordo sulla nuova legge europea anti slapp siano proprio governi che vi fanno ricorso?».

Nell’arco della sua risposta, la commissaria Jourova «sottolinea l'importanza di media liberi e indipendenti nell'Ue, condanna gli attacchi contro i giornalisti e monitora gli sviluppi». C’è anche una nota sulle inadempienze nostrane: «Nell’ultimo report sullo stato di diritto, la Commissione ha osservato che il regime di diffamazione non è stato riformato e che i casi di querele temerarie stavano diventando sempre più comuni in Italia». Bruxelles continua quindi a raccomandare «l'introduzione di garanzie giuridiche e di altro tipo per riformare il regime di diffamazione, la tutela del segreto professionale e delle fonti giornalistiche» e «riferirà in merito all'attuazione delle sue raccomandazioni nella prossima relazione». Per farla breve: se l’Italia non si rimette in riga, dall’Ue arriverà un’altra bacchettata.

Il boicottaggio di governo

Il resto della risposta di Jourova si concentra sulle proposte legislative promosse in questi mesi dalla Commissione per favorire il pluralismo e per arginare l’abuso delle querele temerarie. Ma proprio in questi giorni il governo Meloni ha sferrato un colpo alla proposta di legge europea anti slapp.

La scorsa settimana si è svolto un Consiglio Ue dei ministri della Giustizia che ha concordato la posizione dei governi sulla bozza di legge presentata dalla Commissione europea. «La versione stilata dai ministri è ben al di sotto della versione iniziale, e anzi la annacqua totalmente», denuncia la federazione europea dei giornalisti (Efj). Camille Petit, che segue il dossier per la federazione, spiega che «con un boicottaggio così profondo, che smonta i punti chiave della proposta di Jourova, la nuova legge è totalmente svuotata».

Ma guarda caso il governo italiano è tra gli entusiasti dell’operazione: Nordio esprime «soddisfazione» e «il sostegno italiano» alla versione annacquata. Chissà come mai.

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